Cobalto, con l'Africa Xi mette le mani sull'auto del futuro. Usa-Ue in ritardo
Con l'arrivo di Biden e i grattacapi per Macron in Sahel, Usa e Ue cercano di cooperare per contenere l'influenza cinese in Africa. Ma Pechino s'è mossa prima
Europa e Stati Uniti la considerano soprattutto un problema. La Cina invece la ritiene un'opportunità. L'Africa, immenso continente sull'uscio del territorio italiano, sarà un campo cruciale per la contesa commerciale, geopolitica, tecnologica tra Occidente e Pechino. Ma il vantaggio accumulato dalla Cina non sarà semplice da ridurre. Gli Stati Uniti si stanno accorgendo con forte ritardo della sua importanza, non solo sotto il profilo del peso diplomatico (quando si vota alle Nazioni Unite ogni paese vale uno, e avere dalla propria parte i 54 paesi africani può spostare gli equilibri), ma anche e soprattutto sotto il profilo commerciale e delle risorse minerarie.
CINA-AFRICA, 60 MILIARDI DI INVESTIMENTI
La dimostrazione plastica del vantaggio cinese è arrivata nel 2018, quando Donald Trump si chiede perché gli Stati Uniti avrebbero dovuto accogliere immigrati provenienti da "shithole countries". Poche settimane dopo, Xi Jinping avrebbe invece ricevuto con tutti gli onori a Pechino 53 leader e rappresentanti di Stati africani, escluso il re di eSwatini (l'unico stato del continente che ha mantenuto rapporti con Taiwan e dunque non ha relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare). In quell'occasione Xi Jinping ha annunciato 60 miliardi di dollari di investimenti in Africa tra progetti infrastrutturali, prestiti, fondi speciali. Una cifra monstre che è il coronamento di una politica portata avanti da anni e che ha reso Pechino un attore fondamentale per il futuro del continente. Progetti poi solo in parte ridimensionati dalla pandemia da coronavirus.
Fonte: ChinAfrica Journey di Lorenzo Riccardi
AFRICA, IL VANTAGGIO DELLA CINA COSTRUITO NEI DECENNI: IL FILO ROSSO TRA MAO E XI
Il vantaggio cinese è stato infatti costruito nei decenni. Già la Cina terzomondista di Mao Zedong punta sulla collaborazione con l'Africa, per il suo obiettivo dichiarato di mettersi a capo del cosiddetto "terzo mondo". Nel giugno 1965 arriva a Dar es Salaam, la capitale della Tanzania, il primo ministro Zhou Enlai. L'allora presidente della Tanzania Julius Nyerere apre le porte dell'Africa alla Cina maoista. Quasi 50 anni dopo, il 24 marzo 2013, nella stessa città arriva Xi Jinping, da poco nominato presidente. A riceverli il presidente della Tanzania, Jakaya Mrisho Kikwete, e una folla munita di bandierine. Dopo la visita in Russia dei giorni precedenti, è il primo viaggio internazionale di Xi, che da subito chiarisce il focus sulla presenza cinese nel continente.
PRESENZA CINESE IN AFRICA: AEROPORTI, MOSCHEE, FERROVIE, PALAZZI POLITICI
Per capire quanto sia radicata la presenza cinese in Africa basta elencare qualche numero. La Cina ha creato 300 mila nuovi posti di lavoro ed è il paese con il maggior numero di cittadini in Africa. La Nigeria ha ricevuto 17 prestiti e finirà di ripagarli nel 2038. Lo Zambia ha 8,7 miliardi di debito estero, di cui 7,4 verso la Cina. Il Kenya rischia di dover cedere il porto di Mombasa. Se si atterra ad Algeri si atterra in un nuovo aeroporto costruito da società cinesi. La più grande moschea d'Africa, che si trova sempre in Algeria, è stata sempre costruita dai cinesi. Addis Adeba, che si può considerare per certi versi la capitale del continente, ospita la sede della Commissione delle Nazioni Unite per l'Africa e quella dell'Unione Africana, sempre costruita da aziende cinesi. E sono solo alcuni esempi di una serie interminabile di investimenti che riguarda trasversalmente tutto il continente. La ferrovia da Mombasa a Nairobi è solo uno dei simboli più celebri della presenza cinese in Africa, ma il più grande progetto economico è una rete ferroviaria costiera in Nigeria, il cui investimento totale è superiore ai 12 miliardi di dollari americani.
CINA IN AFRICA: BASE MILITARE A GIBUTI E LABORATORIO TECNOLOGICO
A Gibuti è stata invece aperta la prima base militare all'estero dell'Esercito popolare di liberazione, in corrispondenza dello stretto di Bab el-Mandeb che porta a Suez e al Mediterraneo. Una posizione scelta non a caso, visto che da qui si entra dal golfo di Aden al mar Rosso e dunque poi al Mediterraneo. La Cina utilizza l'Africa anche come laboratorio tecnologico: lo Zimbabwe ha adottato il riconoscimento facciale di CloudWalk Technology, altri paesi quello di Hikvision. Il sistema di sorveglianza di massa made in China trova terreno florido in stati con guide autoritarie. E Pechino riceve accesso preferenziale alle risorse minerali e alle terre rare, cruciali per la guerra fredda tecnologica.
IL COBALTO DEL CONGO ALLA CINA: VANTAGGIO PER AUTO ELETTRICHE E A GUIDA AUTONOMA
Cruciale, in questo discorso, il ruolo delle risorse minerarie. Tra queste, un ruolo speciale ce l'ha il cobalto, fondamentale per lo sviluppo delle auto elettriche e a guida autonoma. La leadership nel mercato delle auto elettriche e in quello delle auto a guida autonoma significa semplicemente essere leader nel settore automotive del futuro. Bene. La Repubblica Democratica del Congo ha il 54% delle risorse globali di cobalto. E la Cina ha le porte spalancate in quel paese. Basti guardare ai dati: nel 2019 la Cina ne ha importato per 1,2 miliardi di dollari. Alle sue spalle l'India con 3,2 milioni. Si può immaginare l'incredibile ritardo di qualunque altro paese.
EUROPA E USA PROVANO A COLMARE IL DIVARIO
Questo dà l'idea di un divario clamoroso, che difficilmente Europa e Usa potranno colmare rapidamente. L'idea, però, è quella di provarci. Quantomeno dall'arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, che nel suo viaggio europeo di questi giorni solleverà il tema di una maggiore cooperazione bilaterale Usa-Ue nel continente africano. Già, perché finora dopo la guerra in Libia ognuno si è mosso per conto suo, in modo disarticolato. In particolare la Francia ha perseguito i propri interessi, per esempio schierandosi con il generale Haftar nella questione libica, senza dunque seguire non solo la linea italiana, ma anche quella americana che aveva riconosciuto la legittimità del governo di Tripoli.
CIAD E MALI, DUE GRANE PER MACRON IN SAHEL. DI MAIO IN NIGER
Ora, però, Emmanuel Macron vede traballare la sua presa sul Sahel, area storicamente di influenza francese. L'improvvisa morte di Deby, presidente e uomo forte del Ciad alleato di Parigi, e il golpe in Mali hanno fatto venire meno due pilastri della françafrique anti islamista. Ecco perché, ora anche Macron sembra aperto a una maggiore cooperazione non solo con gli Usa ma anche con gli altri paesi europei. Non è un caso che sia il ministro della Difesa Lorenzo Guerini sia il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si siano recati nelle ultime settimane in Sahel, in particolare in Niger, un paese cruciale per le missioni anti jihadiste e per il controllo della rotta dei migranti.
Al nuovo presenzialismo europeo in Africa si aggiunge quello statunitense. Washington negli ultimi mesi è riuscita a piazzare al seggio temporaneo del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il Kenya, molto più vicino alle posizioni occidentali rispetto all'altro candidato africano ritenuto più vicino alla Cina, il Gibuti. E ora Biden ha intenzione di coinvolgere i partner europei in un piano di cooperazione per provare a contenere l'influenza cinese nel continente. Non sarà una missione semplice.