Roubini annuncia: "In arrivo una tempesta perfetta sui mercati"
Il governo incassa il calo del Pil più marcato del previsto e si prepara a un autunno caldissimo tra pensioni, incentivi e poche risorse
Roubini: "In arrivo una tempesta sui mercati"
Negli ultimi 12 mesi la Borsa di Milano è cresciuta di oltre il 30%. Il che significa che anche le aziende che sono collocate sul listino lombardo si sono “apprezzate” complessivamente di oltre un terzo. Un buon segnale, giusto? In realtà non esattamente. Perché i mercati tendono ovviamente a precorrere quello che potrebbe succedere nei mesi a venire. Quando eravamo chiusi in casa per il Covid, scontate le tragedie del lockdown il Ftse Mib ha iniziato lentamente a salire. Perché gli investitori già sapevano che si andava verso un futuro meno drammatico. E quando poi è stato sintetizzato il vaccino…
Ora però c’è un analista esperto e prestigioso come Nouriel Roubini che annuncia che si rischia un crollo dei mercati di anche il 10%. Se un segnale può essere una casualità, tre diventano necessariamente una prova. Ecco dunque che oltre alla profezia di Roubini – capace di annunciare con largo anticipo la china drammatica lungo cui si era incamminata l’America nel 2008 con i mutui subprime – c’è una frenata del Pil che, in Italia, è più vigorosa del previsto. E c’è anche un rallentamento dell’economia americana, che cresce ma non come ci si sarebbe aspettati.
Secondo Roubini, dunque, è “probabile” una correzione del 10% dei mercati che devono iniziare a scontare una guerra in Ucraina che ha ampiamente superato i 500 giorni; un’inflazione che rimane alle stelle nonostante i tentativi di ridurla; una Banca centrale che continua ad alzare i tassi inducendo una recessione che sarà “efficace” solo se porterà l’aumento dei prezzi sotto la soglia del 2%. Altrimenti, se questo non dovesse succedere, il rischio è la macelleria sociale: le famiglie che vedono eroso il potere d’acquisto (specie chi ha un mutuo a tasso variabile); le imprese che non riescono a ottenere credito, se non a prezzi elevati, e devono procrastinare gli investimenti.
Dalle pensioni all'industria: le mille sfide del governo
In questo clima da luna di miele che finora ha accompagnato l’economia europea, e quella italiana in particolare – con il governo che si è intestato anche molti meriti che in realtà non aveva – sembra che nessuno si sia accorto dell’iceberg che arrivava e abbiamo tutti continuato a suonare come l’orchestrina del Titanic. Le banche finora hanno beneficiato della politica monetaria della Bce, dopo che lo scorso anno analoga festa era toccata alle aziende energetiche.
Ma la scelta da donna sola al comando fatta da Giorgia Meloni di tassare gli extraprofitti degli istituti di credito, come si ci fosse qualche consorteria dietro ai margini più elevati e non la banalissima matematica è stata suicida. Anche perché se si tassano gli extraprofitti delle banche che cosa si può ottenere? Che queste, spaventate, trattengano in pancia il denaro e non lo riversino nell’economica reale. Altro credit crunch, dunque, che si va a sommare a quello fisiologico di un incremento dei tassi e di un costo della nuova finanza sempre più elevato.
Non solo: ci si dimentica troppo facilmente che gli istituti di credito detengono una quota significativa del debito pubblico italiano. Circa il 25% dei btp nostrani sono in banca, nel vero senso della parola: parliamo di oltre 680 miliardi di euro. E se si penalizzano le banche che senso ha poi sperare che queste possano intervenire quando ci saranno nuove emissioni? Non è un ricatto, è la verità. Se si escludono gli istituti di credito, il rischio è che alla prossima asta di btp vengano richiesti rendimenti ancora più alti.
Il momento è complicatissimo, e il governo deve tenere dritta la barra. In autunno, oltre a una Finanziaria che si preannuncia complicata, andranno definite anche le scelte in materia di pensioni e di salari. Ma non solo: l’industria, che in questi anni ha tutto sommato retto bene, senza meccanismi di incentivazione come vennero sviluppati a suo tempo da Carlo Calenda (e dal suo direttore generale Stefano Firpo) rischiano di ritrovarsi col cerino in mano: i macchinari costano, i tassi sono alti, chi dà i soldi alle aziende per adeguarsi? L’età media delle macchine industriali (fonte Ucimu) è cresciuto ulteriormente e deve essere per forza di cose abbattuto. Come? Anche su questo non vi è chiarezza. Sta di fatto che il parco macchine ha un'età superiore ai 14 anni.
Se a questo aggiungiamo le previsioni di Roubini, c’è davvero da temere che l’autunno sarà caldissimo. Con buona pace di facili entusiasmi e previsioni ottimistiche. Il re non è ancora nudo, ma di vestiti addosso ne ha ancora pochini. Urge coprirlo di nuova stoffa, possibilmente di pregio.