Cina, meno Deng e più Mao: il plenum riscrive la storia secondo Xi Jinping

Via alla quattro giorni del Partito comunista che approverà una nuova "risoluzione storica": meno capitale e più socialismo nell'era della prosperità comune

di Lorenzo Lamperti
Esteri
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Lo scorso anno aveva dominato l'economia. Quest'anno domina la storia. Ma in realtà si è già entrati nella fase di massima espressione politica, sulla marcia la cui distanza si sta facendo sempre meno lunga verso il terzo mandato di Xi Jinping. Al quinto plenum del 19esimo Comitato centrale del Partito comunista cinese era stato messo a punto un piano quinquennale che in realtà ha portata quindicennale, con al centro la nuova strategia della doppia circolazione. Al sesto plenum, iniziato lunedì 8 novembre e con conclusione giovedì 11 novembre, arriverà invece una risoluzione sulla storia del Partito. Il tutto in un momento cruciale e snodo decisivo per il futuro della Repubblica Popolare.

Cina, Xi timoniere verso il Congresso del 2022

Dopo aver celebrato lo scorso luglio il suo centenario, Pechino è ufficialmente entrata nella lunga vigilia del ventesimo congresso dell'autunno del 2022. Quello che ogni probabilità porterà alla conferma di Xi, o alla sua elevazione al grado di presidente del Partito (oltre che della Repubblica Popolare), carica abolita nel 1982. O addirittura all'onorificenza di "timoniere", in passato toccata a Mao Zedong. D'altronde, non è certo un mistero che Xi si ricolleghi sempre più spesso in maniera diretta al "grande timoniere" Mao e al "piccolo timoniere" Deng Xiaoping, bypassando i due predecessori più immediati, Jiang Zemin e Hu Jintao. 

D'altronde, negli scorsi mesi il Quotidiano del Popolo ha pubblicato diversi testi sul ruolo storico del socialismo, nei quali Jiang Zemin e Hu Jintao trovano sempre meno spazio. Tanto che il sinologo francese Jean-Pierre Cabestan, capo del dipartimento di studi internazionali alla Hong Kong Baptist University ed esperto di nazionalismo cinese, ha spiegato a Il Manifesto: "Il Pcc ha iniziato a riscrivere la storia cinese dal primo giorno. C’è stata una grande discontinuità tra la Rivoluzione culturale di Mao e l’era delle riforme di Deng. Jiang e Hu vi hanno sempre fatto riferimento, ma Xi vuole cancellare ogni punto di svolta e guardare alla storia della Repubblica Popolare come un blocco unico, per dimostrare che il Partito ha sempre avuto ragione".

La risoluzione sulla storia secondo Xi Jinping

L'approvazione della terza risoluzione sulla storia cementerà questa linea diretta, questo filo rosso conduttore tra Mao, Deng e Xi. Un filo rosso che non può essere intaccato da errori o criticità esplicite. Per questo la nuova risoluzione non condannerà la rivoluzione culturale così come aveva invece fatto quella del 1982. Il testo di 39 anni fa aveva approvato il 70% dell'operato di Mao, ritenendone però sbagliato il 30%. Proporzione che non sarà riproposta da uno Xi che ha semmai rafforzato la vicinanza retorica alla prima era rivoluzionaria. Anzi, Xi sta semmai prendendo qualche distanza dall'eccessiva apertura al capitale effettuata da Deng. "Oggi Deng non viene più considerato un eroe", dice infatti Cabestan. "Certo, è l’uomo che ha lanciato le riforme e aperto il paese ma è anche colui che ha rischiato di aprire la strada a riforme politiche prima di Tian’anmen, inclusa la separazione tra partito e governo".

La Cina di Xi tiene insieme tutto: Mao, Deng e la tradizione millenaria cinese. Da qui il ruolo fondamentale attribuito all'archeologia. Da qui le ripetute citazioni di Marx. Da qui la rinnovata retorica della "prosperità comune". La nuova risoluzione cementerà il ruolo di Xi guardando però soprattutto al futuro. Così era d'altronde accaduto anche nel 1945 e 1982, quando i due precedenti testi avevano di fatto spianato la strada all'affermazione della linea di Mao che si dirigeva verso la guerra civile coi nazionalisti del Guomindang e quella di Deng verso la stagione di riforma e apertura. Il 2021 può diventare lo snodo cruciale in cui la storia si innesta verso il futuro targato Xi, con sguardo sul 2035, a metà strada verso il centenario della Repubblica Popolare del 2049, anno entro il quale la società socialista dovrà essere anche armoniosa e il ringiovanimento nazionale compiuto, possibilmente insieme alla "riunificazione" con Taiwan. 

Si tratta di un passaggio fondamentale, per garantire a Xi lo stesso ruolo storico assegnato ai due illustri predecessori. Un ruolo storico che si estrinseca però nel presente, nel quale criticare Xi diventa sempre più sinonimo di porsi contro la Cina. "La risoluzione storica sarà un documento che guarda al secolo scorso e celebra Xi come leader di una storica giuntura nella quale la Cina è sul cammino socialista verso l'ascesa a potenza globale", ha spiegato al South China Morning Post Xie Maosong, ricercatore della Tsinghua University di Pechino.

Cina, i malumori sulle restrizioni anti Covid

Eppure, all'esterno, aleggia qualche primo malumore. In particolare sulla politica dei zero contagi portata avanti sul Covid. Dopo un commento di settimana scorsa pubblicato su Caixin che sosteneva come le restrizioni rischiassero di creare "più problemi che benefici", ecco le dichiarazioni di Guan Yi, noto virologo cinese che viaggiò a Wuhan durante le prime fasi della pandemia. In un'intervista a Phoenix Tv, riportata da Bill Bishop nella sua Sinocism, Guan ha espresso dubbi sull'efficacia dei vaccini cinesi e ha dichiarato che ora che il virus è "interamente adattato all'uomo", la politica di zero tolleranza di Pechino rischia di essere troppo "costosa" e che l'obiettivo dei zero contagi non potrà essere mantenuta.

Ma è proprio su queste basi che si regge la retorica della superiorità del modello cinese rispetto a quello occidentale di contenimento e prevenzione del Covid. Per questo appare difficile un cambio di rotta. Almeno per ora, con in corso il plenum e a poche settimane dai Giochi Olimpici invernali di Pechino. E mentre sulla capitale cade già la prima neve di questo inverno, Xi mette il suo volto sull'orizzonte cinese. Oltre le nuvole.