"Intesa si sfila dal risiko bancario? Una mossa per tenersi stretto il governo e pianificare future mosse all'estero"
L'ad di Intesa Carlo Messina rifiuta il risiko e Orcel chiede il via libera su Banco Bpm: Palazzo Chigi non può fermare (del tutto) l'operazione. L'intervista a Giuseppe de Falco, partner dello studio legale Ughi e Nunziante
"Messina si chiama fuori dal risiko? Non c’è ragione di imbarcarsi in una guerra finanziaria a livello nazionale. Intesa cerca economie di scala oltre frontiera"
Carlo Messina blinda Intesa Sanpaolo: niente fusioni, niente giochetti, solo solidità e dividendi record. Con 8,7 miliardi di utile e 6,1 miliardi di cedole, la banca resta la prima in Italia per capitalizzazione. E sul risiko bancario, Messina non arretra di un millimetro: “Nessuna confusione, siamo un porto sicuro per il Paese e gli investitori.”
Ma mentre il numero uno di Intesa si tiene fuori dai giochi, Andrea Orcel cala l’asso: Unicredit ha notificato al governo, ai sensi del golden power, l’offerta lanciata su Banco Bpm. (il parere di Palazzo Chigi è previsto entro 45 giorni). Due strategie opposte, due leader a confronto. Ma chi muove meglio i pezzi sulla scacchiera? Affaritaliani.it ne ha parlato con Giuseppe de Falco, partner dello studio legale Ughi e Nunziante.
Messina si smarca dal risiko bancario. È davvero una scelta strategica o un modo elegante per dire che non ci sono operazioni convenienti sul tavolo?
In questo momento il mercato italiano appare piuttosto concentrato e tanto più lo sarà se vanno in porto le offerte appena lanciate. D’altro canto gli outlook di mercato segnalano una spinta a incrementare i ricavi da commissioni derivanti dal “wealth management”, ciò che incoraggia le alleanze o le aggregazioni con il mondo assicurativo, quest’ultime incentivate in parte dal “danish compromise” che consente un minore assorbimento di capitale.
Un player solido come Intesa ha le carte in regola per cercare economie di scala “cross-border” (oltre frontiera, ndr.) La crescita delle banche passa anche attraverso nuovi servizi legati alla digitalizzazione. In questo senso la PSD2/3 e la normativa DORA dovrebbero incoraggiare l’embedded finance (servizi finanziari incorporati in altri servizi).
Intesa Sanpaolo è già la prima banca italiana per capitalizzazione e solidità patrimoniale. Davvero non ha nulla da guadagnare da un'acquisizione mirata, magari su Banco Bpm o Mps?
Bisogna innanzitutto considerare il quadro complessivo in cui è inserito il mercato bancario europeo dove, anche a causa di un rallentamento dell’inflazione, potrebbe aumentare, come ha detto la BCE, la vulnerabilità dei debiti sovrani (ricordiamo che le banche italiane detengono la gran parte del debito pubblico italiano) e sicuramente ridursi il profitto realizzato con la crescita dei tassi di interesse che si abbasseranno. È prevista una crescita bassa delle economie dei paesi UE e in quelli più importanti, Francia e Germania, vi sono gravi incertezze politiche.
La vicenda Unicredit-Commerzbank consiglia quindi un atteggiamento più attendista. Per lo stesso motivo non c’è ragione al momento di imbarcarsi in una guerra finanziaria a livello nazionale che potrebbe essere complicata da timori antitrust o dal ruolo attivo del governo, come in MPS. Mi pare che le dichiarazioni di Messina siano anzi indirizzate a rassicurare il governo su questo punto, magari guadagnando in tal modo un sostegno per possibili espansioni all’estero.
Andrea Orcel rilancia su Banco Bpm chiedendo il via libera al governo. Quanto è probabile che Meloni e Giorgetti utilizzino il golden power per bloccare l’operazione?
Non credo che il governo possa fermare del tutto l’iniziativa di Unicredit, potrebbe al limite porre degli ostacoli in modo da esercitare una certa pressione negoziale anche in vista delle altre partite aperte, segnatamente MPS. L’impressione è che la stessa Unicredit si sia preparata a una soluzione “negoziata” acquistando una partecipazione in Generali.
Se davvero il MEF si spingesse fino a fermare l'operazione Unicredit, e salvo l’intervento della giustizia amministrativa, il mercato percepirebbe in effetti un segnale dirigista che non sarebbe molto salutare per il mercato italiano.
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Se il risiko bancario italiano si sblocca, chi saranno i veri vincitori e chi rischia di essere tagliato fuori?
Dipende dall’assetto finale che ne risulterà, soprattutto quanto a Generali. Se davvero il progetto MPS-Mediobanca-Generali andasse in porto, il governo e gli azionisti strategici di queste tre società avrebbero da rallegrarsi.