Manovra, stangata cripto: "Tassa al 42%? Settore in ginocchio, gli investitori fuggiranno"

Manuele Avilloni, ricercatore nel campo delle monete alternative: "Tassazione al 42%, ricadute pesantissime su un mondo in forte crescita". L'intervista

di Stefano Marrone

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Economia

Manovra, stangata cripto: "Il Governo mette in difficoltà il settore invece di regolamentarlo"

Un amaro risveglio per chi ha investito sulle criptovalute. Nel progetto di manovra finanziaria per il 2025, presentato ieri sera, il Governo ha reso noto l’intenzione di incrementare al 42% la tassazione sulle plusvalenze derivanti dalla vendita di Bitcoin e altri token. Affaritaliani.it ha chiesto un commento sull’impatto del provvedimento a Manuele Avilloni, giornalista e ricercatore che si occupa di monete alternative. L’intervista.

Avilloni, cosa prevede il provvedimento allo studio del Governo?

Si tratta di una vera e propria stangata. Attualmente, l'aliquota per le plusvalenze superiori ai 2mila euro è del 26%, ma a partire dal primo gennaio 2025 l'imposta sostitutiva subirà un aumento fino al 42%. Il nostro Paese si caratterizzava per una delle tassazioni più alte sulle transizioni di criptovalute, che ora aumenteranno ulteriormente.

Che effetto avrà sul mondo delle cripto in Italia?

Ci sarà una ricaduta pesantissima su un mondo che fino a questo momento era in forte crescita. Parliamo di un livello di tassazione, il 42%, che significa un record per il sistema fiscale italiano. Questo disincentiverà tutto il settore. Principalmente i grossi investitori, visto che la tassazione colpisce le plusvalenze superiori ai 2mila euro: una cifra importante nel mondo delle cripto. Ma anche i piccoli investitori potrebbero essere disincentivati dall’aumento delle imposte.

Per quale motivo il Governo ha deciso di colpire le cripto?

È una bella domanda, gli esperti del settore se lo stanno chiedendo da ieri. Le ipotesi principali sono due. Il tentativo di far cassa: quello delle cripto è un settore in grande espansione. L’Osservatorio Blockchain & Web3 del Politecnico di Milano quantifica in tre milioni e mezzo gli italiani possessori di token per critpovalute. Il 41% come forma di investimento, il 18% per acquistare prodotti o servizi online, solo il 10% per interagire con altri asset o applicazioni digitali. L’altra motivazione è di natura legale: aumentando la tassazione, il Governo potrebbe voler cercare di disincentivare l’utilizzo illegale di criptovalute. Ma sarebbe un errore marchiano.

Per quale motivo?

Significa non aver compreso per nulla il sistema del block chain dal quale dipendono le cripto. Nel sistema del block chain non esiste solo la finanza, esso serve per una serie molteplice di interazioni. Quelle illecite non sono localizzabili, quindi il tentativo di disincentivarle tramite tassazione è totalmente vano. Il Governo, prima di tassare il mondo delle transizioni cripto, dovrebbe regolamentare tutto il sistema dei token e della block chain. Un mondo totalmente vergine, basti pensare agli ETF, fondi che puntano anche sulle cripto, ma che a differenza loro godono di un tassazione privilegiata.

Perché gli italiani investono così tanto sulle cripto?

È un mercato molto volatile e rischioso, ma al contempo anche in grado di generare grossi profitti in brevi lassi di tempo. Le forti oscillazioni ingolosiscono gli investitori a cui piace giocare. Esistono poi delle monete, su tutte Bitcoin, che hanno uno standard di tenuta abbastanza alto. Bitcoin un anno fa valeva 26mila euro a unità, oggi sono 56mila. Le cripto garantiscono anche a un piccolo investitore un portafoglio differenziato, in un mercato vivo, che viene attenzionato dagli investitori per il suo focus sul mondo dell’innovazione.

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