Spin off, il 2022 sarà l'anno giusto? Che cosa aspettarsi da Enel, Eni e Tim
Valorizzare i business sottostanti per monetizzare più capitale: da Starace fino a Labriola le mosse dei big della Borsa
Da Enel a Eni, passando per Tim: i colossi di Piazza Affari pronti a separarsi da divisioni più piccole e performanti per avere nuovo capitale
Era uno dei cavalli di battaglia di Sergio Marchionne: lo spin-off delle società dai grandi gruppi industriali per valorizzare i business sottostanti e monetizzare. Una realtà che progressivamente si è verificata sia per Exor, sia più in generale per altri giganti di Piazza Affari che potrebbero decidere, in questo 2022 appena iniziato, di separarsi da divisioni più piccole e performanti per avere nuovo capitale.
Sisal Mooney, Enel Green Power e Enel X: i piani '22 di Enel
Prendiamo ad esempio Enel: da una parte ha rilevato da Sisal Mooney (in tandem con Intesa Sanpaolo) per migliorare l’ecosistema dei pagamenti collegati al mondo delle auto elettriche. Dall’altra è pronta a una doppia mossa: durante la presentazione dell’ultimo piano industriale, il ceo Francesco Starace non ha smentito la possibilità di quotare in borsa Enel X.
“C’è spazio, non è una novità – aveva detto durante la call con i giornalisti il numero uno dell’azienda -. Abbiamo chiesto a Elisabetta Ripa di prendere in mano questo ramo di azienda che diventerà un’azienda, poi pensiamo di aprire al capitale e far entrare altri partner e ne venderemo una parte. Rimarremo azionisti di maggioranza di questo business come fatto con Enel Green Power”.
Altro tassello è quello di Global Customers, che diventerà una azienda a sé e che non è escluso possa vedere sia l’ingresso di nuovi partner, sia una quotazione. L’azienda sarà responsabile della definizione della strategia commerciale e di indirizzare l’allocazione del capitale verso le esigenze dei clienti. Ancora Enel è protagonista di un’ulteriore divisione delle società del gruppo. Enel X potrebbe decidere di spinoffare una parte del proprio business dedicato alle ricariche delle auto elettriche. E si pensa anche di dare maggiore autonomia a Enel Gridpsertise, che si occupa di trasformazione digitale delle reti elettriche.
Spin off, Eni: Plenitude sarà il secondo operatore di ricarica in Italia con 6.500 punti
Anche Eni si è mostrata attiva con questa modalità di business. A fine novembre dello scorso anno ha annunciato l’imminente quotazione di Plenitude, il veicolo che racchiude al suo interno sia la ex Eni Gas e Luce, sia il segmento delle rinnovabili. Sul mercato dovrebbe essere collocata una quota compresa tra il 20 e il 30%, con il cane a sei zampe che dovrebbe quindi mantenere un controllo piuttosto saldo sulla nuova creatura, che sarà guidata da Stefano Goberti.
Plenitude ha 10 milioni di clienti e un Ebitda da 600 milioni nel 2021. Obiettivo: investimenti medi di 1,8 miliardi all’anno fino al 2025, con una redditività a quella data nell’ordine degli 1,3 miliardi di euro. Dal punto di vista industriale, Plenitude sarà automaticamente il secondo operatore di ricarica con 6.500 punti in Italia e l’obiettivo di arrivare a 31mila in Europa entro il 2030.
Spin off, Tim: sotto la guida di Labriola pronta la valorizzazione degli asset
Infine tra i colossi della borsa c’è Tim che aveva già intrapreso una strada di questo tipo con Luigi Gubitosi. Il quale, dopo il terzo profit warning, aveva annunciato che avrebbe proceduto alla possibile apertura del capitale di alcune delle società del Gruppo. In particolare, si è molto parlato di Olivetti, Sparkle, Noovle, senza contare la parte della rete o Tim Brasil.
L’amministratore delegato della filiale sudamericana, Pietro Labriola, non ha ancora ottenuto i “galloni” al posto di Gubitosi – dovrebbe trattarsi di un passaggio poco più che formale visto l’apprezzamento di Vivendi e il via libera di Cdp – e non ha ancora detto che cosa intende fare da questo punto di vista. Quello che Affaritaliani.it può riferire è che anche sotto la guida di Labriola Tim valuterà come valorizzare al meglio i propri asset, visto che la capitalizzazione attuale è intorno ai 9,5 miliardi mentre la somma aritmetica di tutte le business unit arriva fino a quota 27.