Stellantis, Elkann porta in dote la testa di Tavares per salvare il rapporto con l’Italia

Tra il governo e il gruppo dell'automotive torna a esserci uno sprazzo di sereno. Le nubi non sono passate, ma qualcosa è cambiato

di Marco Scotti

Carlos Tavares - John Elkann 

Economia

Stellantis, Tavares addio: la mossa di Elkann per salvare il rapporto con l’Italia

Sarà un caso che dal giorno dopo l’uscita di scena di Carlos Tavares, l’interlocuzione - quasi inesistente - con il governo è improvvisamente ripartita? Ovviamente non lo è. E infatti, voci accreditate che conoscono bene la vicenda raccontano ad Affaritaliani come si è arrivati alla rottura con il manager francese. Da tempo, infatti, il rapporto di Stellantis con l’Italia si era fatto alquanto problematico.

Non solo un cda a trazione francese, non solo la scelta di adottare gli standard transalpini (e non quelli italiani) nelle fabbriche, ma anche e soprattutto cassa integrazione a oltranza, stabilimenti fermi e la malcelata tentazione di mollare quasi del tutto l’Italia. Ma non solo: quando il ministro Adolfo Urso annunciò l’intenzione di far sbarcare altri player in Italia, Tavares reagì stizzito minacciando ritorsioni.

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Insomma, un rapporto a pezzi che non poteva più essere salvato. Ma torniamo a lunedì: consumato (pare con un cda di fuoco) l’addio a Tavares, arrivano i primi segnali di distensione, con John Elkann che dichiara di avere sempre un occhio di riguardo per il nostro Paese. Da lì è un crescendo rossiniano: Urso annuncia la disponibilità a un incontro che viene fissato per il 17 dicembre; Marco Osnato promette altri 600 milioni per il fondo automotive (che era stato tagliato di oltre 4 miliardi); il prossimo 12 dicembre il top manager Stellantis Imparato arriverà in Italia.

E allora, dicono le fonti ad Affaritaliani, non c’è nulla di casuale. Elkann, per riuscire a garantire un minimo di interesse verso il nostro Paese si è presentato dinnanzi al governo-Salomè con la testa di Tavares su un vassoio d’argento, quasi a dire “ecco un segno tangibile della mia buona volontà”.

Questo significa che è tutto risolto e che ora Stellantis riaprirà tutti gli stabilimenti italiani a pieno regime? No, naturalmente: anche perché la crisi del settore c’è eccome. Il 2023 si è chiuso con un utile record di 18,6 miliardi e un dividendo monstre di 1,55€ per azione. Molti, tant’è che qualcuno ha pure chiesto: “Ma non saranno troppi? Non sarà il caso di ridurre la remunerazione dei soci e usare quei soldi per investimenti strategici?”. Non è stato fatto così come non è stato seguito il consiglio di provare a limare i compensi dei top manager - gesto puramente simbolico - per dimostrare la buona volontà.

Ora tra il governo e Stellantis torna a esserci uno sprazzo di sereno. Le nubi non sono passate, ma qualcosa è cambiato. Una mediazione andrà trovata anche perché, nonostante le speranze dell’esecutivo, la transizione ecologica non sarà accantonata o ritardata: entro il 2035 (domani, per un’industria complessa come l’automotive) saranno messi al bando i motori termici per lasciare spazio solo a quelli elettrici. L’automotive, faticosamente, dovrà trovare una soluzione, ma anche le istituzioni: come ricaricare le auto se oggi l’infrastruttura è ancora assai carente? Intorno a questi temi si apparecchierà un primo tentativo di “pax” tra governo e Stellantis. Se son rose…

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