Stellantis,Fiom attacca dopo Grugliasco:"Così può mettere contro le fabbriche"

L'intervista al coordinatore nazionale automotive per la Fiom Simone Marinelli all'indomani del trasferimento a Mirafiori dei 1.100 addetti di Grugliasco

di Andrea Deugeni
Economia
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"Perchè la Fiom non ha firmato come invece hanno fatto Fim e Uilm il nuovo accordo sul polo produttivo di Mirafiori? Stellantis non procede con una discussione generale su tutti gli impianti in Italia, compresi anche gli enti centrali di staff che ospitano la ricerca e lo sviluppo, ma affronta la situazione degli stabilimenti del nostro Paese sito per sito. Una visione che alla Fiom non va bene e che invece le altre sigle hanno appoggiato". Il  coordinatore nazionale automotive per la Fiom Simone Marinelli fa un'analisi dei rapporti fra i sindacati e Stellantis all'indomani del trasferimento a Mirafiori dei 1.100 addetti del polo Stellantis di Grugliasco e a pochi mesi dal varo del primo piano industriale del gruppo nato a gennaio dalla fusione fra l'ex Fiat-Chrysler e Peugeot. "Procedendo in questo modo - denuncia il sindacalista - possono mettere in contrapposizione i siti e non solo quelli italiani. Il timore è che continuando così si rischia di arrivare in fondo lasciando indietro qualcuno".

L'INTERVISTA

I sindacati dei metalmeccanici si sono divisi sul trasferimento a Mirafiori dei 1.100 addetti del polo Stellantis di Grugliasco. Fim e Uilm hanno firmato. Fiom no: rottura sindacale. La solita spaccatura che risale ai tempi di Marchionne?
“Direi di no. C’è solo stata una visione diversa rispetto a due aspetti fondamentali”.


Il  coordinatore nazionale automotive per la Fiom Simone Marinelli

Quali?
“Il primo è capire come Stellantis intende proseguire nella gestione del piano industriale. La Fiom vuole una discussione generale su tutti gli impianti in Italia, compresi anche gli enti centrali di staff che ospitano la ricerca e lo sviluppo. L’azienda invece intende procedere sito per sito. Si tratta di una visione diversa che le altre sigle hanno appoggiato”.

E nello specifico dello stabilimento di Grugliasco?
“Stellantis ci ha fornito un quadro che non ha permesso la condivisione, perché ci è stata consegnata una fotografia dell’esistente. La chiusura di Grugliasco e lo spostamento delle attività su Mirafiori non aggiunge nulla alle prospettive della fabbrica torinese. Di fatto, la nuova situazione sarà la somma delle attività dei due siti. I lavoratori si spostano e i modelli dedicati come la Gran Cabrio e la Gran Turismo, da inserire alla fine del 2022, restano quelli già previsti dal vecchio piano industriale di Fca. L’unica novità è quella sulla piattaforma elettrificata di Maserati, miglioria imposta dall’Unione europea. L’effetto finale della decisione rischia di essere quello di aver spostato la cassa integrazione di soli cinque km, da Grugliasco a Mirafiori. Rispetto a Melfi, dove oltre alla piattaforma elettrificata sono previsti anche quattro nuovi modelli, non è stata disegnata quindi da Stellantis per il polo torinese una reale prospettiva di sviluppo”.



Il Ceo di Stellantis Carlos Tavares

Quindi, se anche a Melfi il gruppo avesse promosso un semplice restyling dei modelli esistenti, avreste detto di no anche lì?
“Certamente sì. Abbiamo valutato quindi di non firmare l’accordo su Grugliasco, perché di fatto avremmo soltanto condiviso la chiusura di uno stabilimento senza avere però prospettive future aggiuntive per lo stabilimento di Mirafiori. Ci sono poi altre due questioni”.

Quali?
“Quella sulla meccanica per motori endotermici, tecnologia che entro il 2030 andrà a morire e su cui abbiamo sollecitato Stellantis. Senza ricevere risposte. E’ un’area produttiva di Mirafiori che non sta dentro il processo di riorganizzazione e che si trova in una parte dello stabilimento che l’azienda ha messo a disposizione per la fabbrica Intel per i semiconduttori. La seconda questione riguarda invece la necessità di portare a Mirafiori modelli in grado di generare volumi produttivi degni di questo nome, perché la questione 500 Bev, quella elettrica da 30 mila euro, non può rimpiazzare da sola gli attuali livelli di output. Il problema degli stabilimenti italiani è che fino al 2017, prima dell’ultimo piano Fca, sono state sfornate 1,2 milioni di automobili. Con la scelta poi di abbandonare i settori A e B, concentrandosi sostanzialmente sull’alta gamma, si va incontro a una perdita di volumi produttivi. Se si vuole quindi dare quindi effettivamente una prospettiva futura al polo di Mirafiori o gli si destinano modelli del settore A e B oppure le prospettive non si hanno”.

Ma perché Stellantis sarebbe più interessata a procedere stabilimento per stabilimento?
“Dicono che hanno bisogno di accelerare sulla transizione, ma in questo modo possono mettere in contrapposizione i siti e non solo quelli italiani. Il timore è che continuando così si rischia di arrivare in fondo lasciando indietro qualcuno. Preoccupazioni che aumentano quando l’azienda non da risposte sulle prospettive degli stabilimenti che oggi producono motori endotermici e meccaniche in particolare diesel".

Stellantis però procede in questo modo alla vigilia del piano industriale del Ceo Carlos Tavares che verrà presentato a fine dicembre/inizio gennaio. Buniness plan in cui il gruppo disegnerà per la prima volta la strategie produttive per tutti gli stabilimenti e da cui arriveranno a cascata tutte le mission per i singoli siti…
“Al Mise ci hanno comunicato che in Italia vogliono operare stabilimento per stabilimento, comunicandoci di volta in volta la mission produttiva da assegnare al sito o la riorganizzazione. Quando verrà presentato il piano industriale, verranno indicati i modelli, ma senza stabilire l’allocazione geografica produttiva che emergerà invece dal confronto azienda-sindacati. A Melfi per esempio, Stellantis non ci ha comunicato quali modelli verranno prodotti, ma ci è stato indicato solo la piattaforma Medium con quattro modelli multibrand. Almeno abbiamo la certezza che questi nuovi modelli arriveranno”.

E quindi?
“Sul polo torinese di Mirafiori, il gruppo ha messo prima sul tavolo la riorganizzazione coinvolgendo Grugliasco, senza aggiungere nulla sui modelli da assegnare. Discorso da affrontare di volta in volta ex post stabilimento per stabilimento e non in un progetto complessivo. Si tratta di un approccio che non consente pianificazione e sviluppo complessivi in Italia, ma che soprattutto consente una certa flessibilità per ridurre gradualmente costi e capacità. Proprio come avvenuto in Germania da 2017 con Opel. I timori ci sono tutti. Il quadro di Mirafiori non ci far star tranquilli. All’inizio della fusione fra Psa e Fca, Stellantis aveva dichiarato ai quattro venti che non avrebbero chiuso alcun stabilimento in Italia e quando a Tavares è andato per la prima volta a Torino ha fatto i complimenti per il grado di innovazione presente nello stabilimento di Grugliasco. Impianto che ora ha deciso di chiudere, serranda che calerà anche su un nome simbolico”.

E cioè?
“Il sito di Grugliasco è intitolato all’Avvocato Giovanni Agnelli, Agap (la 'P' sta per ‘plant’, ndr). Noi sindacati ci troviamo ad essere sempre messi di fronte a progetti calati dall’alto di volta in volta e c’è un problema anche di interlocuzione”.

Perché?
“La sensazione è che anche negli incontri al Mise, la controparte non è operativa, ma sono manager che eseguono le indicazioni che arrivano da Parigi. E’ necessario che il governi  Draghi avvii una interlocuzione direttamente con l’amministratore delegato di Stellantis, per avere le garanzie degli investimenti e della tenuta occupazionale degli stabilimenti nel nostro Paese”.

@andreadeugeni