Mediobanca, i dati in calo hanno molti livelli di lettura. E su Generali…

Dagli utili in calo agli scenari futuri per Nagel e Generali. Quattro chiavi di lettura per i dati di Mediobanca appena presentati

di Marco Scotti
Alberto Nagel, Amministratore delegato di Mediobanca
Economia

Mediobanca, quattro chiavi di lettura sul bilancio

Nel bilancio di Mediobanca presentato questa mattina si intravedono quattro piani di lettura, un po’ come con la Divina Commedia di Dante. La prima, concreta e letterale, riguarda i numeri: gli utili sono in lieve calo (ma superiori al consensus degli analisti) e si attestano a 331 milioni in tre mesi. I ricavi scendono, anche più di quanto previsto dai professionisti.

Da qui, dai freddi dati, si può iniziare a spiegare la caduta in Borsa del titolo, che lascia sul campo oltre il 7%. “Buy on rumor, sell on news” dice un vecchio adagio della finanza che significa sostanzialmente che il giorno dei conti, a meno di sorprese particolarmente positive, non si avranno segni “+” in Borsa.

Ma, dicevamo, ci sono altri tre livelli di lettura. Il primo, quello allegorico, prende spunto dal bilancio di Mediobanca per ricordare al mondo bancario che, con la progressiva riduzione dei tassi d’interesse e con un raffreddamento dell’economia è naturale immaginare che si registrino un po’ meno utili. Per questo era improprio parlare di “extra-profitti”, perché non erano extra, erano semmai più alti del passato, così come in futuro, probabilmente, lo saranno meno.

È un monito anche a un intero sistema che tra il 2021 e il 2023 ha vissuto un periodo probabilmente irripetibile. Basti pensare che le prime tre banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco BPM) nel periodo vedono gonfiare gli utili (da 6,3 a 18,5 mld euro, +194%). E la capitalizzazione media del comparto è cresciuta del 25%.

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Terzo livello, quello morale: se finora il comparto bancario ha beneficiato di un momento straordinario, è facile immaginare che questo stia lentamente finendo e che, di conseguenza, d’ora in poi si tornerà a parlare di consolidamento. È probabile che vada letta in quest’ottica la mossa di BancoBpm con Anima: Giuseppe Castagna, “fiutando” il vento che sta girando, potrebbe voler irrobustire la compagine della banca o per evitare di tornare contendibile, o per lanciare l’attacco a Siena. Infine c’è un quarto e ultimo livello, quello anagogico, che riguarda in questo momento Mediobanca, in futuro chissà.

Il ceo Alberto Nagel, al timone di Piazzetta Cuccia da quasi 20 anni, ha sempre avuto dalla sua risultati finanziari eccellenti che gli hanno permesso di “sopravvivere” a molti momenti complicati. Basta ricordare che dal 2013 al 2023 il titolo azionario della banca ha totalizzato un total shareholder return del 270%, calcolato come apprezzamento del valore dell’azione di circa il 160% più 4 miliardi di euro di dividendi staccati in favore dei soci, senza effettuare alcun aumento di capitale. È uscito indenne dalla crisi del 2008 e dalle turbolenze della presidenza di Cesare Geronzi.

Ha retto l’urto del bretone Vincent Bollorè che tentava – senza successo – di scalare Mediobanca. Ha accolto Leonardo Del Vecchio (i cui eredi oggi detengono il 20% di Piazzetta Cuccia) e Francesco Gaetano Caltagirone che si sono accomodati come soci finanziari sapendo che il loro attivismo si sarebbe concentrato su Generali.

Proprio Trieste, oggi, potrebbe diventare un nuovo terreno di scontro. Nel 2022 Nagel puntò sulla continuità di Philippe Donnet e, spalleggiato dai fondi internazionali, ottenne una facile vittoria. Complice anche un candidato della lista di minoranza non dotato di molto appeal. Oggi però le cose sono assai diverse. Del Vecchio non c’è più, ha lasciato in mano al plenipotenziario Francesco Milleri e al ceo di Delfin Romolo Bardin il pallino del gioco.

Ma: gli eredi del patron di Luxottica si stanno scontrando su tutto e stanno facendo parecchia fatica a trovare un accordo. Lo stesso Milleri è diventato pietra angolare dello scontro e la sua dotazione di azioni (2,1 milioni, un controvalore di oltre 300 milioni) continua a far litigare gli eredi.

Certo, se i Del Vecchio risolvessero le loro diatribe in tempi rapidi, consegnando – come vorrebbero Leonardo Maria e la madre Nicoletta Zampillo – lo scettro del comando definitivamente a Milleri, la partita in Generali potrebbe riaprirsi.

A patto che, insieme a Caltagirone, si indichi un candidato forte per il consiglio di amministrazione. Il Ddl Capitali potrebbe essere un ulteriore aiuto. E se il nome di Matteo Del Fante, ceo di Poste alla vigilia della vendita di una quota, dovesse tornare di attualità, allora potrebbero aprirsi nuovi scenari. E Nagel, con conti forti ma preceduti da un piccolo, impercettibile segno meno, potrebbe trovarsi per la prima volta in svantaggio. Sarà così?

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