Presunto caporalato Armani, coinvolte due fornitrici italiane: ecco quali
Nello "scandalo" sono coinvolte anche le due società che formalmente hanno stipulato i contratti di fornitura l'Armani Operations
Presunto caporalato Armani, non solo opifici cinesi: coinvolte anche due ricche fornitrici italiane. Ecco quanto guadagnano
S’è fatto un gran parlare delle quattro ditte cinesi che nel Milanese producevano con lavoratori il più clandestini, mal pagati e in condizioni precarie, borse e cinture per Giorgio Armani attraverso la GA Operations. Ma l’aspetto meno noto della vicenda riguarda il primo anello della catena: le due aziende, una di Milano e una di Bergamo, con cui la GA Operations, commissariata dal tribunale di Milano, ha firmato i contratti per la produzione degli accessori. Si tratta della Manifatture Lombarde srl basata nel capoluogo lombardo e la Minoronzoni srl di Bergamo, che - va precisato - non sono indagate. I giudici scrivono tuttavia nel decreto di amministrazione giudiziaria che “l’azienda fornitrice dispone solo nominalmente di adeguata capacità produttiva e può competere sul mercato solo esternalizzando a sua volta le commesse ad opifici cinesi, i quali riescono ad abbattere i costi ricorrendo all’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento”.
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Ma i due fornitori di Armani, che hanno subappaltato ai cinesi, godono di ottima salute economica.
Manifatture Lombarde, detenuta al 50% da Alessandro Budel e dalla madre Katia Delfante, è stata fondata nel 1971 da Claudio Budel (padre di Alessandro) che peraltro nel 2007 perse la guerra dei marchi con il gigante Hermès per l’uso del logo “H” e che nel 2018 dichiarò all’Ansa: “Il mio sogno è quello di riportare la pelletteria a Milano: perché la pelletteria non è Firenze, è Milano”. In quell’anno l’azienda, allora denominata High Class, fu selezionata da Intesa San Paolo nel programma Imprese Vincenti anche “per la capacità di coniugare il saper fare italiano con la tecnologia”. I numeri della società di Budel nell’ultimo triennio post pandemia sono quelli di una crescita esponenziale: 22,7 milioni di euro di ricavi nel 2021, 25,1 milioni l’anno dopo e ben 35,7 milioni di venduto nel 2022, ultimo bilancio disponibile. Con un patrimonio netto di 3,2 milioni, la Manifatture Lombarde ha debiti per 19,2 milioni di cui 5,8 milioni verso banche (Intesa Sanpaolo, Bpm e Bnl) e dovrà rimborsare fra tre anni 1,5 milioni di obbligazioni sottoscritte da Invitalia a valere sul Fondo Patrimonio Pmi.
La Minoronzoni è stata fondata nel 1986 ed è interamente di proprietà di Giacomo Ronzoni, classe 1973 nato a Bonate Sotto (Bergamo) e già giocatore dell’Atalanta. L’imprenditore raccontò a “L’Eco di Bergamo”: “erano gli anni Ottanta e vado a un partita di tennis dove conobbi Luciano Benetton: pochi mesi dopo mi trasferisco a Petosino e inizio a fare cinture in pelle per l’azienda di Treviso, Poi ci spostammo a Ponte San Pietro e qui man mano siamo cresciuti, con il mondo delle griffe per cui produciamo le cinture: da Armani a Trussardi, H&M e Zara, fino ai brand americani che nel 1990 si riforniscono a Bergamo: Gap, Banana Republic, Ralph Lauren”. E anche i numeri dell’ultimo triennio della Minoronzoni mostrano un trend in salita: dai 38,3 milioni del 2021 ai 39,4 milioni l’anno successivo fino ai 42,3 milioni del 2023 (il bilancio chiude a marzo). L’azienda ha un patrimonio netto di 10 milioni e 19,5 milioni di debiti di cui 11,6 milioni verso banche.
Insomma, numeri significativi quelli dei due fornitori della società di Giorgio Armani, ma evidentemente non tali da consentire ai loro proprietari di non subappaltare le commesse ai cinesi, con tanto di lavoratori sfruttati. E adesso Pierantonio Capitini, nominato amministratore giudiziario della GA Operations, che dovrà rivedere i contratti di fornitura, li confermerà?