Pop Lazio punta su territorio e clienti: l'antica ricetta vincente della banca

Attenzione per il territorio, rapporto diretto con il cliente e gender equity: su affaritaliani.it la storia di successo di una piccola realtà bancaria

Di Angelo Maria Perrino
Francesco Simone, direttore generale Pop Lazio 
Economia
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Intervista esclusiva di Affari al direttore generale di Banca popolare del Lazio, Francesco Simone

In questi anni nel mondo bancario abbiamo assistito a un serrato processo di acquisizioni e fusioni che hanno prodotto un grande processo di concentrazione in pochi grandi gruppi. Eppure sembra si possa affermare che è ancora valido lo slogan "piccolo è bello", a giudicare dal successo della vostra Banca Popolare del Lazio. Facciamo qualche numero? dipendenti, sedi, filiali, masse intermediate, utili? 

Sessanta filiali dislocate nel territorio storico della banca (Castelli romani e basso Lazio) e in tutto il territorio laziale, ivi compresa Roma. La banca ha un attivo di oltre 3,5 miliardi di euro ed impieghi per circa 2 miliardi. Nel 2021 ha chiuso con un utile consolidato di oltre 13 milioni di euro e con parametri di solidità patrimoniale di tutto rispetto (CET1 al 16.51%). 

Siete anche impegnati in un percorso di crescita attraverso acquisizioni, come la recente Banca Popolare di Valconca, chiusa il 16 maggio scorso, fuori dal vostro territorio laziale dove operate dal lontano 1904. Con

Banca popolare del Lazio, la storia

L’iniziativa ebbe origine nell’ambito del Ricreatorio cattolico “Silvio Pellico” di Velletri. In quell’epoca, tale ricreatorio era un luogo d’incontro tra illuminati personaggi dell’ambiente cattolico veliterno i quali, dibattendo i temi sociali del momento, sentirono l’esigenza di dare vita ad una struttura finanziaria che provvedesse a dare specifica protezione alle classi meno abbienti.

Si denominò “Cassa Agricola Operaia”. La neo-costituita ebbe un rapido sviluppo e beneficiò anche del sostegno di lire 1.000 da parte del Santo Padre. Il gesto munifico del Papa indusse gli Amministratori della Cassa a denominarla “Pio X” in segno di riconoscenza. Dagli anni Settanta, sotto la guida del prof. Renato Mastrostefano in qualità di Direttore Generale, inizia un progetto di sviluppo che porterà la Banca alla trasformazione in “Popolare” (1993) e infine – grazie alla fusione con la Banca Popolare di Terracina – all’attuale forma e denominazione di “Banca Popolare del Lazio” (1994). Nel 2009, e poi anche nel 2013, la Banca si aggiudica il premio “Creatori di Valore” nell’ambito del Milano Finanza Global Awards, nello stesso anno il prof. Renato Mastrostefano (già Direttore Generale e Amministratore Delegato) diventa Presidente. Nel 2010 si completa l’asset manageriale tuttora in carica con la nomina a Direttore Generale di Massimo Lucidi. In base alla Legge 33/2015 sulla trasformazione in SPA delle banche popolari con un attivo di bilancio superiore agli 8 miliardi di euro, nel 2015 la Banca Popolare del Lazio rimane nel ristretto gruppo delle prime 10 banche popolari a livello nazionale che hanno conservato tale status, nonché tra le prime 20 banche popolari indipendenti.

quali obiettivi?

Il gruppo sin dal 2020 ha avviato un complesso progetto di ristrutturazione, attuato tramite una strategia di rafforzamento e di nuovo approccio al mercato, incentrato sul ruolo di Blu banca, Spa controllata dalla BPlazio al 99.5%. Nell’ottica di proseguire nell’attuazione del più ampio progetto di sviluppo, BPLAZIO ha presentato una offerta vincolante accolta positivamente dalla BPV. Il mutato contesto competitivo di riferimento della industry bancaria richiede una naturale diversificazione del modello di business e la ricerca di economie di scala per incrementare la profittabilità e renderla sostenibile nel medio periodo. Tale obiettivo il gruppo vuole conseguirlo con una crescita organica ma anche con una crescita inorganica, come l’acquisto di piccole banche a matrice popolare. 

Qual è il valore aggiunto che la piccola banca del territorio può offrire al cliente-consumatore rispetto alla grande banca?

Se ben gestita, efficiente ed organizzata, la banca piccola potrà avere quale fattore critico di successo la presenza nel territorio, valore che una grande banca non può più permettersi. La fidelizzazione della clientela, la conoscenza della stessa potrà rappresentare un vantaggio competitivo rispetto al sistema.

Come avete gestito la rivoluzione digitale dell'home banking?

La rivoluzione digitale investe le banche sia in quanto aziende sia per i mutati comportamenti della clientela. La pandemia ha accelerato il trend di digitalizzazione sia della clientela che della banca fornendo servizi sempre più performanti ed apprezzati dai nostri clienti. Il gruppo però, pur mettendo a disposizione della clientela retail e corporate ogni strumento informativo a loro consono, non ha voluto mai cavalcare la piena digitalizzazione ma mantenere sempre una relazione con il cliente in ottica multicanale.

Quanto fate con i famigerati call center e family banker e quanto privilegiate il contatto umano col cliente?

Non abbiamo call center, non abbiamo family banker, abbiamo colleghi che cercano di servire il cliente e di trovar loro le soluzioni possibili a soddisfare le loro esigenze. Abbiamo professionisti che assistono la clientela, abbiamo consulenti dipendenti per la gestione del risparmio, abbiamo consulenti dipendenti per aiutare le imprese sia sul mercato interno ed esterno in apposite strutture. Per noi è fondamentale il contatto umano unito a professionalità, trasparenza ed operatività responsabile.

Le filiali sul territorio, gli impiegati allo sportello... costano e hanno indotto le grandi banche a smobilitare. Voi come avete fatto a mantenere il tradizionale approccio diretto col correntista? Come impatta sul vostro conto economico?

Le piccole banche fanno della vicinanza al territorio l’asset più importante. Una volta era naturale e semplice, oggi diventa sempre più complesso a seguito della riduzione della affluenza allo sportello da parte del cliente che riduce la redditività e fa aumentare il 'cost to serve'. E’ questo il motivo per cui le grandi banche stanno sempre di più riducendo la presenza delle filiali e stanno andando verso una forte digitalizzazione. La piccola banca non può permetterselo, fa parte della comunità, ha una funzione sociale sul territorio che presidia. Ecco quindi che deve pagare un costo più elevato per manenere questo modello ma se è efficiente, organizzata con processi interni automatizzati, può riequilibrare i costi aggiuntivi di questo modello di servizio attraverso la riduzione di altri costi (innovazione) e maggiore valore aggiunto da parte del cliente che sicuramente apprezza la relazione umana che il gruppo pone ad ogni livello. 

 

 

 

 

 

Chi è il vostro cliente-tipo? 

Non abbiamo un cliente tipo, abbiamo un privato, un agricoltore, un piccolo imprenditore, un professionista, che ovviamente cerchiamo di servire al meglio con un modello di servizio differenziato. Ovviamente abbiamo anche le aziende clienti corporate, ma il tessuto della piccola banca è soprattutto lo specchio della economia locale, che in italia è composta da micro e piccole imprese.

Chi comanda in Pop Lazio? com'è strutturata la vostra governance?

Il gruppo è detenuto da oltre 6.000 soci che storicamente hanno sostenuto la banca. La presenza attiva stimola gli organi di supervisione strategia a creare valore sia per la clientela, sia per i dipendenti che per la banca. Il gruppo ha un consiglio di amministrazione, un comitato esecutivo e gli organi di controllo come da normativa regolamentare (collegio sindacale, organismo di vigilanza e così via), ha un presidente del Consiglio di amministrazione esperto e profondo conoscitore delle realtà bancarie, un presidente del Comitato esecutivo ed un direttore generale. Nel corso degli anni la banca si è dotata di una struttura manageriale di spessore attraverso l’innesto di figure competenti e provenienti da banche di maggiori dimensioni.

Quante donne avete al vertice? 

La banca sempre di più sta orientandosi ad una politica gender importante. In consiglio di amministrazione sono presenti due figure femminili di spessore (vice presidente e presidente collegio sindacale) così come nelle principali strutture la presenza femminile sta assumendo un peso rilevante. 

Che cosa fate in termini di Csr per il territorio?

La banca di territorio ha nel proprio dna la corporate social responsability. Il gruppo destina importanti cifre per valorizzare e sostenere il territorio negli ambiti della cultura (con sponsorizzazioni per restauri di opere della zona così come nell’ambito della valorizzazione della lettura). Nel periodo pandemico la banca ha sostenuto le categorie più deboli grazie alle forti sinergie con la Caritas. Il gruppo quindi è particolarmente attento alle tematiche Esg, attraverso la ristrutturazione della sede centrale di Velletri con tutte le componenti ambientali ed energetiche.

Qual è il vostro bacino d'utenza? Si espande sino a Roma?

Il gruppo, come detto, nasce nei Castelli romani per accompagnare la forte presenza nel settore agricolo, poi si espande sempre di più nella zona sud del Lazio con quote di mercato importanti e si estende a Roma città metropolitana e le altre provincie del Lazio. E’ imminente l’apertura a Rieti, unica provincia del Lazio ancora non coperta.

Quanti e chi sono i vostri soci?

Come detto i soci sono 6.000. La presenza e la vicinanza alla banca è costante e nella continuità della matrice popolare che ha sempre caratterizzato questa banca i soci contribuiscono alla crescita e al rafforzamento patrimoniale del gruppo.

Vista la continuità col territorio e con la vita sociale locale si sente sulla banca il peso della politica?

Da sempre l’approccio della banca è stato orientato alla creazione di valore. L’attività svolta va in questa direzione e deve continuare così per dare servizi al cliente, alla comunità, ai dipendenti, veri valori a cui dar conto.