Lavoro: più motivazione e produttività, il leader gentile porta crescita

Il sondaggio di Swg: giusta dose tra empatia, ascolto e capacità di motivare

di Redazione
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La gentilezza nel lavoro, nei rapporti personali e in politica

La gentilezza è vista come il primo passo di qualunque relazione, sia personale che professionale. A patto, però, che non intralci la sincerità e la franchezza e non sia d’ostacolo al raggiungimento di un fine, soprattutto negli affari e nella politica.

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In ambito lavorativo essere gentili non solo può facilitare le relazioni tra pari ma anche quelle gerarchiche: 3 italiani su 4 ritengono che se un leader aggiunge alle sue qualità la gentilezza rafforza la sua posizione. Essere un manager «gentile» non si traduce solo nella cortesia dei modi (comunque imprescindibili per quasi il 50% degli intervistati) ma ha ben altre sfaccettature.

In primo luogo deve trovare la giusta dose tra empatia, ascolto e capacità di motivare all’obiettivo i propri dipendenti, in secondo luogo deve saper comunicare in modo chiaro.

Ci sono infine altre soft skills che, secondo gli italiani, pur non essendo prioritarie possono affinare la definizione di leadership gentile e sono il problem solving, la trasversalità di relazione con i diversi livelli aziendali e la valorizzazione della diversity.

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In definitiva, è opinione comune che i benefici di un manager che sa applicare questa virtù con sapienza siano vari e abbiano un impatto diretto su tutta la realtà aziendale: il clima diventa più disteso, i lavoratori più motivati, fedeli alla causa e produttivi. E alla lunga un approccio di questo tipo può anche favorire la crescita aziendale.