Tassare le criptovalute: la mossa per regolamentare il Far West. Ecco come

Come tassare le criptovalute? Prendendo un 10% dalla transazione sia in uscita (per l'acquisto) sia per l'entrata (dopo la vendita)

di Ezio Pozzati
Criptovalute
Economia

Criptovalute, come e perché tassarle

Tassa, tasse, tasse … sempre lo stesso argomento, perché ne vogliamo discutere? Una ragione c'è ed è che molti guadagni non sono tassati o meglio la tassazione, quanto c'è, viene “tranquillamente” glissata. Dopo avere proposto una tassazione (di nuovo tipo) per quanto riguarda l'e-commerce ossia gli acquisti/vendite online “Tassare la e-commerce è possibile” (vedi Comune di Rovigo Aretusini, un disco rotto Penso che quello del capogruppo (ilgazzettino.it) sulla falsa riga desidero proporre la tassazione delle criptovalute o monete digitali, che come tutti sappiamo, spesso, sfuggono alle maglie del fisco. Ed ecco l'idea.

Per comprare e vendere le criptovalute (la più conosciuta è il BITCOIN) di solito si usano i canali bancari, circuito SEPA, ma grazie anche ad accordi con le piattaforme si possono usare carte di debito, di credito o prepagate. Qualche volta però a causa di evidenti azioni delinquenziali accade che si usino carte “senza nome” o con “prestanome”.

Domanda: vogliamo tassare indistintamente tutti?

Bene, ecco la modalità che propongo: sapendo che tutte le transazioni avvengono in circuito possiamo tassare con un 10% o più la transazione sia in uscita (per l'acquisto) si per l'entrata (dopo la vendita). Esempio: faccio partire dal mio conto un acquisto di 1.000 euro in criptovalute (entrata per lo Stato 100 euro), vendo le criptovalute per 2.000 euro con relativo accredito in conto (entrata per lo Stato 200 euro).

Per questo tipo di tassa non occorre fare delle leggi ad hoc è sufficiente l'intervento del Ministero dell'Economia e delle Finanze. Comunque, con la tassazione della transazione, da criptovalute a valuta corrente e viceversa, poco importa se c'è stata plusvalenza o minusvalenza, per il soggetto interessato, perché, teoricamente, ci sono delle persone che utilizzano le criptovalute come se fossero una washing machine (lavatrice) per ripulire capitali magari di provenienza illecita. Ebbene, dato che le transazioni sono milioni l'entrata per il nostro esangue Erario potrebbe essere consistente. Nulla osta che questa idea possa essere applicata su scala planetaria. Ovviamente sia le banche sia i provider faranno da sostituti d'imposta e verseranno quotidianamente l'importo di spettanza dell'Erario.

Tutto ciò potrebbe valere per un qualsiasi mercato non regolamentato dove quasi mai nessuno è responsabile dei danni eventualmente cagionati agli investitori e poi perché i principali soggetti coinvolti (gli organizzatori) li troviamo in paradisi fiscali a godersi il maltolto e per poterli processare si spendono cifre importanti.

Il vantaggio potrebbe essere quello della certezza della tassazione del denaro in uscita ed in entrata, indipendentemente dall'attore e, come si può intuire, il rischio ce l'ha solo chi investe in questi particolari mercati che a detta di molti assomigliano molto al mitico Far West. Se poi i “signori” delle criptovalute, in ossequio ai risparmiatori ed alla trasparenza, desiderano essere regolamentati possono sempre farsi avanti. Comunque, più semplice di così!

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