Raffaele Fitto, dalla Puglia alla Commissione europea: chi è il futuro pontiere tra Governo e Ue
Il ministro, nel suo nuovo probabile incarico, potrebbe e dovrebbe fungere da vero e proprio ponte tra Commissione europea e governo italiano
Raffaele Fitto, dalla Puglia alla Commissione europea: chi è il futuro pontiere tra Governo e Ue
Forse nemmeno Giorgia Meloni poteva immaginare che la scelta del commissario italiano fosse una delle scelte più travagliate e ponderate di questi quasi due anni al governo del paese. Ma d’altra parte mai come questa volta forse la posta in gioco era così alta. E la premier ha voluto giocare la sua partita senza eccessivi compromessi fin dall’inizio. Prima astenendosi in un tesissimo Consiglio europeo sulla scelta catapultata dall’alto di ricandidare von der Leyen alla presidenza e poi facendole votare contro le sue truppe in Parlamento. Poi un lento e paziente gioco di ricucitura, senza però perdere mai di vista quello che era l’obiettivo principale, e cioè garantire ad un grande paese come l’Italia il ruolo che le spetta. Adesso il dado è tratto e la premier è convinta, in cuor suo, di avere giocato bene la sua partita. Il nome c’è ed è di quelli pesanti, e di conseguenza, giocoforza, devono essere anche le deleghe concesse. D’altra parte, la scelta di Raffaele Fitto, il super ministro che, fino ad ora, ha condotto in porto magistralmente una partita complicatissima come quella del Pnrr, è quella auspicata, fin da subito, anche dalla stessa presidente della Commissione, oltre che essere quella più naturale e scontata.
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E come potrebbe essere altrimenti, considerando che soprattutto quando si parla di questioni europee, forse nessuno conosce meglio del ministro pugliese, nato a Maglie il 28 Agosto 1969, i meccanismi e in certi casi i bizantinismi della politica europea. In quasi dieci anni da eurodeputato ha saputo conquistare stima e rispetto di alleati ed opposizioni. E proprio questa sua esperienza e autorevolezza ha avuto un peso determinante nelle trattative con la Commissione, per rimodulare il piano di ripresa e resilienza. La sua lunga parabola politica certifica come il politico pugliese sia forse uno dei pochi politici vecchio stampo (e di scuola di come il padre) rimasti sulla scena, un vero cavallo di razza lo si potrebbe definire, al contrario dei troppi nani e ballerine che si sono succeduti in questi anni di populismi e di politica spettacolo.
Eppure, Fitto, che nasce da una famiglia della borghesia pugliese, da adolescente non sembra certo orientato verso la fulgida carriera politica. E’ un ragazzo un po' scapestrato (destino che chissà perché sembra spesso accomunare molti grandi uomini) nei primi Anni 80 che sembrano essere un refrain mal riuscito e sbiadito degli indimenticabili Anni 60. Gli piacciono il calcio, le moto e le belle ragazze, un po' meno la scuola (e chi lo avrebbe mai detto da un primo della classe come viene considerato ora lui). Sembrava forse destinato a tutt’altra vita professionale rispetto a quella pubblica, forse avvocato chissà. Ma il destino lo ha messo di fronte ad uno di quei momenti, in cui passato e futuro s'incontrano e formano una sorta di spartiacque nella vita. Il 29 agosto 1988 (un giorno dopo aver compiuto il diciannovesimo anno d'età) l’amatissimo papà Salvatore, muore tragicamente in un incidente d’auto, sulla superstrada Taranto Brindisi, dopo essere stato ad una commemorazione, in qualità di presidente della Regione Puglia. Il giorno dei funerali alla presenza di cinque ministri, salì sull'altare proprio lui (parafrasando Manzoni, si potrebbe seguire che il carisma, è come il coraggio, se non lo hai, non te lo puoi dare). Prese il microfono e ringraziò tutti. Un gesto inatteso, spontaneo. “Fino a un'ora fa eravamo distrutti. Però quando siamo usciti da casa e abbiamo visto tanta gente, ci siamo subito ripresi. Ci avete dato forza: papà continuerà a vivere nei nostri e nei vostri cuori” parole che mostravano, già a quell’età, come il suo destino avesse preso una strada fino a lì inattesa. È diventato il più giovane presidente della Puglia a soli 31 anni (mentre a 21 fu eletto consigliere regionale), deputato, poi ministro, eurodeputato e ancora ministro. Carattere un po' introverso e schivo (anche se chi lo conosce bene lo definisce simpaticissimo), tutto il contrario del padre così gioviale ed aperto, come i suoi due fratelli, Felice e Carmela.
Questo suo carattere arcigno lo ha mostrato anche nei casi di dispute più aspre durante la sua carriera, come quella diventata ormai storica con Silvio Berlusconi, che portò alla rottura nel 2015. Come la Meloni non ebbe timori reverenziali ad abbandonare il partito di Berlusconi, con il quale aveva avuto sempre un rapporto di reciproca stima. Come dire che la coerenza e il coraggio sono doti che certo non mancano al politico salentino, così come alla sua attuale leader, che con lui ha un rapporto strettissimo. Chiusa la parentesi berlusconiana e dopo aver fondato il partito dei conservatori e riformisti insieme ad altri fuoriusciti di Forza Italia, si dedica anima e corpo a rafforzare il partito dei conservatori europei, di cui presto diventa vicepresidente, e che anche grazie a lui diventa un gruppo di peso all’interno dell’europarlamento. Nel dicembre del 2018 aderisce a Fratelli d’Italia e si candida alle europee del 2019 conquistando oltre 87000 voti. In Europa Fitto ha ottimi rapporti a tutti i livelli. E’ molto apprezzato da Manfred Weber, presidente dei popolari, ed ovviamente ha un rapporto privilegiato anche con Ursula von der Leyen.
Ora in Europa, nel suo nuovo probabile incarico, potrebbe e dovrebbe fungere da vero e proprio ponte tra Commissione europea e governo italiano, come ha anche scritto l’autorevolissima rivista Politico, assai ascoltato nelle alte sfere della capitale belga. La sua autorevolezza, la sua innata capacità di mediazione e la sua grande pervicacia nel raggiungere gli obiettivi, sono una vera garanzia per Giorgia Meloni e il suo governo. Il modo con cui ha gestito la delicatissima questione del Pnrr lo ha reso inattaccabile, anche da chi all'opposizione, qualche mese fa, chiedeva le sue dimissioni per manifesta incapacità (lui è sempre stato anche un gran incassatore, come quelli che sono ben consci del loro valore, tanto come diceva Voltaire, il tempo è galantuomo). Ora se davvero come sembra avrà le deleghe su Pnrr e fondi di coesione, potrà e dovrà cercare di mettere ordine in una materia come quella dei fondi strutturali che appare sempre meno omogenea ed efficace. Eppure, parte dello sviluppo di alcune aree particolarmente svantaggiate (come il nostro meridione) dipendono in larga misura proprio da questi fondi. Secondo l’ultimo Rapporto sulla coesione, pubblicato nel 2024, la sua spesa rappresenta quasi il 13% degli investimenti pubblici totali nell’UE nel suo complesso e il 51% negli Stati membri meno sviluppati. Basti dire che il nostro paese ha fino ad ora utilizzato solo l'1 % dei 42 miliardi previsti per il periodo 2021-2027 (contro il 25% del pnrr).
Senza contare che dall'alto della sua esperienza sul campo di questi ultimi due anni potrebbe essere utilissimo una sua analisi su quello che sta funzionando e quello non nei piani del Next Generation Eu nei vari europei beneficiari, con un occhio di riguardo chiaramente a quella a cui è destinata la torta più grande, e cioè il nostro paese. Lui è l’uomo delle grandi sfide e delle imprese impossibili, come quando fu fatto assessore al bilancio nella giunta regionale dal 1995 al 2000 “il mio professore di matematica (che lo aveva ripetutamente rimandato) mi chiamò e mi disse: non è possibile come hai fatto?” ci scherza su Fitto. Uno straordinario uomo normale, lo definisce chi lo conosce bene, legatissimo alla sua terra, Maglie, e alla famiglia (la moglie Adriana, “donna straordinaria” e i tre figli Salvatore, Gabriele, promessa calcistica appena preso nelle giovanili della Lazio ed Anna). Tanto straordinario che, secondo alcuni, il vero dilemma adesso per Giorgia Meloni, sarà proprio quello di come e dove trovare un suo degno sostituto a Roma.