Pubblicità per disincentivare le auto? Gitto (ADCI): "Retorica inefficace"
Le macchine come il tabacco? Il presidente dei pubblicitari: "Retorica inefficace, stimola il senso di colpa anziché la consapevolezza civica"
In Francia la pubblicità per le automobili è come quella delle sigarette
C’è preoccupazione tra le case automobilistiche, ma non solo, per la legge, appena entrata in vigore in Francia, ma che potrebbe estendersi anche ad altri paesi UE, che impone vincoli alle pubblicità dei veicoli a motore. La nuova normativa impone le pubblicità di auto debbono riportare messaggi che incoraggiano i consumatori ad alternative di mobilità meno inquinanti; misura peraltro al ribasso rispetto alla richiesta dei gruppi ambientalisti francesi che domandavano un bando assoluto degli annunci pubblicitari automobilistici, cosa che invece – come stabilito dalla nuova legge – la pubblicità dei veicoli che emettono più di 123 grammi di anidride carbonica per chilometro, come ad esempio i SUV, sarà completamente bandita dal 2028. Quindi già oggi transalpe, alla stregua come accade già per tabacco e alcuni tipi di cibi e bevande, le pubblicità di auto e veicoli su giornali, Tv e web riportano a rotazione tre diciture: "Prendi in considerazione il carpooling", "Per l'uso quotidiano, prendi i mezzi pubblici" o "Per viaggi brevi, opta per camminare o andare in bicicletta", tutte accompagnate dall’hashtag #SeDeplacerMoinsPolluer", ovvero Muoversi senza inquinare. Gli annunci dovranno includere anche la classe di emissione di CO2 di un veicolo, un nuovo sistema di classificazione per informare i consumatori sull'impatto ambientale.
Per il presidente dei pubblicitari bisognerebbe "puntare sul senso civico"
“Molta retorica e poca efficacia, non vedo altro che questo in questo provvedimento che mi auguro rimanga confinato oltralpe – commenta Vicky Gitto presidente dell’ADCI Art Directors Club Italiano, l’associazione che da 40 anni riunisce i migliori pubblicitari del nostro paese – anche perché con questa logica di scaricare colpe e responsabilità sul consumatore, stimolando ed agendo sul ‘senso di colpa’ è perversa quanto inefficace. I decisori, magari in una logica collaborativa con i brand meglio farebbero a lavorare sulla consapevolezza e sull’educazione civica, in un processo che deve quindi essere ponderato e ragionato a livello macro nel medio e lungo termine. E non con ‘operazioncine’ estemporanee”.