Differenze generazionali nella comunicazione aziendale
Comunicazione intergenerazionale tra Boomer, Millennial e Gen Z: barriere e opportunità nel mondo del lavoro attuale, con un cenno al marketing generazionale
Comunicazione e Marketing Intergenerazionale: superare le barriere e sfruttare le peculiarità di Boomers, Millennials e Gen Z per un'azienda più inclusiva ed efficace
Il mondo del lavoro, soprattutto nel terziario, è cambiato profondamente negli ultimi anni, con un’accelerazione sostanziale durante e in seguito alla pandemia, e un ulteriore boost dato oggi dall’AI, diventando sempre più interconnesso e diversificato.
La comunicazione aziendale, verso l’esterno come promozione e marketing ma anche e soprattutto verso l’interno, dal punto di vista dei quotidiani processi di lavoro e delle risorse umane, svolge un ruolo cruciale nel garantire l'efficacia operativa e il benessere dei dipendenti. Le differenze generazionali, però, si fanno sentire nei contesti d’azienda e possono creare barriere significative che, se non affrontate, rischiano di minare la produttività e la coesione dei team.
Questo articolo esplora le principali barriere comunicative tra le generazioni più rappresentative e differenti, presenti oggi nelle imprese italiane: Boomer, Millennial e Gen Z.
Generazioni in azienda, quali le barriere comunicative da superare?
In ogni ufficio convivono generazioni con esperienze, valori e preferenze comunicative molto diverse. Basti pensare alla capacità di usare nativamente strumenti digitali, alla preferenza per il lavoro in presenza o all’idiosincrasia verso tool di project management: ogni gruppo di età simile tenderà ad avere i propri mezzi preferiti per contattare i colleghi, vedendo come superate o aliene le abitudini di comunicazioni di chi è più agée o di chi è più giovane.
Prendiamo in considerazione, per primi, i Boomer, i figli del secondo dopoguerra nati fino a circa la metà degli anni ‘60: persone d’esperienza, professionisti senior over 55 in odore di pensionamento, spesso con ruoli apicali di leadership, cresciuti in un contesto dove la stabilità, il commitment pluridecennale a una sola azienda e la gerarchia erano valori fondamentali. Tendono a preferire una comunicazione formale e strutturata, come riunioni di persona o telefonate classiche, al massimo messaggi su WhatsApp, che sono la forma di comunicazione digitale che meglio riescono a padroneggiare. Per loro il confronto è diretto, personale, sincrono, possibilmente faccia a faccia, tanto da vederli spesso schierati contro lo smart working e poco avvezzi alle conf-call.
Questa loro minore familiarità con le piattaforme digitali può rappresentare una sfida nel tenere il passo con le modalità di comunicazione più moderne. Inoltre, il loro formalismo gerarchico potrebbe essere percepito come distante o troppo rigido dalle generazioni più giovani, abituate a una comunicazione più diretta e informale.
Ci sono poi i Millennials, nati tra il 1981 e il 1996, la generazione che ha vissuto il passaggio dall’analogico alla tecnologia digitale, nonché l’avvento nelle case di PC, Internet e telefonini. Hanno un approccio flessibile e rapido nella comunicazione, ma spesso molto “filtrato”: amano gli strumenti digitali asincroni e testuali, come e-mail, chat aziendali e piattaforme collaborative online. Tra alzare la cornetta e scrivere, sceglieranno sempre la seconda opzione. Valutano molto l'autenticità e la trasparenza nei rapporti lavorativi, con qualche contraddizione: ad esempio, non danno importanza alla gerarchia e ai formalismi, pur vivendo ancora - almeno in parte - il mito del “fare carriera” inculcato dalle generazioni precedenti.
Per questo, possono percepire la comunicazione formale dei Boomers come una gabbia, poco adattabile alle loro esigenze di flessibilità. Inoltre, potrebbero sentirsi frustrati in ambienti eccessivamente gerarchici, dove la loro voce non viene ascoltata con immediatezza e dove non possono dare del “tu” anche al CEO. Amano lo smart working e sanno organizzarsi bene in remoto, tanto da mal tollerare dinamiche old-style come la presenza obbligatoria in sede, il micro-management e le telefonate interruttive non preannunciate.
C’è poi la Gen Z, la prima generazione davvero nativa digitale: sono i nati tra il 1997 e il 2012, la nuova leva del mondo del lavoro. Questi giovani lavoratori sono abituati a comunicare principalmente attraverso canali digitali e multimediali, preferendo messaggi brevi, vocali e mini-video, pur non disdegnando il confronto vis-à-vis in alcuni contesti. In questo senso, sono quasi più “maturi” dei loro fratelli maggiori Millennial! Sono molto orientati all'immediatezza e si aspettano un alto livello di rispetto nelle comunicazioni aziendali anche da parte di professionisti molto più anziani di loro.
La loro padronanza della tecnologia li porta a preferire comunicazioni veloci e sintetiche, ma questo può creare tensioni con le generazioni più anziane, che potrebbero non apprezzare l'informalità o la rapidità del loro stile comunicativo. Hanno anche un nuovo approccio al lavoro, professionale ma orientato alla tutela del proprio spazio-tempo personale, quindi non sono più votati a quell’annullamento workaholic che ha caratterizzato le generazioni precedenti, e questo potrebbe creare tensioni e fraintendimenti in ufficio.
Emerge in modo chiaro che le differenze generazionali rappresentano sia una sfida che un'opportunità per le aziende. Superare le barriere comunicative richiede un approccio flessibile e adattivo, capace di integrare le diverse esigenze e preferenze di ogni generazione per prendere il meglio da ciascun modello e far cooperare l’esperienza con la freschezza, la struttura con la creatività.
Marketing generazionale, sfruttare le peculiarità di ogni fascia d’età per promuovere le imprese
E ribaltando questa prospettiva dai corridoi interni dell’ufficio al mondo esterno? Ci pensa il marketing generazionale, un insieme di strategie che adattano messaggi e promozioni alle specifiche caratteristiche di ogni generazione, per massimizzare l’impatto e l’efficacia di campagne e lead generation.
Comprendere le peculiarità delle diverse esigenze generazionali permette alle imprese di raggiungere il proprio target in modo più efficace, migliorando il ritorno sull’investimento.
Ciascuna delle tre generazioni citate sopra ha, infatti, anche preferenze relative ai propri canali più amati per ricevere messaggi promozionali, metodi di ricerca delle informazioni diversi e un processo d’acquisto prediletto.
Per i Boomers, le campagne di marketing devono enfatizzare valori come la qualità, la sicurezza e la tradizione; fruiscono ancora dei media tradizionali, come la televisione e la stampa, pur non disdegnando piattaforme social considerate ormai retrò dai più giovani, come Facebook.
Le strategie di marketing per i Millennials devono essere digitali, interattive e autentiche: questa generazione risponde bene a uno storytelling reale, che rifletta un impegno verso la sostenibilità e l'innovazione. Dato che amano la comunicazione testuale, tendono ad informarsi sul web tramite articoli lunghi, ma sono anche grandi fruitori di podcast e video su YouTube. Il Social del cuore? Instagram, of course. Da notare il fatto che c’è in atto una vera “operazione nostalgia” in questo momento, piuttosto efficace a dirla tutta, con la ripresa di film, musica e serie tv anni ‘80/’90, nelle quali i Millennial possano ritrovare le good vibes della propria infanzia e giovinezza.
Per la Gen Z, invece, il marketing deve essere altamente visuale e coinvolgente, breve e dinamico. Con loro funziona il pattern, basti pensare ai trend e ai format estremamente ripetitivi e riconoscibili di TikTok, piattaforma social cruciale per catturare la loro attenzione; importante anche il creator marketing, con influencer che rappresentino i loro valori e interessi.
Sfruttare le peculiarità di ogni fascia d’età nel marketing, dunque, può aiutare le imprese a raggiungere un pubblico più ampio e diversificato, promuovendo una personalizzazione reale, efficace e inclusiva.