Opa Cattolica, rumors: Buffett punta sul rilancio delle Generali
Adesione-ricapitalizzazione: il dilemma del piccolo socio nell'Opa lanciata dalla compagnia di Philippe Donnet sul gruppo scaligero delle polizze
Lapresse
Al termine della seduta di Borsa di ieri, 13 ottobre, l’adesione all’Opa che Assicurazioni Generali ha lanciato su Cattolica era pari al 15,57% del totale, ovvero 27,14 milioni di azioni con il via libera di 23.542 richieste. Se si pensa che l’11,8% fa riferimento al pacchetto di azioni proprie della stessa compagnia assicurativa scaligera, è facile notare come questo processo stia avvenendo abbastanza a rilento. Ma a suffragio del Leone e della riuscita finale dell’operazione ci sono almeno quattro elementi: il primo è temporale, visto che tradizionalmente le offerte pubbliche di acquisto si chiudono sempre nell’ultima settimana.
È il normale gioco delle parti: si aspetta fino all’ultimo di vedere se si possa strappare un prezzo migliore, poi si accettano le condizioni del compratore. Il secondo elemento è quantitativo: secondo il discussion paper di Consob, “le Opa in Italia dal 2007 al 2019”, pubblicato a gennaio di quest’anno, la media del tasso di adesione per le Opa su aziende quotate è del 58,5% su 148 operazioni prese in esame. Una cifra che si alza al 66,6% se si considera il valore mediano. Ora, se si legge il prospetto si vede che l’obiettivo è ovviamente quello di acquistare l’intero capitale sociale dell’emittente. In alternativa, l’idea sarebbe quella di ottenere il 66,67% del capitale sociale con diritto di voto o almeno il 50% più un’azione. Il passaggio successivo, come da presentazione dell’offerta è la revoca delle azioni di Cattolica dalla quotazione sul Mercato Telematico Azionario.
Il terzo elemento da tenere in considerazione è di carattere economico: è vero che il prezzo di Opa (6,75 euro) è inferiore a tutti i valori azionari dal 31 maggio – data di annuncio dell’offerta – in poi. Ma è anche vero che è stato garantito al momento del lancio dell’operazione un premio del 40,5% sull’andamento annuale del titolo. Un prezzo oltretutto giudicato congruo dal cda di Cattolica, tenendo conto che prima dell’avvento di Generali il livello di solvency era decisamente più basso.
Bocche ovviamente cucitissime dalla sede del Leone sul tema del prezzo delle azioni: naturale che se trapelasse la possibilità di cambiarlo in corsa si determinerebbe uno stallo nell’Opa stessa con il rischio di arrivare agli ultimi giorni un po’ “strozzati”, con i detentori delle azioni che cercherebbero di strappare una valutazione migliore. Ma non è questo il caso.
Il quarto tema da ricordare è di carattere opportunistico: fermo restando che il prezzo è ovviamente l’argomento più interessante per gli azionisti, è bene ricordare – come ha sottolineato l’Ivass – che Cattolica necessita di un aumento di capitale da 200 milioni e che questo provvedimento diventerà non più procrastinabile se dovesse fallire l’Opa di Generali. Tradotto: gli azionisti, pro quota, dovranno mettere mano al portafoglio.
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La scommessa è dunque tutta qui: tenere duro, sperando in un rilancio di Generali oppure poi trovarsi un domani a dover mettere mano al portafoglio se il Leone dovesse abbandonare? O è preferibile prendere la palla al balzo e poi magari mangiarsi le mani per un’offerta più allettante dell’ultima ora? Come riportava il Sole 24 Ore, la Fondazione Banca del Monte di Lombardia, detiene una quota del 3,87% che è stata svalutata da 10,85 a 6,75 euro per azione. Sommando le stock di Generali (24,49% della compagnia), il 15,57% che ha già aderito all’Opa e il 3,87% di Fondazione BML – che non avrebbe grandi interessi a tirare sul prezzo – si inizierebbe a vedere il 45% del capitale.
Sarebbe un buon inizio. C’è un ultimo corollario da tenere a mente, anche se ha in pancia asset per oltre 700 miliardi di dollari: si tratta di Berkshire Hathaway, il fondo di Warren Buffett che, tramite la sua General Reinsurance Ag, detiene una quota significativa del capitale di Cattolica. Era il 9,047% ma, dopo l’aumento di capitale dedicato a Generali da 300 milioni complessivi, è sceso intorno al 6%. Il valore di carico è di 7,35 euro per azione, ovvero 60 centesimi in meno per titolo. Si sa che l’oracolo di Omaha non ama perdere soldi e dunque c’è da giurare che venderà cara la pelle.
Con ogni probabilità – come riferiscono fonti accreditate ad Affaritaliani.it – tenterà di strappare un prezzo migliore dal Leone. Ma va tenuta in conto un’ulteriore variabile: cioè che se Buffett dovesse partecipare all’aumento di capitale post fallimento dell’opa dovrebbe mettere mano al portafoglio e, con ogni probabilità, si ritroverebbe un titolo deprezzato non solo rispetto al valore di carico, ma anche rispetto all’offerta di Generali. Un doppio schiaffo che sarebbe difficile da digerire.
D’altro canto, il peso di Buffett è estremamente significativo, perché ha la quota più importante (dopo Generali e le azioni proprie di Cattolica) all’interno della compagnia di assicurazioni e può quindi cercare di muoversi con maggiore determinazione per provare fino all’ultimo a spuntare qualcosa in più. I primi dieci giorni di Opa sono trascorsi senza grandi scossoni. Da qui al 29 ottobre, termine ultimo – salvo proroghe – dell’offerta, potrebbero registrarsi accelerazioni improvvise.