Mediobanca, Del Vecchio sale al 19%. La scalata in Piazzetta è costata 2 mld

Rumors: nel mirino subito la governance delle Generali e poi...

Leonardo Del Vecchio
IPA
Economia
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Leonardo Del Vecchio arriva a un soffio dal 20% di Mediobanca, la quota che lo scorso anno si era prefisso di raggiungere chiedendo l'autorizzazione alla Bce. Dopo gli acquisti degli ultimi mesi Delfin ha infatti comprato altri 31 milioni di azioni, pari al 3,5%, salendo così al 19% della merchant bank milanese. A un soffio da quel 20% autorizzato a settembre dello scorso anno dalla Vigilanza della Bce e che la holding lussemburghese raggiungerà secondo gli osservatori entro un mese.

L'operazione, svolta ieri a un prezzo medio di 9,9214 euro per azione è avvenuta attraverso un contratto derivato con scadenza 8 luglio 2024 denominato Initial Share Forward Transaction and Collar Share Forward Transaction, avente come sottostante azioni Mediobanca.

Dopo il blitz del settembre 2019 Del Vecchio si era progressivamente portato fino al 15,2%. L'ultimo passaggio di quote risale al 17 maggio, quando Delfin si era aggiudicata il 2% messo sul mercato da un altro socio storico e membro del patto, la Fininvest della famiglia Berlusconi.

Da quella soglia la holding ha spiccato l'ultimo balzo che la porta quindi a un soffio dal limite del 19,9% autorizzato 11 mesi fa dalla Bce. Ampiamente superato dagli ultimi acquisti risulta l'accordo di consultazione che nel 2018 ha preso il posto del vecchio patto di sindacato. Nel frattempo poi è entrato nel capitale anche Francesco Gaetano Caltagirone che nei mesi scorsi si è messo in tasca una quota di poco superiore all'1%. 

Tutto lascia pensare che avendo Mediobanca in pancia il 13% delle Generali, di cui Del Vecchio è anche azionista forte quasi al 5%, con il con il rinnovo degli organi sociali a Trieste ad aprile del 2022, l'intenzione di Del Vecchio (e Caltagirone) sia quello di imporre i propri desiderata sulla governance del Leone. 

Ma nella merchant bank, come ha ricordato il Sole 24 Ore, Delfin si è esposta per una cifra dell’ordine di due miliardi ed è difficile credere che nel lungo periodo l'imprenditore non abbia altre pretese se anche in Piazzetta Cuccia non quella di incassare un buon dividendo che compensi gli interessi di finanziamento.