Unicredit e la quota del 4,1% in Generali, Orcel rompe il silenzio: "Ecco il nostro vero obiettivo"
"Vogliamo investire venti miliardi di euro nell’economia tedesca", ha dichiarato il numero uno della banca milanese
Andrea Orcel
Unicredit conferma, la quota detenuta è pari a circa il 4,1% di Generali
UniCredit informa di detenere una partecipazione di circa il 4,1% nel capitale sociale di Generali, acquisita nel tempo sul mercato. E' quanto si legge in una nota di Unicredit. La quota è un puro investimento finanziario della banca che supera in modo significativo le sue metriche di rendimento e ha un impatto trascurabile sul CET1.
Una quota addizionale pari a circa lo 0,6% è detenuta come sottostante dell’ordinaria attività per i clienti e relative coperture. UniCredit non ha un interesse strategico in Generali e rimane pienamente concentrata sull'esecuzione del piano UniCredit Unlocked, sull'offerta di scambio in corso su Banco Bpm e sull'investimento in Commerzbank.
Unicredit, Orcel rompe il silenzio: "Ecco il nostro vero obiettivo"
Commerzbank e offerta pubblica di scambio per Banco Bpm. Queste le partite rilevanti per Unicredit. Il 3,5% del capitale di Generali è ''solo un'operazione finanziaria. Il focus è un grande gruppo bancario europeo''. A intervenire sulla ridda di ipotesi che si stanno levando dopo che si è diffusa la voce che Piazza Gae Aulenti possiede una quota del Leone di Trieste è lo stesso numero uno di Unicredit, Andrea Orcel.
''L’economia europea ha un’enorme esigenza di investimenti -dice l'amministratore delegato al Corriere-. Le banche sono una fonte fondamentale di capitale per finanziare queste ambizioni di crescita. Servono scala e competenza paneuropee''.
Parlare di Europa non vuol dire non avere identità italiana
Ma Parlare di Europa non vuol dire non mantenere un'identità italiana. ''Unicredit -sottolinea- è radicata in Italia: ha la sede centrale nel Paese, dove paga le tasse, sostiene le nostre persone e l’economia nazionale. La sede centrale di Unicredit è saldamente in Italia''. Ma non solo.
Il banchiere fa notare che una fusione con Banco Bpm farebbe salire il contributo dell’Italia all’utile netto del gruppo dal 40% a circa il 50% del totale: per l’azienda, e il Paese conterebbe di più, aumenterebbe le opzioni per imprese e famiglie in molti distretti e avendo una scala europea sosterrebbe di più gli esportatori italiani nel mondo.
Con Bpm, si dice sicuro, ''migliorerà l’offerta ai clienti. Nei territori non c’è quasi nessuna sovrapposizione di filiali fra i due gruppi, la vera concorrenza aumenterebbe e il servizio alle imprese piccole e medie, come alle famiglie, si rafforzerebbe''. Quanto a possibili rilanci per Banco Bpm, il manager ritiene l'offerta fatta ''Equa''.
E attenzione: ''C’è un rischio di ribasso rispetto alle stime di consenso in un contesto di tassi in calo, di inflazione più elevata, in particolare per una banca che non ha investito a sufficienza né costruito linee di difesa''.
Perchè le resistenze in Germania non hanno senso
Quanto a Commerzbank che incontra resistenze in Germania, assicura ''vogliamo investire venti miliardi di euro nell’economia tedesca perché crediamo che il Paese, come l’intera Europa, abbia bisogno di banche più grandi, efficienti e forti. L’unione fra Unicredit e Commerzbank può sostenere molto bene il Mittelstand e rivitalizzare l’economia tedesca. Le due banche insieme guiderebbero la ripresa offrendo al Mittelstand finanziamenti su misura, servizi di consulenza, collegamenti paneuropei e accesso ai mercati dei capitali che Commerzbank da sola non può fornire''.
E fa notare che ''le banche statunitensi e altre stanno guadagnando quote crescenti del mercato bancario in Germania. Commerzbank da sola avrà difficoltà a mantenere la sua posizione senza una maggiore scala, investimenti e valore aggiunto''.