Superbonus Lavoro, una mano al paese. Ma le criticità sono ancora molte...

Accanto all’esigenza di colmare il divario tra costo del lavoro e salari netti, la carenza di manodopera specializzata rappresenta un’altra sfida cruciale

di Redazione Economia
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Superbonus Lavoro, una mano al paese. Ma le criticità sono ancora molte...

Il Decreto approvato lo scorso 25 giugno 2024 dal Ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (c.d. “Superbonus Lavoro”) si inserisce in un quadro più ampio di politiche volte a stimolare la crescita economica rendendo più sostenibili le nuove assunzioni per le aziende, attraverso un incentivo alla stabilità occupazionale per porre un freno alla precarietà lavorativa e ridurre il tasso di disoccupazione.

L’ultimo provvedimento, che rende operativa la maxi-deduzione fiscale, prevede, per il periodo di imposta 2024, la possibilità per imprese, artigiani e professionisti di beneficiare di una deduzione del 120% del costo del lavoro nel caso di incremento del numero dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato rispetto all’anno precedente. La quota deducibile aumenta al 130% se le nuove assunzioni, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, riguardano specifiche categorie di lavoratori meritevoli di maggiore tutela.

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“L'introduzione del superbonus assunzioni rappresenta un passo positivo verso la promozione dell'occupazione nel nostro Paese, andando a favorire, con sgravi fiscali, le imprese che scelgono di investire in nuove figure professionali, attraverso l’assunzione di nuove risorse a tempo indeterminato – commentano Edgardo Ratti e Carlo Majer, co-managing partner di Littler Italia - Un’occasione per le imprese per ricercare giovani talenti, investire nel futuro e acquisire nuove competenze per aumentare la competitività sul mercato. Naturalmente, l’incremento nel numero dei dipendenti deve essere reale e stabile nel tempo per poter dare diritto all’incentivo. Tuttavia, riteniamo che, per una scossa al mercato del lavoro, tutti gli attori in campo - imprese, governo e sindacati - debbano lavorare in maniera sinergica per affiancare a questa misura altre iniziative volte, ad esempio, a tagliare ulteriormente il costo del lavoro nonché favorire la formazione professionale. Solo così si potrà andare verso lo sviluppo economico e la crescita, anche in termini qualitativi, dell’occupazione”.

Da un punto di vista pratico, Dimitri Cerioli, Consulente del Lavoro di Nexus HRS, spiega che, in seguito alla pubblicazione del decreto “le aziende si stanno organizzando per accedere al beneficio, in relazione ai programmi di assunzione. A differenza di quanto fatto in passato, dove si puntava sulla riduzione del carico contributivo a carico del datore di lavoro, in questo caso il legislatore ha inteso agire sulla possibilità di dedurre un costo del lavoro maggiorato, rispetto all’effettivo sostenuto, per i lavoratori di nuova occupazione. La prima conseguenza di questa differente impostazione è legata al momento in cui il contributo produrrà i propri effetti: sarà infatti percepito nell’anno successivo rispetto alle assunzioni, in sede di calcolo delle imposte, a differenza dei precedenti sgravi contributivi che hanno avuto applicazione più contigua all’assunzione. Il legislatore ha poi voluto assicurare che l’incremento occupazionale fosse effettivo, mettendo alcuni paletti precisi al calcolo del numero dei lavoratori, nonché al calcolo del costo da considerare”.

Oltre a favorire l’occupazione in generale, il decreto interviene anche a sostegno di alcune specifiche categorie di lavoratori. “Il decreto sta suscitando un particolare interesse fra le imprese, che potranno ora beneficiare di una significativa maggiorazione del valore del costo ammesso in deduzione in caso di assunzione di dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato – commenta Veronica Clapis, Senior Associate – Employment di DWF Italy – “La norma si pone evidentemente l'obiettivo di favorire non solo l'occupazione in generale, ma soprattutto quella a tempo indeterminato di specifiche categorie di lavoratori che statisticamente incontrano maggiori difficoltà nell'inserimento del mercato del lavoro (disabili, donne vittime di violenza, giovani ammessi agli incentivi sull'occupazione ecc.). Si tratta di un intervento che ci si aspetta possa avere un impatto positivo per le imprese, specialmente in questa fase di contrazione del mercato in alcuni specifici settori e di aumenti contrattuali che stanno impattando sulla capacità di espansione della forza lavoro. Occorrerà, però, verificare se per promuovere effettivamente la stabile occupazione, siano sufficienti misure temporanee, com'è quella introdotta da questo decreto nonché dal Decreto Coesione, ovvero se sarà necessario aggiungerne di strutturali”.

Tuttavia, accanto all’esigenza di colmare il divario tra costo del lavoro e salari netti, osserva Valentina Pepe, Partner dello studio legale Pepe e Associati, la carenza di manodopera specializzata rappresenta un’altra sfida cruciale per le imprese: “è un allarme che negli ultimi anni sempre più aziende stanno lanciando, soprattutto in materie scientifiche, di esperti di transizione green e di lavoratori con elevate competenze digitali. La problematica della carenza di manodopera specializzata riguarda non solo l’Italia, ma è in aumento in tutti gli Stati membri e si prevede che questo fenomeno continuerà ad aumentare nel prossimo futuro. È in questo contesto che la Commissione europea ha presentato, a marzo, un nuovo Piano d’azione per affrontare le problematiche del mercato del lavoro europeo in concertazione con gli Stati membri e le parti sociali. Un intervento strutturale sull’occupazione nel nostro Paese non può, quindi, prescindere dalla riforma del sistema di formazione e della riqualificazione professionale, che consenta l’acquisizione di nuove competenze in linea con l’evoluzione del ‘sistema lavoro’, nell’ottica di un riallineamento tra domanda e offerta di lavoro. Ciò a partire dall’orientamento scolastico e al contrasto alla dispersione scolastica, considerato che nel nostro Paese si registra il record europeo di Neet, tra i giovani di età compresa tra 15 e 29 anni”.

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