Pensioni, ipotesi choc contributivo anche per chi ha iniziato col retributivo
L'opzione di rendere strutturale la quota 102 e la novità di calcolare gli assegni interamente su base contributiva
Pensioni, il tavolo della riforma
Mentre continua il pressing dei sindacati sulla riforma delle pensioni, l'Inps fissa un nuovo paletto e stabilisce che, alla luce della speranza di vita che si riduce a causa dalla pandemia, anche nel 2023 i requisiti per poter accedere alla pensione di vecchiaia non cambiano: l'uscita resta confermata a 67 anni mentre sul fronte contributivo resta fissato il tetto dei 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne) per poter uscire senza limiti di età.
Pensioni, il nodo più spinoso della flessibilità in uscita, anticipando il tetto dei 67 anni
Uno stop all'innalzamento dei requisiti che segue quello già introdotto lo scorso anno.Un primo punto fisso in attesa di vedere l'esito della trattativa in corso sulla riforma. I sindacati spingono per arrivare a una rapida convocazione di un tavolo politico in cui far sintesi sugli aspetti affrontati nelle scorse settimane a livello tecnico. Il governo per ora non ha ancora fissato una data. Il nodo più spinoso resta quello della flessibilità in uscita, anticipando il tetto dei 67 anni.
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Pensioni, la possibilità di rendere strutturale la quota 102
Dal governo è arrivata un'apertura e il punto di caduta sembra essere quello dei 64 anni con 38 anni di contributi. Verrebbe così resa strutturale la quota 102 introdotta per ora solo per quest'anno. La dolorosa novità sarebbe quella di calcolare gli assegni interamente su base contributiva, anche per chi ha iniziato a lavorare in regime retributivo, assai più vantaggioso. Una prospettiva che decisamente non piace ai sindacati che temono un vero e proprio "massacro" degli assegni, in particolare per chi godrà importi più bassi.
Pensioni, il taglio dell'assegno
Per addolcire il taglio il governo potrebbe proporre un tetto alla riduzione non superiore al 3% per ogni anno di anticipo: chi deciderà di lasciare il lavoro a 64 anni, con tre anni di anticipo, si vedrà la pensione decurtata circa del 9-10%.
Porta sbarrata del governo invece sulla proposta dei sindacati di concedere l'uscita senza penalizzazioni per chi ha raggiunto i 41 anni di contributi: una strada giudicata troppo onerosa per le casse dello Stato.