Non chiamateli Neet, 9 su 10 lavorano ma in nero
Il rapporto "Lost in Transition" del Consiglio nazionale dei giovani mostra come Il 90% dei giovani classificati come Neet lavorano in nero.
Non chiamateli Neet, 9 su 10 lavorano ma in nero
Non così Neet. Inizia così il rapporto "Lost in Transition" del Consiglio nazionale dei giovani con il supporto dell’Istituto di Ricerche Educative e Formative, che svela "un segreto di Pulcinella". Una lettera dell'acronimo - che sta per Neither in employment nor in education and training, cioè senza lavoro, studio o in formazione - andrebbe rimossa o cambiata. Perché la stragrande maggioranza dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni che andrebbero sotto la definizione di Neet, in realtà dichiara di essere indipendente dal punto di vista economico. Questo perchè lavorano in nero.
I Neet lavorano ma in nero
L'Italia non è un Paese per giovani, questo si sapeva. Lo ha detto esplicitamente anche la premier Giorgia Meloni nel discorso alla Camera per la fiducia. L'annoso problema dei Neet non è certo una novità, così come il ricorso al lavoro in nero. Quello che sorprende sono i dati del rapporto Lost in Transition. Secondo le ultime rilevazioni, in Italia i Neet includono una platea di 2,1 milioni di giovani. Il 16,1%, un dato di cinque punti superiore alla media europea che nel 2023 si attestava all'11,2%.
Al dato universale se ne aggiunge un più nel dettaglio, anch'esso sorprendente. La rilevazione del Cng calcola come il 74,8% abbia svolto "lavoretti" in nero nell'ultimo mese. Un dato che nelle aree urbane cresce fino all'88,9%. Significa che 9 presunti Neet su 10 in realtà lavorano, anche se in nero. Circa la metà dei Neet residenti in città dichiara che tramite il lavoro sommerso ha raggiunto un'autonomia economica dalla famiglia.
Neet di campagna e Neet di città
La quota di lavoro nero tra i Neet varia a seconda delle zone di residenza. E' maggiore nelle aree urbane, mentre scende in quelle interne, fino al 53,6%. Il dato viene enfatizzato dai relatori, che vi intravedono il simbolo della differenza nel modo in cui i giovani vivono la propria condizione. I ragazzi che vivono lontano dai grandi centri tendono ad essere più dipendenti dalla famiglia e associano la mancanza di impiego al "mettersi in pausa" in un anno sabbatico.
Al contrario i Neet "di città" interpretano la loro condizione attuale come un "mettersi in gioco" e i dati dimostrano come i giovani residenti nelle aree urbane si cimentino in attività sommerse come la compravendita online e si mostrino più ricettivi ad iniziative sociali e politiche del proprio territorio.
Diversi titoli, motivazioni e stili di vita
Il report Lost in Transition entra nel dettaglio della diversa condizione tra i Neet. Il luogo di residenza incide a livello di istruzione. Due ragazzi su tre (il 65%) di quelli che vivono nelle metropoli hanno almeno un diploma o una laurea, dato che precipita al 9% tra i coetanei che vivono in aree interne. Il report parla di "una marcata disparità nell’accesso all’istruzione superiore tra le diverse aree del Paese".
I Neet di città e quelli di campagna vivono anche interazioni sociali differenti. I primi tendono a incontrare gruppi di coetanei quasi ogni giorno nel 72% dei casi. Sono venti punti in più rispetto agli omologhi che abitano lontano dai grandi centri urbani. Lo stesso vale per l'attività sportiva quotidiana (59,3% contro 34%) e nel tempo trascorso giocando ai videogiochi (58,8% contro 35%).
Per 1 intervistato su 3 la condizione di Neet è vissuta come un'esperienza di "pausa sabbatica" (29,9%). Mentre il 20% avverte la condizione come necessaria per collaborare al sostegno familiare, il 13% la imputa alla mancanza di risorse finanziarie. Sul versante della formazione, quasi la metà dei Neet intervistati si mostrano interessati ad intraprendere un'attività legata al proprio percorso di studi o ad apprendere un nuovo mestiere. Un'altra metà è invece divisa tra chi ha scelto di prendersi una pausa sabbatica e chi nutre sfiducia negli sbocchi futuri di un percorso formativo.
La proposta
Per Maria Cristina Pisani, presidente Cng, "è cruciale che le politiche pubbliche riconoscano queste differenze e adottino approcci personalizzati per supportare efficacemente i Neet e accompagnarli verso una formazione e un’occupazione di qualità". E sulla distanza tra ragazzi delle aree urbane e di quelle rurali aggiunge: "Occorre ragionare sulla necessità di interventi mirati per fornire opportunità concrete e costruire reti di supporto adeguate per ciascuno. È necessario lavorare per promuovere politiche che valorizzino l’iniziativa dei giovani, offrendo loro gli strumenti e le risorse necessari per costruire un futuro più stabile".