Biden-Xi riducono le tensioni, ma il deterioramento dei rapporti è strutturale

E' il giorno dell'attesissimo faccia a faccia di San Francisco: Usa e Cina cercano di stabilizzare i legami, ma le sfide sul lungo termine restano

di Lorenzo Lamperti
Tags:
cinaelezioni taiwanjoe bidenopposizionetaiwanxi jinping
Xi Jinping e Joe Biden
Esteri

Summit Biden-Xi: ecco che cosa c'è in agenda

Il giorno dell'atteso faccia a faccia diplomatico più importante dell'anno è arrivato. A San Francisco, prima del summit Apec di giovedì e venerdì, i presidenti di Stati Uniti e Cina hanno in programma un colloquio di diverse ore a partire dalle 10,45 del mattino locali, le 19,45 in Italia. L'obiettivo principale di Joe Biden e Xi Jinping è stabilizzare i legami e allentare le tensioni che erano arrivate al massimo negli scorsi mesi dopo la visita di Nancy Pelosi a Taiwan e la vicenda del presunto pallone spia che aveva fatto saltare il viaggio del segretario di Stato americano Antony Blinken a Pechino.

Per arrivare all'incontro, entrambe le parti si sono mostrate disponibili al riavvio del dialogo su diversi fronti. Il risultato più tangibile dell'incontro dovrebbe essere il ripristino di alcuni meccanismi di comunicazioni militari tra le loro forze armate. Il piano è quello di riprendere i regolari colloqui nell'ambito del cosiddetto Accordo consultivo militare marittimo, che fino al 2020 era stato utilizzato per migliorare la sicurezza in aria e in mare.

Il governo cinese sta anche valutando la possibilità di presentare un impegno per l'aereo di linea 737 della Boeing durante il vertice Apec di San Francisco, come segnale di un recente disgelo. Pechino sarebbe pronta anche a dare un giro di vite alla produzione e all'esportazione di fentanil. La Cina si metterebbe sulle tracce delle aziende chimiche per arginare il flusso di fentanil e del materiale di partenza utilizzato per produrre il micidiale oppioide sintetico. In cambio, l'amministrazione Biden eliminerebbe le restrizioni sull'istituto di polizia scientifica cinese, un'entità che gli Stati Uniti ritengono responsabile di abusi dei diritti umani.

La Cina sta inoltre cercando di ampliare il dialogo sull'intelligenza artificiale per includere altre tecnologie, nella speranza che l'impegno ritardi ulteriori restrizioni da parte degli Stati Uniti. Già annunciato il lancio di un gruppo di lavoro sulla cooperazione climatica. In una dichiarazione congiunta pubblicata dai media statali cinesi e diffusa dal Dipartimento di Stato americano, i due governi hanno affermato che il gruppo si concentrerà su "transizione energetica, metano, economia circolare ed efficienza delle risorse, province/stati e città a basse emissioni di carbonio e sostenibili e deforestazione". 

A entrambi serve il disgelo ora, ma i rapporti nel lungo termine non cambieranno

D'altronde, a entrambi i leader farebbe comodo raggiungere un certo tipo di consenso sulle relazioni bilaterali. Per diversi motivi, entrambi non possono permettersi un confronto diretto nel breve termine. Gli Usa sono quelli che forse hanno la maggiore urgenza. Sono già coinvolti nell'assistenza a Ucraina e Israele per i conflitti in Europa orientale e Medio Oriente. Non possono permettersi l'apertura di un terzo fronte in Asia-Pacifico, che è peraltro il cuore degli interessi strategici americani.

Non solo. Biden ha anche bisogno di mostrare qualche risultato in una politica estera che sin qui gli ha riservato quasi solo delusioni. I repubblicani lo criticano per la debolezza, sostenendo che non sia in grado di trovare accordi con nessuno, né di impedire azioni aggressive dei paesi rivali. Con la campagna elettorale non troppo lontana all'orizzonte, Biden ha bisogno di mostrare di saper gestire il rapporto con la Cina.

Per Xi, invece, la priorità attuale è senz'altro quella economica. La Cina ha appena registrato il suo primo deficit trimestrale di investimenti diretti esteri (IDE), sottolineando la pressione del deflusso di capitali da parte dei governi occidentali. Secondo un'analisi dei dati cinesi, per sei trimestri consecutivi fino alla fine di settembre le imprese straniere hanno sottratto alla Cina oltre 160 miliardi di dollari di utili totali, una serie insolitamente sostenuta di deflussi di profitti che dimostra quanto il fascino del Paese stia diminuendo per i capitali stranieri.

"Ma si tratta di un riscaldamento ciclico in mezzo a un deterioramento strutturale delle relazioni", prevede in modo pessimistico Evan Medeiros, ex alto funzionario della sicurezza nazionale nell'amministrazione Obama. Il riavvio del dialogo non significa arrivare a grandi accordi o accettare compromessi sui dossier più delicati: in primis Taiwan, microchip e mar Cinese meridionale.

Le due potenze non smettono certo di prendere posizione sui dossier più delicati solo perché va in scena il summit di San Francisco. A margine del vertice Apec, Biden vedrà il premier giapponese Fumio Kishida e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, coi quali ha rilanciato l'alleanza trilaterale durante il summit di Camp David dello scorso agosto. È stato anticipato l'accordo per la condivisione in tempo reale dei dati sui missili nordcoreani.

Già lunedì, Biden ha invece ricevuto alla Casa bianca il presidente indonesiano Joko Widodo, con cui ha formato un piano di lavoro per la creazione di un accordo commerciale sui minerali critici, con cui Giacarta fornirà risorse cruciali per la produzione di batterie utili ai veicoli elettrici. L'Indonesia è ricca per esempio di nichel, su cui però la Cina ha già raggiunto diversi accordi negli anni passati. A margine del vertice Apec, il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr visiterà invece il comando del Pacifico dell'esercito americano alle Hawaii. Messaggio simbolico molto forte, dopo i ripetuti incidenti tra navi di Manila e di Pechino sulle acque contese del mar Cinese meridionale. Ma anche il luogo dove il padre dittatore trascorse in esilio gli ultimi anni della sua vita.

Il principale scoglio al disgelo nelle relazioni Usa-Cina resta sempre Taiwan. Da Taipei può arrivare però un assist. L'opposizione dialogante con Pechino ha trovato l'accordo per presentare un candidato unitario alle elezioni presidenziali del prossimo gennaio. Questo cambia drasticamente le prospettive che fin qui vedevano strafavorita l'attuale maggioranza invisa a Xi Jinping. Una vittoria dell'opposizione potrebbe abbassare di molto le tensioni sullo Stretto.