Nft, tutti pazzi per i gettoni su blockchain che piacciono a Eminem

Utilizzati non solo nell'arte: ecco cosa sono i Non Fungible Token su blockchain

di Marco Scotti
Eminem 
Economia
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Nft, veri e propri certificati di autenticità

Non sei nessuno nello star system se non hai speso qualche centinaio di migliaia di dollari in un’opera d’arte validata Nft. Di che cosa si tratta? L’acronimo sta per Non Fungible Token, letteralmente “gettone non replicabile”. Ma a che cosa servono? Si tratta di veri e propri certificati di autenticità che poggiano sulla blockchain – la catena di blocchi che permette di tracciare la storia di un bene e che ne impedisce le modifiche a meno che non siano d’accordo tutti coloro che fanno parte della catena stessa - e che permettono di rendere un bene digitale (ma anche fisico) unico nel suo genere.

Qui si apre una questione filosofica introdotta ormai quasi un secolo fa da Walter Benjamin: nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, che cosa rende un’opera d’arte unica? Un dipinto, specie se fatto in digitale, in che cosa differisce dalla sua copia? Ebbene, l’Nft risponde proprio a questa esigenza perché contribuisce a creare “scarsità digitale”.

Naturale quindi che la principale applicazione sia proprio l’arte. Nel 2021, ad esempio, Christie’s ha battuto per 69,3 milioni di dollari l’opera di Beeple “Everydays – The First 5000 Days”. Si tratta di un collage virtuale di appunto, 5.000 opere messe insieme.

Il cantante Eminem ha speso 425.000 dollari – o, se si preferisce, 123,45 Ethereum – per aggiudicarsi l’opera d’arte realizzata dal collettivo Bored Ape Yacht Club. Si tratta di una rappresentazione dell’artista stesso che il rapper di Detroit ha poi usato come immagine profilo per i suoi account social.

Proprio Bored Ape Yacht Club è un insieme di 10mila Nft che rappresentano scimmie ottenute attraverso disegni che mixano caratteristiche fisiche differenti. Sono state inizialmente vendute per 200 dollari l’una, ma ora hanno una valutazione che è aumentata di, almeno, mille volte!

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Ma gli Nft non servono soltanto al mondo dell’arte. A dicembre di quest’anno Vodafone ha messo all’asta, per beneficenza, il primo SMS inviato al mondo, nel 1992. L’offerente anonimo se l’è aggiudicato per 107mila euro. Il cantante Morgan, ad aprile dello scorso anno, ha lanciato un’asta per la sua canzone inedita che si è conclusa alla quota di 21mila euro. Il vincitore, oltre ai diritti, ha ottenuto anche copie autografate delle stampe e del testo.

Con gli Nft si dà una prima, importantissima risposta, alle problematiche relative all’attribuzione di qualsiasi asset digitale. Prendiamo ad esempio i meme: chi è stato il primo a realizzare quelli più famosi e condivisi? Chiunque l’abbia fatto non ha mai visto riconosciuta la sua creatività perché la condivisione sui social ne ha “annacquato” la provenienza.

Ora invece, tramite la blockchain che consente di vidimare la provenienza di qualsiasi bit, è possibile riconoscere il creatore. E, quindi, attribuirgli i meriti. Con gli Nft, quindi, si mette un sigillo incancellabile su un bene. È l’evoluzione più corretta del copyright. Era ora!

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