Variante Delta, test di massa e lockdown: in Cina il virus infetta la crescita

Le banche americane Goldman Sachs, JP Morgan e Morgan Stanley hanno tagliato le stime sulla crescita del Dragone

di Andrea Deugeni
Economia
Condividi su:

Il pugno di ferro di Pechino contro la diffusione della variante Delta e le nuove varianti in arrivo, il surriscaldamento dei prezzi alla produzione e l'inaspettato rallentamento dell'export presentano il conto alla Cina, la cui crescita frenerà nel secondo semestre. Dopo che il Fondo Monetario ha ritoccato al ribasso le stime sull’andamento del Pil (+8% a fine anno), anche la banca d’affari Goldman Sachs ha rivisto infatti le proprie previsioni sull’andamento dell’economia del Dragone nel terzo trimestre, sforbiciando di 3,5 punti percentuali al 2,3% la crescita da luglio a settembre. Ritocco che a fine anno porterà il saldo dell'intero 2021 all’8,3% dalla precedente previsione dell’8,6%, visto che secondo gli analisti della reginetta di Wall Street la crescita della Cina nel quarto trimestre beneficerà del sostegno politico e di una normalizzazione dell’attività economica.

La mossa dell'sitituto guidato da David Salomon è stata subito seguita a ruota dalle colleghe americane JP Morgan e Morgan Stanley che hanno a loro volta tagliato le proprie stime. JP Morgan ha portato su base trimestrale le proprie previsioni al 2,0% dal 4,3% e ha tagliato le stime sull'intero 2021 all'8,9% dal 9,1%. Morgan Stanley ha abbassato quelle per il trimestre luglio-settembre all'1,6%. "I recenti sviluppi indicano ulteriori rischi al ribasso per stime di crescita del terzo trimestre già deboli, legate alla diffusione della variante Delta, a una serie di modifiche regolamentari in nuovi settore dell'economici e all'erosione della fiducia dei mercati", hanno scritto gli analisti del colosso amministrato da Jamie Dimon, secondo cui come sottolineato da Goldman e da Morgan Stanley, Pechino interverrà in autunno con misure espansive ad hoc.


 

La diffusione della variante che ha fatto scattare una nuova ondata del virus (è stato  registrato il numero di contagi più elevato da metà gennaio) ha spinto le autorità di Pechino a inasprire le restrizioni su viaggi e sull'intrattenimento. Segno della scarsa fiducia da parte del policy-maker nell’efficacia dei propri vaccini, autorità preoccupate per le nuove varianti in arrivo. 

Il numero di province colpite ha raggiunto il livello più alto dal secondo trimestre dello scorso anno.

Nelle ultime ci sono stati solo 125 nuovi casi confermati, ma la velocità con cui infetta la Delta preoccupa Pechino che ha sanziona anche oltre 30 funzionari nelle province più colpite per non aver saputo gestire l’emergenza.

Alcune città hanno lanciato programmi di test di massa per cercare di controllare le infezioni trasmesse a livello locale, fra cui Wuhan, proprio la città che fu “ground zero” per la prima ondata, dove le autorità hanno appena annunciato di aver completato i test sull'intera popolazione di undici milioni di abitanti.

Per l'alto funzionario di Wuhan Li Tao i test, iniziati martedì, forniscono fondamentalmente "una copertura completa" di tutti i residenti in città ad eccezione dei bambini di età inferiore ai sei anni e degli studenti durante la pausa estiva. Le autorità di Wuhan hanno diagnosticato ieri due contagi trasmessi localmente.

La Cina dunque torna ai metodi severi collaudati nel 2020, con lockdown “mirati” che prevedono forti restrizioni a mobilità e viaggi che vengono limitati e che dunque frenano anche l’attività economica che ha mostrato alcuni segnali preoccupanti di debolezza nelle ultime settimane.

(Segue...)

Sul fronte macro, i dati sulla bilancia commerciale cinese, pubblicati sabato, sono risultati inferiori alle attese, mentre i dati odierni hanno mostrato un rialzo dell'inflazione nel settore manifatturiero del Paese, aggiungendo ulteriori potenziali pressioni sulla crescita del Pil.

A luglio infatti anche i prezzi alla produzione cinesi, a seguito dell'impennata di quelli delle materie prime, specie su petrolio e carbone, sono aumentati a un ritmo elevato. Nel dettaglio, la lettura è aumentata del 9% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, in accelerazione rispetto all'incremento dell'8,8% di giugno e al di sopra del consenso degli economisti (+8,8% anno su anno). L'aumento dei prezzi alla produzione a luglio ha eguagliato il dato di maggio, che è stato l'incremento del dato più consistente dal settembre del 2008.


 

Su base mensile la lettura è cresciuta dello 0,5% a luglio, in accelerazione, anche in questo caso, rispetto al +0,3% mese su mese di giugno. Negli ultimi mesi il governo cinese è intervenuto limitando le esportazioni di acciaio e reprimendo la speculazione sulle materie prime. L'indice dei prezzi al consumo cinese è aumentato dell'1% a livello annuale a luglio, in rallentamento rispetto all'incremento dell'1,1% di giugno. Il dato ha comunque battuto il consenso degli economisti che si aspettavano una crescita dello 0,8% anno su anno. I prezzi dei generi alimentari sono scesi del 3,7% a/a dopo il calo dell'1,7% anno su anno a giugno, ma su base mensile sono aumentati a causa delle forti piogge in molte parti del Paese.

Infine, i prezzi non alimentari sono aumentati del 2,1% a luglio, rispetto all'1,7% di giugno, sostenuti dall'impennata dei prezzi del petrolio e dall'aumento della spesa per viaggi e hotel durante le vacanze estive.

La Cina è il più grande importatore mondiale di petrolio, così in un contesto dove l'Opec+ sta aumentando la produzione mensile di 400.000 barili al giorno, il rallentamento della crescita del Dragone, i timori per la diffusione della variante Delta e le quote di importazione limitate soprattutto per le raffinerie private introdotte da Pechino hanno spaventato gli investitori sulla domanda globale di greggio, frenando il surriscaldamento del costo del barile: entrambi i benchmark principali, lo statunitense Wti e l'europeo Brent, sono tornati ben sotto quota 70 dollari.

@andreadeugeni