Sugar tax, per gli italiani misura inutile e indigesta
Per Assobibe la tassa colpirà i più poveri e i prodotti tradizionali
“La Sugar tax prevista in Italia, e rinviata al 2023, secondo gli italiani è inutile per la salute e dannosa per le tasche dei consumatori, per il comparto e per tutta la filiera. Secondo gli italiani, così come è stata formulata, la tassa sulle sole bevande analcoliche edulcorate non produrrà effetti benefici sulle abitudini alimentari, ma rappresenterà solo un’ennesima imposta a danno soprattutto delle categorie più povere” è questa una delle evidenze che emergono dall’ indagine condotta da Nomisma per conto di Assobibe, associazione di Confindustria, che rappresenta i produttori di bevande analcoliche. L’indagine ha preso in esame un campione di 1.200 italiani tra i 18 e i 65 anni.
La Sugar tax, rimandata per la terza volta dalla sua introduzione e ora prevista in vigore dal 1° gennaio 2023, si applicherà alle bevande caratterizzate dal gusto dolce, siano esse con o senza zucchero. Ma l’imposta, pari 10 euro ad ettolitro di bevanda che grava sui produttori, piace agli italiani?
“Secondo l’indagine Nomisma, il 67% dei consumatori è per nulla o poco d’accordo con questo provvedimento perché lo ritiene inutile ed uno strumento creato unicamente per generare introiti” spiega Giangiacomo Pierini, Presidente di Assobibe. Ed ancora più evidente il dissenso degli italiani quando scoprono che la tassa colpisce anche le bevande analcoliche senza zucchero: in questo caso la percentuale dei contrari o poco favorevoli sale all’83%”.
Non convincono inoltre le finalità dell’imposta. Secondo gli intervistati, infatti, la Sugar tax non porterà ad una riduzione significativa dei consumi di bibite analcoliche visto che per il 76% non favorirà la riduzione dell’obesità tra i giovani e per il 77% non faciliterà una corretta alimentazione. Va ricordato, infatti, che le bevande analcoliche sono responsabili solo dell’1% dell’apporto di zucchero assunto ogni giorno.
La maggior parte dei connazionali (64%) la ritiene semplicemente uno strumento per generare ulteriori introiti per lo Stato, a discapito soprattutto delle fasce di reddito più povere (lo pensa il 59%) e dei prodotti tipici della tradizione italiana come chinotti, spume e gassose (per il 58% degli intervistati).
“Hanno ragione – conferma Pierini -perché secondo le stime Nomisma l’introduzione della tassa comporterà un aumento del prezzo medio del 13% per le aranciate, dell’11% per chinotti, sode, limonate e aperitivi analcolici, solo per citarne alcuni. Non usciremo dalla crisi con una manovra espansiva di un anno e nel clima di generale incertezza e difficoltà in cui presumibilmente saremo ancora a gennaio 2023 mettere mano alle tasche degli italiani con una ulteriore tassa che colpisce i consumi suona come una contraddizione rispetto alle intenzioni dichiarate dal Governo di tagliare le tasse per sostenere la ripresa”.
Da tempo i consumatori italiani hanno ridotto in maniera costante il consumo di bevande zuccherate e l’Italia è il Paese Europeo con il più basso consumo di bevande analcoliche. Inoltre, le versioni senza calorie delle bevande analcoliche , sono cresciute in dieci anni del 74%.
In parallelo le aziende hanno intrapreso un percorso con il Ministero della Salute per ridurre il contenuto di zucchero immesso in consumo del 27% e un ulteriore taglio del 10% è previsto nel 2022.
“In questo quadro, sembra davvero non avere alcun senso demonizzare un solo prodotto, che oltretutto rappresenta la tradizione italiana, fingendo di non sapere che il 99% dell’introito di zuccheri proviene da altre fonti – conclude Pierini -. Il contrasto all’obesità è una priorità e per questo non possiamo accontentarci di una soluzione inefficace e illusoria”.