“L’autosufficienza alimentare passa dall’acqua”

L’Italia (in secca) e la Giornata Mondiale dell’Acqua: passato e presente

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ANBI lancia il progetto “TerreVolute”

Più di cento giorni senza vera pioggia al Nord Italia. Il fiume Po è in secca al un livello idrometrico addirittura più basso che ad agosto. L’allarme siccità scatta proprio all’inizio della primavera quando le coltivazioni hanno bisogno di acqua per crescere.

Il fiume Po al Ponte della Becca è sceso a -3,3 metri ed è ai minimi del periodo da almeno trent’anni, l’intero bacino idrografico del nord è in magra, dal Piemonte al Veneto, dal Trentino Alto Adige al Friuli Venezia Giulia, dall’Emilia Romagna alla Toscana. E anomalie si vedono anche nei grandi laghi che hanno percentuali di riempimento che vanno dal 5% di quello di Como al 31% del Maggiore, secondo il monitoraggio della Coldiretti.

La siccità nella pianura padana – informa la Coldiretti – minaccia oltre il 30% della produzione agricola nazionale, fra pomodoro da salsa, frutta, verdura e grano, e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo. Le coltivazioni seminate in autunno come orzo, frumento e loietto iniziano ora la fase di accrescimento che rischia di essere compromessa dalla siccità. Ma a preoccupare è anche lo sviluppo dei prati destinati all’alimentazione degli animali perché se le condizioni di secca dovessero continuare, gli agricoltori saranno costretti a intervenire con le irrigazioni di soccorso dove sarà possibile. Dall’altra parte nei prossimi giorni partiranno le lavorazioni per la semina del mais, del girasole e della soia, ma con i terreni aridi e duri le operazioni potrebbero essere più che problematiche.

C’è uno straordinario, quanto drammatico obbiettivo comune tra il primo dopoguerra e l’attuale contingenza internazionale: l’autosufficienza alimentare del nostro Paese che, allora come oggi, vede protagonista le gestione delle acque irrigue, operata dai Consorzi di bonifica”: ad evidenziarlo è Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI e co-autore del volume “La grande storia d’Italia raccontata dall’acqua” (con Elisabetta Novello ed Erasmo d’Angelis), presentato a Roma in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua e dell’avvio di “ANBI 100”, il programma di iniziative, che accompagneranno il centenario della moderna Bonifica, quando  a San Donà di Piave, in provincia di Venezia, dal 23 al 25 marzo 1922 si riunirono esperti e studiosi da tutta Italia, nonché autorevoli esponenti politici come don Luigi Sturzo e Silvio Trentin, per precisare  i nuovi obbiettivi di un’attività caratterizzante la storia della Penisola fin dagli Etruschi.

Affinché la celebrazione non sia mera ritualità, ANBI ha lanciato il Progetto Terrevolute 2022 che, coinvolgendo, in 4 tavoli tecnici, esperti di 13 università italiane, oltre alle rappresentanze di Istituzioni e società civile, sta provvedendo a definire le nuove linee guida operative ed istituzionali della Bonifica, ad iniziare dagli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Unione Europea.

Significativa è la coincidenza del Centenario con l’avvio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Le missioni del P.N.R.R. sono tutte comprese nelle attività, che i Consorzi di bonifica svolgono per la gestione del territorio e nel progetto di valorizzazione del loro patrimonio culturale; declinandoli sul territorio, tali principi si traducono, ad esempio, negli 858 progetti, perlopiù definitivi ed esecutivi, del Piano Nazionale di Efficientamento della Rete Idraulica, finalmente assunta fra le infrastrutture strategiche del Paese, al pari di strade ed aeroporti; il documento di ANBI prevede un investimento complessivo di circa 4 miliardi e 339 milioni di euro, capace di attivare oltre 21.000 posti di lavoro. L’obbiettivo è ristrutturare ed ampliare un reticolo fatto di migliaia di chilometri di alvei e di opere ingegneristiche, reso inadeguato dall’estremizzazione climatica, dove una crescente siccità (ormai soprattutto nel Nord Italia) si alterna ad eventi atmosferici più violenti, nonché concentrati nel tempo e nello spazio. Pur continuando a cadere annualmente circa 300 miliardi di metri cubi di pioggia sulla Penisola, la percentuale di territorio a rischio desertificazione ha raggiunto il 21%, a testimonianza di un andamento pluviometrico “a macchia di leopardo”.

È evidente che una tale situazione climatica necessita di elementi stabilizzatori, in grado di fornire i necessari apporti idrici al territorio ed all’agricoltura, che produce cibo.

Una risposta a questa necessità sono i progetti lanciati da ANBI per la realizzazione di bacini perlopiù medio-piccoli e collinari, capaci di aumentare la percentuale d’acqua trattenuta al suolo (oggi ferma all’11% della pioggia annualmente caduta), abbinando funzioni civili, ambientali, energetiche, di prevenzione idrogeologica e di riserva idrica. Il più recente è il cosiddetto “piano laghetti”, elaborato assieme a Coldiretti: 10.000 serbatoi (6.000 aziendali + 4.000 consortili) da realizzare entro il 2030.

Resta, purtroppo, la cornice di un Paese, dove si continuano a “consumare” 16 ettari di territorio al giorno, aumentando il rischio idrogeologico, che ormai interessa il 94% dei comuni italiani. Da qui, la necessità di un grande sforzo per permeare l’Italia di quella cultura dell’acqua, fondamentale per garantire futuro ad un Paese in buona parte sotto il livello del mare.

Attraverso ricerca ed innovazione – conclude Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – dobbiamo dare risposte concrete alle esigenze del Pianeta di oggi e domani. E’ una responsabilità, che abbiamo verso le giovani generazioni.”