Nomine Cdp, quattro motivi per cui Gorno Tempini rischia più di Scannapieco

La partita sulle nomine in Cassa Depositi e Prestiti è forse destinata a slittare. Ma la posizione dell'ad appare più solida di quella del presidente

di Andrea Muratore
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Cdp: Scannapieco e Gorno Tempini
Economia

Nomine Cdp, quattro motivi per cui Gorno Tempini rischia più di Scannapieco

Giorgia Meloni non inaugura, per ora, una discussione su Cassa Depositi e Prestiti come perno della strategia economico-industriale del governo, che passa anche da Cdp e il rinnovo dei suoi vertici. Sarà perché col mondo in guerra e le Europee alle porte la partita sulle nomine è destinata a slittare. O forse perché un attore chiave, il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha il suo bel da fare tra la contesa tra Tesoro e Ragioneria Generale sul Superbonus e le partite per gestire la voragine contabile degli ultimi anni. Fatto sta che la stagione delle nomine del 2024 è partita in sordina.

In nomine Giorgia

Negli anni scorsi le nomine erano il centro dell'attenzione dei decisori politici e in quest'ottica il 2021, anno in cui andavano a scadenza Cdp, Ferrovie dello Stato e Rai pochi mesi dopo l'ascesa di Mario Draghi, fu istruttivo. Quest'anno, complici le Europee e il carosello politico sulla Rai, tutto sarà spostato come baricentro verso giugno. Fa sorridere pensare che l'unica grancassa mediatica partita nelle scorse settimane sia quella dei fautori della "continuità". La dottrina del "tanto rumore per nulla" per cui Luigi Ferraris, ad di Fs, Dario Scannapieco e Giovanni Gorno Tempini, ad e presidente di Cdp, avrebbero già in tasca la riconferma da parte dell'azionista principale, il governo.

Il dualismo Scannapieco-Gorno Tempini in Cdp

Di questi tre colui che ha maggiori prospettive di riconferma è, ad oggi, Scannapieco: il manager ex Banca Europea degli Investimenti originario della Costiera Amalfitana vanta risultati eccellenti alla guida di Via Goito, un +23% dell'utile a 3 miliardi di euro nei conti del 2023 e presidia uno zoccolo duro di legami internazionali che, filiera dopo filiera, portano dritti a Mario Draghi, suo antico mentore e fautore della sua ascesa a Cdp. Altro dato, Scannapieco è al primo mandato in Cdp e spesso è successo che si verificassero proroghe. Questione Ferraris: la sua riconferma è legata all'immanenza o meno del processo di privatizzazione del gruppo di Piazza della Croce Rossa.

Interessante è il nodo di Gorno Tempini, uomo dal lungo e prestigioso curriculum e presidente uscente di Cdp, di cui è stato ad, che di recente ha ottenuto proprio in quota Cassa la riconferma nel cda di Telecom. Appare difficile pensare che nessuno, in seno alla maggioranza, abbia pensato all'idea di ottenere voce in capitolo su una poltrona in una partecipata importante come Cdp. E se Scannapieco da un lato è "blindato" dai risultati, dall'altro è naturale che a rischio sostituzione in Via Goito sia principalmente il manager bresciano, per un'ampia serie di motivi.

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Cdp, a Lega e Forza Italia la scelta sulla presidenza

Partiamo dal primo, il più importante: il dualismo tra Scannapieco e il manager vicino al duo Giuseppe Guzzetti-Giovanni Bazoli in Cdp dura da tempo e si lega soprattutto alla controversia sulla nomina di Fabrizio Barchesi, direttore generale di Cdp, a presidente di Greenit, stoppata da Gorno Tempini.

Aggiungiamo una seconda questione: in Cdp Gorno Tempini rappresenta la presidenza che è tradizionale espressione del legame tra la Cassa e le Fondazioni. Ebbene, ricorda Il Foglio che sulle nomine Meloni e i vertici di Fratelli d'Italia, a partire dal fedelissimo sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, hanno verso gli alleati le idee chiare: "Noi scegliamo o confermiamo (nel caso di Dario Scannapieco) gli ad, i presidenti li indicano, con il nostro via libera, Lega e Forza Italia". Con queste premesse risulta difficile vedere le due fondazioni tradizionalmente dominanti del centrodestra rinunciare a giocare la partita della presidenza di Cdp.

Il centrodestra non vuole cedere alle Fondazioni?

C'è poi il terzo, decisivo tema: il confronto con le casse di risparmio azioniste di Cdp a fianco del tesoro. E che indicano per prassi la figura ideale per la presidenza. Risulterebbe complesso vedere il centrodestra, specie leghista e forzista, rinunciare a una dialettica per indirizzare richieste volte a proporre nomi preferiti per la presidenza di Cdp a quelle fondazioni che più volte sono risultate indigeste al mondo conservatore.

Ultimo esempio? La vittoria dell'asse Guzzetti-Bazoli per il controllo di Fondazione Cariplo, con la nomina di Giovanni Azzone, ex rettore del Politecnico di Milano, arrivata a scapito di quella paventata dalla destra del suo successore Ferruccio Resta. Il tutto con la regia dei dioscuri Guzzetti e Bazoli, a cui Gorno Tempini è vicinissimo. I nomi graditi al centrodestra non mancano: Antonino Turicchi di Ita, Marcello Sala, capo del dipartimento di Economia del Mef, Alessandro Daffina di Rothschild Italia e Luigi de Vecchi di Emea.

Ambizioni politiche

Quarto e ultimo punto, la presenza del rush finale delle nomine nel dopo-Europee inciterà su ogni campo l'innalzamento delle richieste incrociate. Fdi punta la Rai, Lega e Forza Italia dovranno ricordare il loro spazio d'azione ed è possibile che si crei un rimescolamento. In cui nomine come quella del presidente di Cdp possono essere un punto di confronto notevole e importante. Tutto questo aiuta a comprendere perché, tra Gorno Tempini e Scannapieco, sia più il primo in bilico per la permanenza rispetto a Scannapieco. A giugno, quando si concluderà la lunga "House of Cassa", capiremo come finirà questa lunga, complessa stagione delle nomine.