Afghanistan, il ritorno al Medioevo cancella la figura delle donne

Nella propaganda islamica la controinformazione presenta una realtà inesistente

di Daniele Rosa
Esteri
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E, nell’Afghanistan “liberato” dagli infedeli americani ed occidentali, il ritorno al Medioevo sembra essere ancora più rapido del previsto. I racconti e gli articoli che i pochi giornalisti che in qualche modo riescono a dare voce alla situazione raccontano come, ad esempio, gli studenti del Corano stiano posizionando il ruolo della donna nel paese.

E il processo di ridimensionamento partito con una semplice dichiarazione del portavoce talebano” le donne non devono lavorare , fare politica o sport, il loro ruolo è quello di fare figli”.

Dopo questa dichiarazione che non lascia spazio a nulla il dipartimento delle pubbliche relazioni dei talebani ha preparato ad uso e consumo dei giornali esteri una specie di “teatrino” con la partecipazione di trecento "sorelle devote" che avrebbero manifestato il loro sostegno all'Emirato islamico e il loro rifiuto della democrazia.

Ricoperte dalla testa ai piedi con un abito “all black” hanno osannato l’idea del hijab (nascondere il proprio corpo) e insultato tutte le influenze occidentali.

E i pochi giornalisti presenti hanno raccontato di essere stati perquisiti da guardie armate che non sapevano bene come comportarsi invece con le giornaliste donne.

Appena arrivate alla Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Kabul, le giornaliste sono state chiamate “sorelle”, un termine utilizzato quando non si puo’ proprio fare a meno di trattare con delle donne.

Il capo del teatrino, Mohammad Wakkas, all’inizio avrebbe voluto far entrare allo spettacolo solo i giornalisti uomini, poi dopo aver compreso che il messaggio, in questo modo non sarebbe mai passato, ha permesso l’ingresso a tutti.

E lo spettacolo, come spiegato in dettaglio, è iniziato con il canto obbligatorio di alcuni versetti del Corano. Subito dopo un’ombra nera è salita sul palco e con rabbia ha attaccato l'Occidente.

"Con la forza o attraverso i media, vogliono che ci vestiamo come loro e sono contro l'hijab" ha detto la donna.

Solo tre delle partecipanti erano coperte con il burqa, la veste delle donne pashtun. Un qualcosa che si adatta come un berretto sulla testa e copre tutto il corpo con una piccola rete all'altezza degli occhi.

E’, il burqa, il simbolo dell'annullamento delle donne da parte dei talebani sin dalla loro precedente dittatura (1996-2001). Ma chi ha assistito a questo atto di sostegno all'Emirato islamico era vestito come i fondamentalisti salafiti, di nero e senza mostrare il volto.

Una giovane che parlava inglese, ha spiegato che le donne nella manifestazione provenivano da diverse scuole coraniche, le madrasse "vari centri accademici di Kabul per sostenere il sistema islamico". Tutte donne preparate unicamente per compiti di propaganda.

Tutti i relatori hanno poi lanciato accuse contro l’educazione mista, vera e propria ossessione degli islamisti “Non fa bene alla nostra società. Pone problemi ai nostri giovani che, invece di concentrarsi sugli studi, perdono le energie su altre questioni. La cultura occidentale non ha posto in Afghanistan e l’educazione mista è il primo passo verso di essa”.

Tutte le partecipanti hanno ripetuto di parlare a nome del popolo afgane e hanno confermato che “Le donne che protestano contro l'Emirato Islamico non rappresentano l'Afghanistan; sono una minoranza. Siamo la maggioranza. Agli afgani non piace la democrazia della cultura occidentale ".

Ed alla fine una delle poche giornaliste afgane, vestita a suo rischio e pericolo in jeans, canottiera e foulard è uscita seccamente dicendo "Non c'è futuro per le donne in questo Paese".

E purtroppo è la cruda verità.