NPL Meeting, Banca Ifis: attesi € 82mld di nuovi flussi Npl nel triennio 22-24

Geertman (Banca Ifis): "Il momento è incerto, ma alcuni elementi di stabilità dell’economia italiana potranno giocare un ruolo di mitigazione"

di Alice Cubeddu e Marta Barbera
Corporate - Il giornale delle imprese

Banca Ifis, il futuro del mercato NPL e le strategie di de-risking nel contesto nazionale ed europeo discusse all’NPL Meeting 22

Si è tenuta a Cernobbio l’undicesima edizione dell’NPL Meeting, “Future Proof”, organizzato da Banca Ifis che ha visto avvicendarsi diversi ospiti ed esperti del settore per confrontarsi sull’attuale panorama macroeconomico e le future previsioni relativamente al mondo dei non-perfoming loans, sia a livello nazionale che internazionale. Dal Market Watch Npl di Banca Ifis presentato in apertura della conferenza, emerge uno scenario che risente dell’attuale crisi geopolitica, che si riverbera nell’incremento dei prezzi di energia, delle materie prime e dei beni alimentari, accanto all’aumento dei tassi di interesse dovuto alla politica monetaria più restrittiva della BCE.

Frederik Geertman, Amministratore delegato di Banca Ifis, ha così presentato il quadro generale commentando: “Il momento è incerto ma abbiamo dei punti di forza che ci consentono di non affrontare queste difficoltà del tutto impreparati. I dati del Market Watch stimano una dinamica di nuovi flussi di deteriorato che, seppur più lieve quest’anno, arriverà a 82 miliardi di euro nel triennio 2022-2024, con un incremento di 10 miliardi rispetto alle precedenti previsioni di febbraio, con il picco al 2023. Alcuni elementi di stabilità dell’economia italiana potranno giocare un ruolo di mitigazione, come il risparmio delle famiglie, la liquidità delle imprese e la solidità e redditività delle banche. Queste ultime hanno infatti realizzato un importante lavoro di de-risking sui propri bilanci e lavorano per un ulteriore miglioramento degli Npe ratios. Questo è possibile grazie all’industria italiana di investimento e servicing degli NPL che si è dimostrata infatti particolarmente vitale anche nel confronto con quella europea, svolgendo un ruolo cruciale per la stabilità del sistema”.

Il comparto italiano degli Npl ha visto crescere l’importanza del suo ruolo, consentendo alle banche di realizzare un importante de-risking sui propri bilanci, con una stima di 357 miliardi di euro di portafogli Npe ceduti tra il 2015 e il 2022. A conferma della vitalità dell’industria degli Npl anche una crescita continua dei ricavi dal 2013 al 2021 (+90% sull’intero periodo), che proseguirà con un +9% nel 2022 e +4% nel 2023, con volumi elevati di vendita previsti (47 miliardi di euro di Npe nel 2023 e 33 miliardi nel 2024). Nei primi 9 mesi del 2022 sono stati transati 22 miliardi di euro di portafogli Npl e Utp (dato aggiornato al 15 settembre) mentre per l’intero 2022 sono attese transazioni Npl per 35 miliardi di euro, con il mercato secondario, ormai componente di rilievo, che rappresenta il 30%.

"Oggi, più che mai", ha dichiarato Ernesto Fürstenberg Fassio, Vice Presidente di Banca Ifis, "il nostro Npl Meeting rappresenta non soltanto un’imprescindibile occasione di confronto tra i principali operatori del mercato, alla luce delle nuove sfide che deve affrontare l’economia italiana e globale, ma anche una preziosa risorsa per policymaker e stakeholder per comprendere il valore dell’industry degli Npl. Un’industry che negli anni - come dimostra il nostro Market Watch - ha svolto un ruolo determinante per la stabilità del sistema finanziario e si è confermata una risorsa per il Paese. Ma la gestione del credito deteriorato non è solo una questione di efficienza del business: lo sforzo collettivo deve andare nella direzione della sostenibilità, coniugando l’approccio industriale con quello improntato all’etica, che favorisca la re-inclusione finanziaria di famiglie e imprese. Siamo convinti che questa sia la vera chiave del successo per il nostro settore. Solo così potremo vincere le difficili sfide che ci attendono ed essere, davvero, Future Proof”.

Nel corso della mattinata, si sono avvicendati sul palco diversi relatori, tra cui Lucrezia Reichlin, Professor of Economics presso la London Business School, che ha illustrato la sua visione su quali siano le priorità per il Paese alla luce dello scenario macroeconomico, con uno sguardo all’impatto del Climate Change e a quanto quest'ultimo si farà sentire nel medio-lungo periodo. Reichlin ha anche anticipato come gli standard contabili per le aziende europee diventeranno obbligatori, ma nonostante questi saranno sicuramente molto pesanti, aiuteranno il mercato a prezzare il rischio climatico che si ritiene non 'prezzato' in modo adeguato.

Quando si parla di rischio climatico, si parla del rischio di transizione, visto che vi è un grande movimento verso gli investimenti verdi”, ha spiegato Reichlin, aggiungendo come a ciò si affianchi un significativo aumento dei prezzi attuale, dovuto alla guerra, "ma", conclude, “mi aspetto che nei prossimi decenni vi sia una grande riorganizzazione settoriale sia a livello di prezzi, per cui il settore deve essere pronto a prezzare, e le banche, soprattutto, devono essere pronte a prezzare questo rischio. Questo si traduce in rinnovate strategie di risk management”.

Proseguendo nell’analisi dell’attuale contesto geopolitico, Reichlin affronta l'impatto della crisi sulle banche e le relative strategie di ammortamento, ipotizzando tempi difficili, in cui non solo vi è un enorme aumento dei rischi per la trasformazione in atto, ma anche tanta incertezza sul timing dei relativi rischi. “Dobbiamo affrontare la transizione energetica, ma la dinamica temporale resta un’incognita”, conclude. Reichlin affronta anche il rischio politico per cui, spiega, non vi sono dei rischi immediati perchè sembra che i principali partiti abbiano compreso l'importanza della stabilità finanziaria. Tuttavia si può riflettere sul concreto problema che il rafforzamento dei partiti in Italia, che vede il progetto europeo non come una realtà in cui occorre fare più cose insieme ma come una cooperazione di Paesi che collaborano per il minimo indispensabile: "Questo dinamica sposterebbe il baricentro politico specie a livello europeo".

Corrado Passera, Founder & CEO, illimity ha commentato l'impatto del Pnrr e come questo possa rafforzare gli interventi in atto, accanto alle banche: “Pnrr e forza delle banche possono essere un pezzo di soluzione, quindi sta alla classe dirigente e alla politica parlare cosa fare per evitare la recessione e non rassegnarsi al suo arrivo e pensare come affrontarla, anche perché abbiamo risorse prima impensabili”.

Le parole di Frederik Geertman, CEO di Banca Ifis ad affaritaliani.it

Frederik Geertman, CEO di Banca Ifis, ha commentato i dati emersi nell'ultima elaborazione dell'Istituto, dove i dati sottolineavano come i crediti con profilo di rischio fossero un terzo di quelli in moratoria, risultando più elevati del 5% rispetto alla media europea. Abbiamo dunque chiesto di commentare i precedenti dati: "L’incidenza nei bilanci bancari, dei cosiddetti 'crediti stage 2', che sono 'bonis' quindi ancora formalmente paganti, hanno avuto un significativo incremento di rischio. Questo dato in Italia è intorno ai 15, dunque in media europea poco sotto i 10, perciò è vero che siamo leggermente più in alto rispetto alla media europea. Non credo possa essere definito uno tsunami, è però evidente che avere questo 15% di crediti in stage 2, statisticamente permetterà di generare un flusso in incremento di Utp e Npl che è lo stato effettivamente di default".

"Ci aspettiamo dunque un incremento di flusso dovuto a questa avvisaglia dagli stage 2", prosegue Geertman, "ma non uno tsunami, tanto è vero che quando pensiamo al grado di default rate che le banche italiane presentavano negli anni in cui abbiamo creato questo picco di Npl, erano molto più elevati. Quindi vediamo nel 2022 un tasso di insolvenza, un deafault rate più basso di quello che ci aspettavamo perché il covid è stato molto più leggero nei suoi impatti di quanto non si temesse, al 2023 un incremento deciso, nel 2024 una fase di assestamento. Complessivamente 82 miliardi non rappresentano per un’economia come la nostra uno 'tsunami', perché per stessa definizione offre l’idea di non poterlo gestire, e così non è. Questi 82 miliardi saranno oggetto di vendita, saranno acquistati da investitori e le banche rimarranno con bilanci molto ordinati".

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