Il Nibbio: il film che riapre la ferita di Nicola Calipari
Il film Il Nibbio racconta la storia di Nicola Calipari, l'agente del SISMI morto a Baghdad per salvare Giuliana Sgrena. Un thriller che solleva domande scomode sulla sicurezza italiana.
Un sacrificio, una verità scomoda e un film che ci costringe a ricordare
Ci sono storie che, nonostante il tempo, continuano a far rumore. Quella di Nicola Calipari è una di queste. Il 4 marzo 2005, a Baghdad, muore mentre protegge Giuliana Sgrena, la giornalista del Manifesto appena liberata dai suoi sequestratori. Un eroe? Un incidente? Una tragedia annunciata? Vent’anni dopo, il film Il Nibbio non solo ricostruisce la vicenda, ma la carica di domande che pesano come macigni.
Un film tra thriller e realtà
Alessandro Tonda, regista abituato a raccontare tensioni e ingiustizie, firma un’opera che evita la celebrazione e punta dritto al punto: la macchina dell’intelligence italiana funzionava davvero? O Calipari è stato vittima di un sistema che, invece di proteggerlo, l’ha esposto al peggio?
Claudio Santamaria, che per interpretarlo ha perso dodici chili, lo restituisce in tutta la sua umanità. Niente eroismi da copertina, solo un uomo che faceva il suo lavoro, con metodo e lucidità. Ma se il film ci porta dentro la sua ultima missione, lo fa senza dare risposte facili. Un thriller politico che lascia lo spettatore con l’inquietante sensazione che ci sia ancora molto da capire.
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L’intelligence italiana oggi: abbiamo imparato qualcosa?
Marco Mancini, ex dirigente del SISMI, è netto: il controspionaggio italiano è in affanno. Minacce ibride, attacchi informatici, fughe di dati sensibili: scenari di guerra senza bombe, ma altrettanto pericolosi. L’Italia, nel frattempo, sembra sempre un passo indietro.
Il caso Walter Biot, ufficiale della Marina arrestato per aver venduto segreti militari ai russi, è solo l’ultimo segnale d’allarme. La sicurezza non è solo proteggere vite, ma informazioni, infrastrutture, strategie. Il Nibbio diventa così, suo malgrado, un film che ci sbatte in faccia un’amara realtà: siamo più sicuri oggi di vent’anni fa? Oppure l’eredità di Calipari è rimasta solo sulle pagine di un copione?
Cinema, memoria e inquietudine
Tonda non gioca con i sentimenti, non spinge sul dramma facile. Il Nibbio è diretto, secco, quasi freddo nel raccontare le ore che hanno portato a quel tragico sparo. Gli sguardi dicono più delle parole, la tensione cresce senza bisogno di enfasi. Baghdad è una città ostile, la missione è un equilibrio precario. Tutto sembra portare a un solo destino.
E alla fine resta la domanda: la morte di Nicola Calipari è stata davvero un errore? O qualcuno ha lasciato che accadesse? Il film non lo dice, ma il dubbio è lì, sospeso, e non si cancella con i titoli di coda.
Un film necessario? Sì. Sufficiente? No.
Il Nibbio ci ricorda che la memoria non serve a nulla se non porta a un cambiamento. Guardare al passato senza imparare niente è solo esercizio di nostalgia. La storia di Nicola Calipari non è una pagina chiusa. È un avvertimento. Ma qualcuno sta davvero ascoltando?
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