Tim, per risolvere il rebus della rete serve rimandare l'integrazione con OF
Cdp non sembra volerci sentire da quest'orecchio, ma qualcosa bisognerà per forza escogitare
Tim, per cedere la rete serve rimandare l'integrazione con Open Fiber
Tim non ha più tempo da perdere. L'esigenza di ridurre l'indebitamento costringe la società guidata da Pietro Labriola a sperare che il 9 giugno prossimo vengano presentate nuove offerte che si avvicinino al target fissato da Vivendi. Ma sarà una speranza frustrata. I francesi chiedevano 31 miliardi, possono scendere a circa 27, ma non si allontanano da quella cifra. In molti sostengono che la rete invece non valga più di 22-23 miliardi e le offerte arrivate si sono addirittura fermate a 20.
Né sembrano percorribili le strade che portano all'opa (un'idea che non scalda gli investitori) o quelle dell'aumento di capitale. Dunque che cosa rimane? Forse l'unica via è quella di scorporare l'integrazione della rete di Tim con Open Fiber. Si tratta del principale ostacolo regolatorio poiché la società è partecipata al 60% da Cassa Depositi e Prestiti e al 40% da Macquarie. Gli stessi soggetti che potrebbero presentare un'offerta migliorativa per la rete di Tim e che potrebbero poi vedersi fermati dall'Antitrust europeo se procedessero all'integrazione con Open Fiber perché si tratterebbe di una concentrazione in un soggetto, per di più a partecipazione pubblica, quasi monopolistica.
Senza l'incorporazione con Open Fiber, invece, si potrebbe guadagnare del tempo e rimandare a un secondo momento la decisione. Alternative non ce ne sono. Cdp non sembra volerci sentire da quest'orecchio, ma qualcosa bisognerà per forza escogitare. Se rimanesse la sola Kkr, potrebbe sì aumentare la sua offerta, ma non certo di tutti i soldi che mancano per arrivare a toccare le richieste di Vivendi. Una settimana e si saprà che cosa succederà. Meglio incrociare le dita.