Una manna per l'economia, ma inflazione alle stelle. Trump presidente, speranze e timori degli analisti

Con la vittoria di Trump, gli analisti si aspettano che la crescita degli Stati Uniti sarà più forte e l'inflazione più solida. Ma non solo...

A cura di George Brown*
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Trump presidente, cosa si aspettano gli analisti nel caso della rielezione. Economia in crescita, ma occhio all'inflazione

Dopo settimane di speculazioni, nel fine settimana il Presidente Biden ha annunciato il suo ritiro dalla corsa presidenziale di quest'anno, appoggiando la Vicepresidente Kamala Harris come candidato per il partito democratico. Sebbene la sua nomina non sia ancora stata confermata, le carte in tavola sono tutte a suo favore e sembra la candidata più probabile in base alle quote delle scommesse.

L'attenzione si sta ora spostando sul potenziale compagno di corsa di Harris. Tra i candidati più probabili ci sono i governatori degli Stati più combattuti e più repubblicani. Nel frattempo, le probabilità che i Democratici mantengano il controllo della Casa Bianca sono leggermente migliorate, anche perché Harris ha la possibilità di cambiare la narrazione delle elezioni.

In termini di reazione del mercato, nelle ultime settimane abbiamo assistito a un irripidimento delle curve dei rendimenti in seguito all'aumento delle aspettative di una vittoria di Trump. Questo perché una vittoria schiacciante dei repubblicani permetterebbe a Trump di avere mano libera sugli stimoli fiscali. Al contrario, un Presidente democratico si troverebbe ad affrontare un governo diviso. È quindi possibile che il recente irripidimento delle curve dei rendimenti si inverta se Harris, o un altro candidato democratico, ridurrà il divario nei sondaggi.

Tuttavia, Donald Trump sembra ancora il vincitore più probabile. Il recente attentato ha dato alla sua campagna un notevole slancio che potrebbe portarlo fino alle elezioni di novembre. Dato il vantaggio di Trump nei sondaggi, abbiamo delineato le nostre aspettative economiche in caso di una sua elezione.

Le misure protezionistiche potrebbero comportare rischi inflazionistici

L'asse centrale dell'agenda economica di Trump è il protezionismo. Quando era Presidente, ha paventato problemi di sicurezza nazionale per innalzare le tariffe doganali in base ai poteri della cosiddetta Sezione 232. Pechino è stato il bersaglio più colpito, con un dazio medio sulle importazioni dalla Cina che è salito dal 3% a quasi il 20% durante il suo mandato. In caso di rielezione, Trump ha proposto di aumentarle al 60% e di eliminare gradualmente tutte le importazioni di beni essenziali dalla Cina. Inoltre, le importazioni dal resto del mondo sarebbero soggette a una tariffa di base del 10%.

Se attuate, queste proposte rappresenterebbero un significativo shock inflazionistico. Tuttavia, sospettiamo che Trump non abbia intenzione di dare pieno seguito a queste proposte, ma di sfruttarle in modo mirato per ottenere concessioni commerciali.

Tre fattori dovrebbero contribuire a smorzare l'impatto inflazionistico delle tariffe. In primo luogo, è probabile che il dollaro si apprezzi, soprattutto nei confronti del renminbi, dato che Pechino probabilmente perseguirà una svalutazione. In secondo luogo, l'ampliamento dei margini di profitto delle imprese dopo la pandemia dovrebbe servire ad assorbire i maggiori costi di importazione. In terzo e ultimo luogo, le merci potrebbero essere indirizzate verso paesi che hanno condizioni commerciali più favorevoli con gli Stati Uniti, come sembra aver fatto la Cina dall'inizio della guerra commerciale.

L'immigrazione potrebbe rivelarsi una sfida maggiore

Questa volta, una stretta sull'immigrazione avrebbe probabilmente effetti più dirompenti rispetto al precedente mandato di Trump alla Casa Bianca. La crescita dei posti di lavoro negli ultimi anni è stata quasi interamente guidata da lavoratori nati all'estero. La diminuzione dell'immigrazione potrebbe quindi esacerbare la scarsità di lavoratori, in particolare in settori fortemente dipendenti dalla manodopera straniera come l'agricoltura e l'edilizia. Questo potrebbe portare a una ripresa della crescita dei salari che alimenterebbe ulteriormente le pressioni inflazionistiche.

Di per sé, l'aumento dell'inflazione e la minore creazione di posti di lavoro costituirebbero un vento contrario per l'economia. Tuttavia, ci aspettiamo che ciò sia più che compensato da varie politiche di promozione della crescita. Tra queste, la più importante sarà la promessa di Trump di estendere le disposizioni del Tax Cuts and Jobs Act (TCJA) del 2017 che scadranno l'anno prossimo.

La crescita dovrebbe essere sostenuta anche dal programma di deregolamentazione di Trump. Uno dei maggiori beneficiari sarebbe il settore energetico. Trump si è impegnato a porre fine ai ritardi nei permessi federali di trivellazione e nei contratti di locazione, a rimuovere i limiti alle esportazioni di gas naturale e a ritirare le norme sulle emissioni delle automobili che entreranno in vigore nel 2032.

La vittoria di Trump potrebbe portare a una crescita più forte e un'inflazione più elevata

Se Trump dovesse vincere le elezioni, ci aspettiamo che la crescita degli Stati Uniti sarà più forte e l'inflazione più solida. Tuttavia, la campagna elettorale di Trump è stata poco dettagliata ed è quindi difficile fare ipotesi sulla politica economica.

Siamo certi che la maggior parte dell'impatto macroeconomico non si farà sentire prima del 2026. Non solo per il tempo necessario a legiferare e ad attuare il suo programma, ma anche per i ritardi associati al meccanismo di trasmissione della politica che, alla fine, si ripercuoterà sull'attività e sui prezzi.

In termini di crescita, la nostra analisi suggerisce che l'economia statunitense si espanderebbe del 2,2% nel 2025 sotto una seconda presidenza Trump. Accelererebbe poi al 2,7% nel 2026 con l'avvio delle politiche di promozione della crescita dell'amministrazione, prima di rallentare al 2,3% nel 2027 con l'aumento dell'inflazione che peserà sulla spesa dei consumatori.

*Senior US Economist, Schroders