Covid, è 'importante fare il test sugli anticorpi anche dopo il vaccino'

Appello di studiosi italiani: “Fondamentale conoscere la risposta immunitaria”

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‘Test su anticorpi sì’ o ‘test su anticorpi no’? Il mondo scientifico in queste settimane si divide tra chi sostiene che un test anticorpale dopo il vaccino sia un inutile spreco di tempo e di denaro e chi invece ritiene che si tratti di uno strumento prognostico fondamentale.

È il caso di tre studiosi italiani di rilievo come Mario Plebani, del Dipartimento di Medicina di laboratorio, Azienda-Ospedale, Università di Padova, Giuseppe Banfi, dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi e Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e Giuseppe Lippi, della Sezione di Biochimica Clinica dell’Università di Verona.

“Ci sono ormai numerosi lavori nella letteratura che dimostrano come ci sia un correlato tra il livello degli anticorpi, specialmente di quelli neutralizzanti, la gravità della malattia e il grado di protezione“, spiega Plebani, ordinario di Biochimica clinica e biologia molecolare dell’Università di Padova.

Lo studioso cita in particolare 3 lavori. “Uno, su Lancet, ha chiarito che la presenza di anticorpi a un certo livello è correlata con un 99,8% di minor probabilità di infezione. Un altro lavoro, in Danimarca, indica che la probabilità è dell’80% inferiore; mentre un altro lavoro su Lancet Infectious Diseases parla della reale utilità clinica dell’analisi sierologica, enfatizzando l’importanza di valutare i rapporti fra anticorpi e anticorpi neutralizzanti, che rimangono il reale riferimento per valutare la risposta immunitaria umorale del soggetto all’infezione”.

Inoltre, a fronte dello sviluppo di oltre 270 candidati vaccini, 90 dei quali nella fase di trial clinico, “per valutarne l’efficacia sono stati misurati gli anticorpi”. In particolare quelli diretti contro la proteina Spike.

In un documento inviato a ‘Biochimica Clinica’ i tre esperti sottolineano come “lo studio della risposta immunitaria verso Sars-CoV-2 abbia assunto importanza rilevante fin dall’inizio della pandemia da Covid-19”. Ma, aggiungono, “risulta ancor più importante oggi, nel contesto dello sviluppo di nuovi vaccini e nella valutazione dell’efficacia di quelli approvati ed utilizzati nella pratica clinica”.

Nel documento si invitano le “autorità competenti a livello nazionale e regionale” ad attivare nei Centri di riferimento “la valutazione degli anticorpi anti-Sars-CoV-2 con metodi validati e ben correlati con l’attività neutralizzante, da utilizzare nella valutazione della risposta immunitaria di soggetti e pazienti fragili“.

C’è un altro elemento che sottolinea Plebani : ”La letteratura ha dimostrato che per alcune categorie ‘deboli’ lo studio della presenza di anticorpi neutralizzanti è fondamentale, per esempio per evitare che vi siano risposte immunitarie eccessive e quindi effetti anche seri sulla salute. Con la medicina di precisione possiamo meglio intervenire sulle necessità di ciascuno, mappare meglio la popolazione. Per esempio sarebbe molto utile che per il rientro a scuola si facessero sui giovani i test salivari. Facendolo due volte al mese e monitorando così eventuali ‘portatori sani’ del virus si potrebbero evitare cluster, chiusure e tutto quello che ne consegue. In ogni caso penso che ogni modello di ‘mappatura’ sanitaria della popolazione, dal momento che nessuno di noi sa dove saremo tra un paio di anni, sia utile per tutti noi e per il mondo scientifico” conclude Plebani.