Manovra, 52 mld di deficit in tre anni. I paletti dell'Ue per l'Italia: fermare la spesa

Il Piano strutturale di bilancio: riduzione delle uscite primarie nette reali dell'1,75%

di Redazione Economia
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Giancarlo Giorgetti
Ministro dell'economia e delle finanze dell'Italia
Economia

Manovra, tutti i paletti imposti dall'Ue: poco margine per la spesa. Il fardello del Superbonus

Il governo Meloni continua a lavorare alla prossima manovra finanziaria e domani in Parlamento arriverà il Piano strutturale di bilancio, si tratta del documento chiave per far sapere all'Europa come l'Italia intende muoversi sulla spesa pubblica per i prossimi anni. Per rispettare il nuovo Patto Ue il Governo si impegna a ridurre le uscite primarie nette reali dell’1,75% entro il 2029, ma la corsa delle entrate e la revisione del Pil allargano i margini. Si tratta - riporta Il Sole 24 Ore - di due dati cruciali e a prima vista contraddittori. Il primo: la cura da applicare alla spesa primaria netta per rispettare i nuovi vincoli Ue è drastica, e impone a questa voce un aumento nominale molto leggero (in media dell’1,5% all’anno) che si traduce in una flessione in termini reali, cioè al netto dell’inflazione, dopo anni di una corsa a tratti sfrenata chiusa solo nel 2024 con la caduta del Superbonus.

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Nonostante questo, però, dalle tabelle del documento emerge - prosegue Il Sole - che per la propria politica economica l’Italia potrà far ricorso a quasi 52 miliardi di deficit aggiuntivo in tre anni. Nel 2025 i margini di disavanzo valgono intorno ai 9,1 miliardi, e permettono quindi di gestire poco più di un terzo della manovra; poi crescono intorno ai 16,3 miliardi del 2026, e su fino ai 26,2 del 2027. Totale: 51,6 miliardi, che danno una mano decisiva all’obiettivo di rendere strutturali le misure simbolo: il taglio del cuneo fiscale e dell'Irpef.

Ma la spesa proposta dal nuovo programma non lascia spazi per largheggiare. Questo aggregato, che rappresenta il perno delle nuove regole europee e si calcola togliendo dalle uscite totali gli interessi, i programmi Ue (ma non i prestiti del Pnrr) e i cofinanziamenti nazionali oltre ai sussidi ciclici alla disoccupazione, potrà crescere al massimo dell’1,3% nel 2025, dell’1,6% nel 2026 e dell’1,7% l’anno successivo, prima di toccare il picco al +1,9% del 2028 che precede una nuova perdita di ritmo all’1,5% nel 2029. Rispetto al passato, con l’eccezione appunto del 2024, è una frenata parecchio decisa.