Il “Piano del Generale”, totale pulizia etnica di Gaza Nord. Difficilmente gli Usa potranno fermare Israele

Blinken e Austin hanno scritto alle loro contro-parti israeliane

di Giacomo Costa

ANTONY TONY BLINKEN SEGRETARIO DI STATO USA

Esteri

Usa-Israele, il caso della lettera di due ministri ad altri che sarebbe dovuta restare segreta...

Martedì 15 Ottobre è stata resa nota, forse con una fuga di notizie, una singolare lettera ufficiale datata Domenica 13 scritta e inviata dal Segretario di Stato Blinken e dal Segretario della Difesa Austin, statunitensi, alle loro contro-parti israeliane, individuate in Ron Derner, Ministro per gli Affari Strategici, e Yoav Gallant, Ministro della Difesa. La lettera è molto lunga e contiene non tanto delle richieste quanto piuttosto delle istruzioni a tratti sorprendentemente dettagliate su ciò che il governo di Israele, di cui i due destinatari sono componenti importanti, deve fare per alleviare la situazione dei palestinesi di Gaza, che sta diventando catastrofica a causa anche delle crescenti limitazioni ai rifornimenti imposte dal governo israeliano: che nel Marzo di quest’anno si era impegnato a facilitare! Fin qui niente di nuovo, sono cose che gli statunitensi ripetono ai loro protegés israeliani quasi ogni giorno: invano. Ma questa volta c’è una novità. 

Come se si fossero appena svegliati da un lungo sonno, i due statunitensi si ricordano e ricordano ai loro colleghi che in base a una loro legge il rifornimento di armi a un paese amico può continuare solo se questo non pone ostacoli all’assistenza e al soccorso delle popolazioni civili coinvolte nei conflitti, e che è compito dei loro ministeri, o dipartimenti, di monitorare continuamente. Bene: entro un mese dal ricevimento della lettera ci deve essere una svolta nel trattamento dei gazawi. 

E’ una minaccia? No, ma bisogna cercare di mettere in atto i giusti incentivi. Come ha spiegato Mercoledì 16 Andrew Miller, un ex funzionario del Dipartimento di Stato che si occupava degli affari israelo-palestinesi: “La ragione per cui non abbiamo avuto dei livelli sufficienti di assistenza umanitaria nell’intero periodo è in parte che non ci sono state congrue conseguenze per non conformarsi agli standard richiesti.”  C’è ora nella lettera una formulazione degli “standard richiesti” a volte ancora lasca, a volte alquanto stringente. Vediamo alcuni esempi:

• Consentire ad almeno 350 camion al giorno di entrare a Gaza, in modo da mantenere il vostro impegno precedentemente assunto di permettere che l’assistenza possa passare da tutti e quattro  i varchi principali (Erez Ovest, Erez Est, Il Cancello 96, e Kerem Shalom) e anche di aprirne un quinto.

•• Istituire delle adeguate pause umanitarie in tutta Gaza necessarie per lo svolgimento delle attività umanitarie, comprese vaccinazioni, consegne, e distribuzione, per almeno i prossimi quattro mesi.

••• Finire l’isolamento di Gaza Nord riaffermando che non vi sarà alcuna politica israeliana di evacuazione forzata della popolazione civile da Gaza Nord a Gaza Sud.

•••• Garantire che le organizzazioni umanitarie abbiano accesso continuativo a Gaza Nord attraverso i varchi a Nord e da Gaza Sud.

Vi sono numerose altre direttive enunciate nella lettera. La prima delle quattro che ho scelto riguarda i rifornimenti. Il numero dei camion è sceso in sei mesi da 400 a 50. La direttiva tenta di riportarlo alla normalità. La seconda direttiva è meno intuitiva. Cosa sono queste “pause umanitarie”? Gaza vive tuttora in uno stato di estrema conflittualità. Nel caso migliore i gazawi sono soggetti a continui rastrellamenti, che possono in ogni momento finire con delle sparatorie mortali. Le pause umanitarie sono sospensioni nelle quotidiane attività militari.

La terza e la quarta, ma soprattutto la terza, fanno una riferimento implicito al sinistramente famoso (anche se credo in Italia non se ne sia parlato) “Piano del Generale”, già approvato dal governo israeliano e in parte in corso di attuazione. Molto in breve, il piano prevede di compiere una totale pulizia etnica di Gaza Nord, dove c’è la città principale, certo in gran parte distrutta, ma da cui la vita potrebbe ricominciare. Mi pare molto dubbio che la lettera di Austin-Blinken possa affrontare con successo il compito di indurre il governo israeliano a rinunciarvi.




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