Tim e il fardello dei troppi dipendenti, ecco perché neanche la vendita della rete ha smosso il titolo in Borsa

Tim ha un numero di dipendenti, circa 14mila, che è pari a quello degli altri tre gestori (Wind Tre, Vodafone e Iliad) messi insieme

di Maddalena Camera
Economia

Tim e il fardello dei troppi dipendenti

"L'Italia è il paese peggiore come ritorno sull'investimento nel settore delle tlc". L'ha detto un analista? Si è in un report di Hsbc, ma è stato anche uno dei punti trattati nell' intervento dall'ad di Tim Pietro Labriola al convegno delle telecomunicazioni sul lago di Como. 

I motivi sono condivisibili, numero di operatori e disequilibrio a livello di market share, andamento dei prezzi, costo delle infrastrutture e per l'acquisto delle frequenze 5G troppo elevato, ma certo scandito davanti a una platea di addetti ai lavori dall'ad dell'ex-monopolista non è certo di gran stimolo per investire su Tim in Borsa.

In effetti, dal momento della vendita della rete lo scorso luglio, che ha permesso alla società soltanto di ridurre il debito, il titolo è rimasto praticamente fermo intorno a 0,25 euro per azione e in un anno è ancora sotto del 5%. Insomma invece di raccontare quale potrebbe essere la ricetta vincente per far crescere la nuova Tim che comprende i servizi di tlc fissi e mobili per privati e imprese (oltre al pezzo pregiato Tim Brasil che da sola potrebbe valere intorno ai 7 miliardi) Labriola è tornato a enumerare i problemi del settore.

In Italia, non c'è dubbio, la concorrenza è molto elevata sul fronte delle tariffe. Il costo mensile resta, nonostante gli sforzi di offerte di servizi premium, il primo motivo di scelta da parte dei clienti. E sul consolidamento in atto, ossia la vendita di Vodafone Italia a Fastweb, Labriola ha spiegato che non porterà ad una razionalizzazione del mercato.

Anche questo è vero e, oltretutto, l'unione dei due operatori creerà un campione sul fronte della telefonia fissa che, al momento, è uno dei punti forti dell'ex-monopolista. Tra i punti toccati anche la parità delle regole. "Si tratta di un punto fondamentale - ha aggiunto Labriola - perché va bene correre, ma allo stesso livello degli altri. Inoltre, spero che chiunque venga a competere in Italia paghi le tasse sul nostro territorio nazionale". 

Il riferimento potrebbe essere a Starlink, la società di Elon Musk, che ha siglato un accordo per una sperimentazione per offrire connettività a banda ultralarga via satellite. La nuova Tim resta comunque indebitata per circa 8 miliardi e, oltretutto, come sottolineato anche dai sindacati, ha un numero di dipendenti, circa 14mila, che è pari a quello degli altri tre gestori (Wind Tre, Vodafone e Iliad) messi insieme. 

Ed è per questi motivi che il titolo resta inchiodato in Borsa. Per abbattere il debito la società sta vendendo Sparkle (al Mef che dovrebbe entrare con una quota del 70% e al fondo Asterion al 30%) e ha già venduto la quota residuale di Inwit. In tutto dovrebbe recuperare circa un miliardo. Ora Tim aspetta di contabilizzare il credito finanziario legato al canone 1998 pari a 1 miliardo di euro che il governo deve restituire alla società.

Lo Stato ha tempo fino al 3 novembre per presentare ricorso in cassazione contro la sentenza della Corte di Appello di Roma che ha dato ragione a Tim. Il ricorso consentirebbe al governo di negoziare con Tim un accordo stragiudiziale per sottoscrivere un piano di rientro rateale con pagamenti distribuiti in più anni.

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