Mps-Poste, 4 mld con privatizzazione. Ma occhio agli utili: 300 mln in meno
Pioggia di soldi nel primo trimestre. Ecco quanto incasserebbe il Tesoro con la privatizzazione delle quote delle partecipate Monte dei Paschi e Poste Italiane
Privatizzazione di Mps-Poste? Grandi incassi, ma occhio ai dividendi in meno
Primo trimestre dell'anno in crescita per le principali Società quotate e partecipate dal Mef, del settore industria e servizi: Enav, Enel, Eni, Fincantieri, Italgas, Leonardo, Poste Italiane, Rai Way, Saipem, Snam, STMicrolectronics, Terna. Il fatturato ha raggiunto i 59,4 miliardi di euro (+16,6%) e gli utili sono superiori a 5,3 miliardi di euro con un aumento del 121,7% rispetto allo stesso periodo del 2023.
Ad elaborare i dati il CoMar - Centro Studi sulla base delle comunicazioni finanziarie delle singole Società. Molto positivo anche l'Ebitda, cresciuto, anno su anno, del 236,4%, giungendo a oltre 14,1 miliardi di euro. L'indebitamento finanziario netto, sempre al 31 marzo, si è attestato a 110,9 miliardi di euro. In dettaglio il fatturato è aumentato principalmente per Leonardo (+20,7%), Terna (+20,4%), Saipem (+18%). E' sceso per Enel, STMicroelctronics, Eni. La crescita maggiore dell'Ebitda è stata registrata da Enav (+69,6%), Leonardo (+41,6%), Saipem (+40,3%). Per la crescita dell'utile si distinguono Leonardo (+1.141,6%), Enel (+86,7%) ed Enav (+37,1%).
Nel dettaglio, al momento, il Ministero dell'Economia e delle Finanze possiede: il 26,73% di Banca Monte dei Paschi di Siena, dalla quale incasserà oltre 88,9 milioni di euro di dividendi nel primo trimestre di quest'anno; il 53,3% di Enav vale per il 2023 dividendi per 66 milioni di euro; il 23,6% di Enel, dal quale arriveranno oltre 500 milioni di euro nei primi tre mesi; Eni da cui incasserà complessivamente 400 milioni nel primo trimestre tra la quota del Mef e quella di Cdp; il 30,2% di Leonardo dal quale proverranno oltre 150 milioni di euro e, infine, il 29,26% di Poste Italiane (Cdp ne possiede un altro 35%), da cui arriveranno complessivamente 1,22 miliardi.
Questo “tesoretto”, comunque, è stimato tenendo conto delle mosse già compiute dal governo Meloni sullo scacchiere delle cosiddette privatizzazioni. Infatti, il governo punta a racimolare circa 20 miliardi di euro dalla cessione di quote delle proprie partecipazioni.
Ma proviamo a vedere quanto incasserebbe lo Stato dalla cessione delle quote delle proprie partecipate secondo le ultime indiscrezioni sulle intenzioni del governo. Secondo le voci, partendo da Mps, la banca senese dovrebbe venire liquidata completamente. A oggi con una capitalizzazione di 6,21 miliardi di euro, la cessione frutterebbe ben 1,65 miliardi di euro, ma con una perdita di, appunto, oltre 80 milioni di dividendi.
Successivamente, anche Poste Italiane fa da protagonista nei piani del governo per rimpinguare le casse dello Stato. In questo caso, però, vi è un po’ di confusione. Mentre qualche mese fa l’Esecutivo aveva annunciato di non voler scendere al di sotto del 35% del capitale, la premier Giorgia Meloni ha rilanciato mettendo come limite il 51%.
A oggi, dunque, tra la quota del Mef e quella di Cdp, lo Stato possiede il 64% di Poste Italiane. Nel caso il governo decidesse di fermarsi al 51% e scegliesse di diluire la sua quota senza toccare quella di Cassa Depositi e Prestiti, allora dovrebbe cedere il 13%. La cifra, dunque, si attesterebbe a 2,17 miliardi di euro in caso di cessione. Allo stesso tempo, però, con la vendita il Tesoro andrebbe a perdere una parte di dividendi pari a circa 135 milioni di euro. Mica briciole. Andassero in porto le due privatizzazioni, dunque, da Mps e Poste il Tesoro incasserebbe subito oltre 3 miliardi e 800 milioni di euro, ma anche più di 300 milioni di dividendi in meno.
Ancora un mistero, invece, il futuro di Ferrovie dello Stato. Il governo, infatti, da tempo ha messo il gruppo Fs nel mirino delle privatizzazioni, ma non è stata ancora trovata una quadra. Il percorso, infatti, risulta piuttosto tortuoso in quanto il gruppo altro non è che un conglomerato di attività differenti alcune delle quali non possono essere quotate in Borsa. E proprio quest’ultimo fattore costituisce uno dei nodi più difficili da sciogliere, in quanto rende difficile capire come definire il valore liquido del gruppo. Non resta che rimanere sintonizzati sui prossimi piani dell’Esecutivo.
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