Nvidia perde ancora e Microsoft chiede più regole sull'IA. È iniziato l'autunno dell'Intelligenza Artificiale?

Dubbi sulla reale portata economica dell'IA, ma regole più rigide potrebbero ostacolare gli investimenti e rallentare la crescita del mercato.

di Maddalena Camera
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Nvidia dai massimi di giugno ha perso il 22%. La bolla dell'IA sta già scoppiando?

L'intelligenza artificiale e le sue applicazioni stanno suscitando qualche dubbio negli investitori. Basta pensare che Nvidia, il produttore dei mega chip per l'Ai, ha perso in un mese il 22% rispetto ai massimi registrati a giugno. Non molto dopo il galoppo sfrenato, +160%, nella prima parte dell'anno ma abbastanza per innescare dubbi sulla reale portata economica dell'Ai con la conseguente ondata di vendite sui titoli tecnologici anche a causa di trimestrali, come quella di Intel, inferiori alle attese.

Dubbi persistenti dunque alimentati anche da una lettura attenta dei conti di Google (Alphabet) che ha riportato investimenti enormi in Ai senza piani precisi per la generazione di utili tramite questa tecnologia. Su Nvidia si addensano anche le nubi provocate dall'avvio di una indagine Antitrust da parte del governo Usa in seguito alle denunce di produttori di chip concorrenti. Secondo i concorrenti Nvidia avrebbe abusato del suo dominio nel mercato dei chip per i server che alimentano l'Ai. Il risultato è stato un ribasso del titolo del 6,7% giovedì 1 agosto in concomitanza con l'ampio ribasso dei tecnologici al Nasdaq.

Da sottolineare inoltre che l'impiego dell'intelligenza artificiale non è senza problemi, tanto che Microsoft, il principale investitore nell'Ai di ChatGpt, ha affermato che gli Stati Uniti hanno bisogno di nuove leggi per ritenere responsabili le persone che abusano di questa tecnologia. E infatti l'Ufficio per il copyright degli Stati Uniti ha pubblicato un rapporto sulle questioni legali e politiche relative al copyright e all'intelligenza artificiale, soprattutto in materia di deepfake. Il rapporto del governo raccomanda che il Congresso promulghi una nuova legge federale che protegga le persone dalla distribuzione consapevole di repliche digitali non autorizzate e offra raccomandazioni su come tale legge dovrebbe essere elaborata. 

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Microsoft chiede dunque che venga approvato uno statuto completo sulle frodi deepfake, per colpire  i criminali che utilizzano le tecnologie di intelligenza artificiale per rubare o manipolare gli utenti della rete.  Infatti usando l'Ai risulta molto semplice creare siti web credibili che ingannano e derubano chi cade nella trappola. Anche se sono solo un paio di anni che gli strumenti di chatbot AI di Microsoft, Google, Meta e OpenAI sono stati resi disponibili gratuitamente, il numero di truffe, secondo Microsoft, sono già impressionanti. Ovviamente Microsoft, regina delle cause Antitrust, non chiede più regole per questioni puramente etiche ma per evitare i miliardi di cause che le pioverebbero addosso in caso di truffe seriali con l'Ai implementate con i suoi software. Il rovescio della medaglia è che regole più stringenti non favorirebbero gli investimenti e la crescita del mercato. E dunque l'ingrediente magico, ossia l'Ai, che ha portato i titoli tecnologici a nuovi massimi, non è più garanzia di successo.