Mps, Ita, Tim e la rete unica: tutti i dossier caldi del post elezioni

La privatizzazione della compagnia di bandiera nata dalle ceneri di Alitalia, la creazione della rete e il capitolo Mps: tempi-prospettive dei dossier economici

Economia
Condividi su:

Elezioni, il nuovo esecutivo dovrà mettersi al lavoro su dossier "caldi" e "spinosi" 

Mps, Ita, Tim e la creazione della rete  unica: sono tre i dossier, "caldi" e "spinosi" già avviati dal governo Draghi che arriveranno sul tavolo del nuovo esecutivo non appena si sarà insediato.

La privatizzazione di Ita Airways, la compagnia nata dalle ceneri di Alitalia; l'attesa creazione di un'infrastruttura nazionale per la banda larga con il memorandum tra Tim, Open Fiber, Cdp, Kkr e Macquarie; il capitolo Mps, con il recente via libera da parte dell'assemblea alla ricapitalizzazione da 2,5 miliardi. Tre partite industriali in via di definizione che con il voto potrebbero prendere una strada completamente diversa da quella tracciata dal precedente inquilino di Palazzo Chigi. Ma andiamo con ordine. 

Privatizzazione Ita, il consorzio è stato scelto ma la Destra frena sul fondo Usa Certares 

Partenza politica tutta in salita per la privatizzazione di Ita, con l'avvio della cessione alla cordata che fa capo al fondo Usa Certares che non piace a Fratelli d'Italia. "Quando avrò le carte potrò pronunciarmi", ha messo in chiaro da subito Giorgia Meloni. Ma anche Lega e Forza Italia non hanno nascosto perplessità. "Il nuovo governo non accetterà un'offerta senza garanzie occupazionali e senza un piano industriale molto solido", ha osservato il Carroccio. "Non siamo stati coinvolti nelle decisioni", ha dichiarato il partito di Silvio Berlusconi. 

D'altronde, la trattativa avrà un iter che prevede almeno 18 tappe tecniche e il fondo statunitense non ha fissato scadenze. Probabilmente anche per capire la nuova configurazione di Governo dopo le Elezioni. La svolta sul dossier Ita Airways arriva, inattesa, l'ultimo giorno di agosto: il Tesoro ha deciso chi sarà l'interlocutore con cui avviare in esclusiva le trattative per la cessione dell'ex compagnia di bandiera in via di privatizzazione.

La scelta è caduta sul consorzio formato dal fondo Usa Certares, Delta Air Lines e Air France-Klm, la cui offerta, scrive il Mef, "è stata ritenuta maggiormente rispondente agli obiettivi fissati dal Dpcm". Alla conclusione del negoziato in esclusiva, si precisa, si procederà alla sottoscrizione di accordi vincolanti solo in presenza di contenuti "pienamente soddisfacenti" per l'azionista pubblico. Esclusa quindi l'altra cordata in corsa (e che sembrava la favorita) formata da Msc e Lufthansa.

Dalla flotta ai collegamenti intercontinentali, tutti i nodi sul tavolo di Ita 

La proposta accolta prevede che il fondo statunitense acquisti il 50% più un'azione della compagnia, più del 40% previsto nella prima offerta, di fatto privatizzandola. Viene previsto che il Mef possa nominare il presidente del cda ed esprimere il gradimento per l'amministratore delegato. Il valore iniziale di Ita verrebbe confermato in 700 milioni, ma poi diventerebbe di 1,95 miliardi con due aumenti di capitale sottoscritti rispettivamente dal ministero (650 milioni) e da Certares (600 milioni).

Nonostante il primo passo ufficiale sia compiuto, i nodi da sciogliere sono tanti, a partire dal piano di evoluzione della flotta fino ad arrivare alla rete dei collegamenti, soprattutto quelli intercontinentali.  Poi c'e' la delicata questione dei livelli occupazionali, con il rientro dei lavoratori oggi in cassa integrazione e le nuove assunzioni (si parla di 1.500 già nel 2023).

Infine c'è la questione degli investimenti, che passa necessariamente per la definizione del perimetro d'azione di Certares e del Mef. Sullo sfondo si muovono Air France-Klm e Delta Air Lines, che per ora figurano come partner commerciali del fondo a stelle e strisce e che potrebbero avere un coinvolgimento nell'operazione ma solo in un secondo momento.

Secondo quanto filtrato finora sul dossier, la flotta passerebbe da 67 a 80 aerei nel 2023 - il primo anno del nuovo piano - per arrivare a 98-100 nel 2024 e 120 velivoli nel 2025. Mentre sul fronte delle rotte, il Nord America dovrebbe diventare il mercato intercontinentale dove realizzare maggiori guadagni con il conseguente aumento delle destinazioni servite con voli diretti da parte di Ita Airways. Il tutto, però, dovrà tenere conto del nuovo autunno 'caldo' in arrivo per il trasporto aereo, con l'incertezza legata ancora al Covid e con gli aumenti del costo del cherosene per via della guerra in Ucraina, dell'inflazione galoppante e della crisi energetica in corso.

Elezioni, Tim, la rete unica e la sicurezza nazionale

Alla fine dello scorso maggio inizia a prendere forma il progetto di rete unica in Italia: Cdp Equity, Kkr, Macquarie, Open Fiber e Tim firmano un Memorandum of Understanding per avviare il processo d'integrazione delle reti di Tim e Open Fiber.

L'obiettivo è "avviare un processo volto alla creazione di un solo operatore delle reti di telecomunicazioni, non verticalmente integrato, controllato da Cdp Equity e partecipato da Macquarie e Kkr", che consenta di accelerare la diffusione della fibra ottica e delle infrastrutture Vhcn (Very High Capacity Networks) sull'intero territorio nazionale, "permettendo cosi' l'accesso ai servizi più innovativi ed efficienti offerti dal mercato alla generalità della popolazione, agli enti pubblici e alle imprese, contribuendo in tal modo a uno sviluppo più celere, duraturo e sostenibile del Paese". L'intera operazione dovrebbe essere definita entro il 31 ottobre.

Ma la partita è complicata. Basti pensare alle crescenti pressioni di Vivendi, azionista di maggioranza di Tim con il 24%, sull'ex monopolista. Dopo la lettera inviata quest'estate al consiglio in cui spiegava le condizioni economiche a cui la rete andrebbe ceduta - la valutazione era tra i 31 e i 34 miliardi di euro - Vivendi a fine agosto recapita una nuova missiva al board. Nella quale fa riferimento al doppio ruolo di Cdp, azionista di Tim e di Open Fiber (sottintendendo senza esplicitarlo un conflitto d'interessi).

Il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, si è detto più volte favorevole al progetto italiano di rete unica. L'ultima volta dal palco del Meeting di Rimini: "In Italia non c'e' mai stata una rete unica - afferma - quindi adesso Tim può essere nella posizione di leader per la creazione dello scheletro dell'infrastruttura delle telecomunicazioni, per accelerare la velocità della banda larga extra-veloce".

E ribadisce che "Vivendi vuole essere un investitore a lungo termine" in Tim. Ma anche questo dossier s'intreccia con le Elezioni. E' sempre la leader di FdI a lanciare un chiaro messaggio a Vivendi e Cdp: occorre "seguire l'esempio di tutte le grandi democrazie occidentali a garanzia della sicurezza nazionale - dice - un'infrastruttura strategica non puo' essere lasciata in mano ai privati, soprattutto se stranieri". Il piano alternativo che prevede una possibile Opa su Tim da parte di Cdp non e' ancora sfumato.

Mps e l'aumento di capitale: inizia la corsa a ostacoli 

Il 15 settembre l'assemblea dei soci del Monte Paschi di Siena dà il via libera all'aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro, che si prevede partira' gia' in ottobre con tempi di realizzazione che dovranno essere "necessariamente brucianti", al massimo entro il 30 novembre.

In questo modo, spiega l'amministratore delegato Luigi Lovaglio, la banca potrà sfruttare la legge in scadenza che consente di attuare gli esodi volontari del personale, circa 3.500 dipendenti, per cui c'eè già l'accordo con i sindacati.

L'esodo costerà 800 milioni di euro, risorse che il Monte prenderà proprio dall'aumento. "Questo e' l'inizio ufficiale della partita - commenta Lovaglio a caldo - adesso si corre, in ottobre partiremo. Fin dal primo giorno siamo concentrati su un aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro da portare a casa in unica soluzione entro i tempi previsti". E ricorda che l'esodo dei dipendenti permettera' "un risparmio di costi di 270 milioni di euro dal primo gennaio 2023".

L'approvazione avviene senza patemi, con il 99,63% dei voti presenti, di cui quasi tutti facenti capo al Tesoro che controlla il 64,23% del capitale. Ora per Monte Paschi si apre la corsa a ostacoli per la sua attuazione, e per trovare gli investitori interessati, tenendo conto che il Tesoro coprirà poco più di 1,6 miliardi per la quota di competenza e che quindi mancano all'appello quasi 900 milioni.

L'assemblea ha anche segnato il ritorno alla presenza degli azionisti, dopo la pausa di oltre due anni dovuta alla pandemia. Pochi tuttavia i piccoli risparmiatori presenti, provati dalla lunga serie negativa del titolo Monte Paschi e dalla successione di aumenti di capitale 'bruciati' per le forti perdite, con cinque operazioni che hanno raccolto 18,5 miliardi di euro negli ultimi 14 anni.

"E' un momento difficile ed è meglio aspettare il nuovo governo, aveva detto alla vigilia del via libera alla capitalizzazione il consigliere economico di Giorgia Meloni, Maurizio Leo, quella del Monte dei Paschi è un'operazione importante, che deve tutelare sia i posti di lavoro sia un asset strategico per l'economia italiana". Un'operazione che sarà posta sotto la lente del nuovo inquilino di palazzo Chigi.