Pensioni, rischia di saltare tutto: due soluzioni per salvare l'Italia

Con il drastico calo delle nascite il sistema previdenziale italiano non è più sostenibile

di Redazione Economia
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Le nascite sono in calo e la popolazione invecchia: pensioni al collasso

L'invecchiamento demografico in Italia sta diventando un vero e proprio macigno per la crescita economica del nostro Paese. Secondo i dati aggiornati al 2023 da Bankitalia, dall'inizio del 2019 abbiamo perso quasi 800.000 persone in età lavorativa. Questo si riflette inevitabilmente nei dati sulle pensioni dei dipendenti pubblici: sebbene il numero totale di pensioni versate sia aumentato dello 0,9% al 1° gennaio 2024, raggiungendo 3,1 milioni per un valore di 90,1 miliardi di euro, nel 2023 il flusso di nuovi assegni pensionistici è crollato del 9,8% rispetto all'anno precedente. Questo calo, nonostante un aumento del 4,1% nell'importo medio, è attribuito allo svuotamento delle generazioni pensionabili.

In Italia, il divario tra lavoratori e non lavoratori è preoccupante. Oggi, per tre che lavorano, due non lo fanno. In altre parole, al momento, per ogni tre persone che lavorano, due non contribuiscono direttamente al reddito nazionale. Signfica che tra qualche anno ogni lavoratore attivo dovrà sostenere finanziariamente uno che non genera alcun reddito, privando così il fondo pensioni di una parte essenziale del suo finanziamento.

L'invecchiamento della popolazione e la disoccupazione giovanile accentuano ulteriormente questo squilibrio. Attualmente gli over sessanta dominano il mercato del lavoro, costringendo molti a lavorare fino ai settant'anni, anziché godersi una meritata pensione. A questo si aggiunge il fatto che rispetto al 2022, le nascite sono diminuite di 14.000 unità, un calo del 3,6%. Rispetto al 2008, l'ultimo anno di “picco”, il calo è superiore a un terzo (-34,2%), con quasi 200.000 nuovi nati in meno in soli 15 anni.

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Dati che rivelano un aumento significativo dell'indice di vecchiaia, che misura il rapporto tra il numero di persone anziane (di 65 anni e più) e il numero di giovani (di età compresa tra 0 e 14 anni). Indice che è passato dal 187,6% nel 2021 al 193,1% nel 2022, segnando un netto cambiamento demografico rispetto al 148,7% del 2011. Più specificamente, nell'Italia del 2022, si registra un rapporto di un bambino ogni 5/6 anziani. Un vero e proprio sbilanciamento generazionale.

E' un inverno demografico. Il deficit di nascite persiste e fa sì che i lavoratori entranti non riescano a compensare il numero di chi va in pensione. La spesa pensionistica vive però dei contributi versati dai lavoratori attivi, e questi sono di meno per effetto del calo demografico. Il risultato? Assegni pensionistici ridotti, vita lavorativa prolungata e un maggiore carico contributivo sui lavoratori.  Attualmente, le pensioni divorano il 48% del bilancio continentale. O si lavora di più, fino a 70 anni e più, oppure ci si dovrà affidare alla previdenza complementare. E le previsioni non sono rassicuranti: con sempre meno nati e una popolazione che invecchia, il sistema pensionistico italiano potrebbe davvero implodere.

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