Tim, Cvc per ora non rilancia ma aspetta le prossime mosse di Labriola
In attesa del Capital Market Day del prossimo 7 luglio l’ex-Sip continua a valutarsi 31 miliardi, ma Bofa la smentisce
Cvc Partners per ora non rilancia su Tim
C’è il famoso aforisma della bella di Torriglia, che tutti vogliono e nessuno si piglia. O, più prosaicamente, c’è il timore che qualcosa possa andare storto nella strategia di Tim. A una settimana dal Capital Market Day (il prossimo 7 luglio a Roma) in cui il ceo Pietro Labriola svelerà le sue mosse nella realizzazione delle due newco (ServiceCo e NetCo) non si dipana la nebbia intorno alle possibili manifestazioni d’interesse. Quello che si sa per certo è che alla fine di marzo Cvc Capital Partners ha valutato sei miliardi di euro i servizi corporate di Tim, compreso il cloud di Noovle. L’enterprise value veniva reputato adeguato anche da analisti esterni. Ma l’ex-Sip, formalmente, non ha mai risposto, continuando invece l’interlocuzione sulla rete unica.
Quello che però Affaritaliani.it ha potuto captare da fonti accreditate è che la strategia di Tim sarebbe stata quella di reputare troppo basso il prezzo offerto sperando di ottenere nuovi rilanci. Nei giorni scorsi il ceo di Vivendi De Puyfontaine ha chiarito che per lui l’azienda vale circa 31 miliardi, scatenando qualche malumore tra gli azionisti. Cifra ritenuta eccessiva da Bank of America che stima il totale delle attività del gruppo intorno ai 30,4 miliardi di euro. Ma c’è di più: Cvc Capital Partners, che non ha alcun interesse a entrare in gare al rialzo, è un fondo che studia diversi dossier e che si era fatto avanti già prima di Kkr. Il fondo lo scorso anno ha chiuso l’operazione di cessione di Sisal e di Mooney per poco più di 3,3 miliardi e ha ora voglia di mantenere una forte presenza in Italia.
Ma sbaglia chi pensa che Cvc voglia comportarsi da vecchio fondo di private equity, cioè quello di sommare le varie anime di un’azienda, migliorarle e poi rivendere il tutto con una plusvalenza. L’idea del fondo invece era quella di una partnership, tant’è che l’offerta riguardava il 49% della parte di servizi alle imprese, mentre il 51% sarebbe rimasto a Tim. Di più: l’intenzione era quello di proseguire in tandem per un po’, facendone crescere il valore nel tempo. Poi, una volta concluso il periodo insieme, si poteva decidere di vendere, quotare o valorizzare in altro modo.
Cvc, al momento, rimane ferma. Sa che bisogna aspettare perché il rifiuto “tattico” di Tim potrebbe ammorbidirsi da agosto, quando tutti gli analisti sono convinti che si saprà di più sul futuro dell’ex-Sip. Non è un mistero che diversi attestati d’interesse siano arrivati da Kkr, Macquarie, Apollo oltre alla stessa Cvc. E non è da trascurare il fatto che siano tutti fondi che hanno “confidenza” con il governo italiano e con Cdp. Per questo Cvc sta cercando di accreditarsi, e ha recentemente concluso un’operazione in tandem con Cassa Depositi e Prestiti per rilevare Maticmind. Da anni, insomma, Cvc ha voluto darsi una faccia più “di sistema”. Avendo capito che Tim, debitamente risanata, può diventare una gallina dalle uova d’oro.