Mps lancia l’opa su Mediobanca, la tempesta perfetta della finanza
Una partita a scacchi che inevitabilmente stravolgerà per sempre gli equilibri
Mps-Mediobanca, la tempesta perfetta della finanza
A raccontarla così sembra quasi una fiction. C’è la banca più antica del mondo che sembra uno di quei nobili decaduti, che scrocca pasti a destra e a manca e che si barcamena grazie alla generosità dei pochi amici rimasti. Questa banca, vessata da una gestione folle che l’ha devastata comprando Antonveneta per un prezzo fuori mercato; e ulteriormente piagata dalla sottoscrizione di strumenti derivati che sono esplosi durante la crisi del 2011; insomma, questo nobile zoppicante a un certo punto finisce sotto l’egida dello Stato che ci mette dentro un sacco di soldi ma che crede nel progetto di rilancio.
E si affida a un manager lontano dalla luce dei riflettori che però fa le cose per bene (come recitava un vecchio slogan pubblicitario). Fa accordi con i sindacati per gli esuberi, annuncia una razionalizzazione della rete. E riporta l’utile dopo anni addirittura fuori dalla Borsa. Oggi, dopo un aumento di capitale da far tremare le vene ai polsi, Luigi Lovaglio può presentarsi davanti agli azionisti e dire “sì, siamo pronti a prenderci Mediobanca”. Un'operazione del genere non si improvvisa, e infatti è lo stesso ceo di Mps a spiegare in conferenza stampa che l'idea era nata addirittura due anni fa, dopo l'aumento di capitale da 2,5 miliardi. All'epoca Lovaglio andò da Giancarlo Giorgetti e gli disse che per il futuro della banca c'erano tre possibilità: andare avanti da sola, cercare una fusione con un altro istituto di credito, prendersi Mediobanca. E oggi le condizioni sono buone per provare a realizzare la terza ipotesi.
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Ecco, alzi la mano chi si sarebbe immaginato un epilogo del genere. Ovvio che Lovaglio non è da solo in questa scalata: la costituzione del famoso terzo polo - un unicum italiano, se si pensa che negli altri Paesi si fa fatica ad averne due anche dove siano rimaste ancora le banche popolari - è ormai l’obiettivo annunciato del governo in primis e del duo Milleri-Caltagirone che hanno deciso di “avere una banca” (altra citazione).
Ora che succede? Facile pensare che, se l’operazione dovesse andare in porto, si scatenerebbe uno tsunami di prima grandezza nel mondo finanziario. Perché i fronti sono molteplici e tutti interconnessi. A scaldare i motori è stato BancoBpm che ha lanciato un’opa su Anima e si è trovato quindi primo azionista di Mps, insieme alla Delfin di Francesco Milleri e degli eredi di Leonardo Del Vecchio e a Francesco Caltagirone. Poco dopo Unicredit è partita lancia in resta alla conquista di Commerzbank e, nel frattempo, ha lanciato l’attacco a BancoBpm. Un attacco in realtà poco convinto, più per stoppare le velleità di Giuseppe Castagna che altro, visto che l’offerta - un unicum nella finanza - è stata fatta a sconto rispetto al prezzo potenziale del Banco.
In tutto questo scenario già intricato è sceso in campo il governo, che - soprattutto per bocca di Matteo Salvini - ha definito Unicredit una banca straniera e ha paventato l’uso del golden power. Il governo che, non dimentichiamolo, è ancora azionista di Mps anche se ormai è rimasto ben poco. Infine, di pochi giorni fa, la notizia della creazione di un maxi-polo del risparmio gestito tra Generali e Natixis che ha fatto indispettire Caltagirone sia per le modalità (Mediobanca, membro del board del Leone è stato scelto come advisor dell’operazione) sia perché - a suo dire - si mette a rischio il risparmio degli italiani concedendosi ai francesi che già vorrebbero mettere le mani, tramite Amundi, su Anima anche se la cordata italiana ha stoppato il tutto sul nascere.
Scambio di colpi da ko, quindi. Con un’assemblea di Generali che si avvicina ad ampi passi e con il rischio concreto per Alberto Nagel di ritrovarsi dopo quasi un ventennio di regno incontrastato per la prima volta in minoranza.
Che Milleri e Caltagirone, che detengono insieme il 27,57% di Piazzetta Cuccia, sarebbero stati assai più battaglieri di quanto già non lo fossero stati tre anni fa era cosa certa. Ma ora c’è veramente il rischio concreto di un terremoto.
L’attuale amministratore delegato di Mediobanca potrebbe pagare a caro prezzo la scelta di consolidare il business di Piazzetta Cuccia nel wealth management senza però guardarsi intorno e provare a iscriversi alla giostra del risiko che terrà banco per tutto il 2025. Da salotto buono di un tempo a macchina macina utili ma anche molto, troppo all’insegna dell’understatement
Il duo, assai vicino al governo, da tempo ha la folle idea di creare una banca. E ora potrebbe riuscirci, tra l’altro non con la mera fusione di due istituti di credito, ma creando un polo che abbia al tempo stesso la conformazione della banca tradizionale (Mps) e della boutique per il risparmio gestito (Mediobanca). Perché, e questo è chiaro a tutti, è sulla ricchezza degli italiani che le banche guadagnano, non certo sui conti correnti che - soprattutto ora che i tassi torneranno ad abbassarsi - saranno assai poco allettanti.
In tutto ciò, in questa partita a scacchi che inevitabilmente stravolgerà per sempre gli equilibri finanziari italiani, c’è ancora un convitato di pietra che, prima o poi, dovrà tornare in campo: Intesa Sanpaolo. La quale, è minacciata da Unicredit per la primazia italiana (e non solo) se dovesse andare in porto l’uno due Commerz-BancoBpm; e, dall’altro, dal nascente terzo polo se dovesse concretizzarsi l’operazione tra Mps e Mediobanca.
Sullo sfondo, dunque, da capire che cosa vorrà fare Ca’ De Sass, se intraprendere un’operazione - magari anch’essa nel risparmio gestito, magari provando a prendersi Fineco - o se restare ferma un altro giro. Si dice, tra l'altro, che i rapporti di Intesa Sanpaolo con il governo non siano troppo forti, e oggi c'è tutta l'intenzione da parte dell'istituto di credito di trovare un nuovo, ulteriore canale di dialogo con l'esecutivo. Il tutto mentre all’orizzonte si profila la battaglia di Generali, che diventerà il nuovo campo di battaglia di uno scontro a tutto tondo nella finanza come non si era mai visto. Un terremoto, appunto. Preparate i pop corn.