Elezioni in Congo: il voto decide il futuro di auto elettriche e smartphone
Mercoledì 20 dicembre presidenziali nel Paese africano, fondamentale per le riserve di cobalto, ma anche per rame, litio, oro, petrolio e gas
Elezioni nella Repubblica Democratica del Congo: gli occhi del mondo sul cobalto
Mercoledì 20 dicembre si svolgono le elezioni forse più attese dagli investitori internazionali, privati e politici. Soprattutto quelli interessati alle risorse minerarie critiche per la produzione di batterie e veicoli elettrici. Può sembrare strano dirlo, ma queste elezioni si svolgono nella Repubblica Democratica del Congo, in Africa centrale. Il Paese ha le riserve di cobalto più grandi al mondo, ma è importante anche sul fronte energetico con gas e petrolio.
Una vittoria del presidente Felix Tshisekedi significherebbe probabilmente il proseguimento del suo obiettivo di attirare maggiori investimenti stranieri e rinegoziare i contratti per migliorare le condizioni del Congo. Ma attenzione, perché molto può cambiare in caso di sua sconfitta. Tra gli avversari di Tshisekedi ci sono il magnate minerario Moise Katumbi e l'ex dirigente petrolifero Martin Fayulu, i cui trascorsi imprenditoriali, a detta di entrambi, li aiuteranno a ripulire le industrie estrattive del Congo, afflitte dalla corruzione, in caso di vittoria.
Nel dettaglio, la Repubblica Democratica del Congo ha il 54% delle risorse globali di cobalto. La Cina domina le esportazioni, anche se Tshisekedi ha cercato di attirare altri investitori stranieri e di rinegoziare gli accordi esistenti per migliorare la partecipazione del Congo ai principali progetti. Chiunque vinca dovrà assumere la guida dei colloqui in corso proprio con la Cina, anche per quanto riguarda i nuovi termini della joint venture Sicomines, parte di un accordo da 6 miliardi di dollari per la costruzione di infrastrutture nel 2008.
Con l'appoggio di Tshisekedi, il gruppo minerario statale Gecamines ha dichiarato di voler rinegoziare alcuni termini dei contratti di joint venture con partner quali Glencore e investitori cinesi, nell'intento di acquistare rame e cobalto in misura proporzionale alle proprie quote.
l Congo è anche il terzo produttore mondiale di rame e possiede importanti giacimenti di litio, stagno, tungsteno, tantalio e oro. Tshisekedi ha cercato di sviluppare le riserve di combustibili fossili del Congo, in gran parte non sfruttate, mettendo all'asta i diritti di 30 blocchi di petrolio e gas. La vendita è stata lanciata ufficialmente nel luglio 2022, ma le aste sono state afflitte da ritardi e finora è stata completata solo la tornata di licenze per i tre blocchi di gas, anche se con la notevole assenza di importanti operatori stranieri.
La Cina domina, l'occidente tenta il recupero. Tutti sperano nella stabilità del Congo dopo il voto
Il governo afferma che il Congo ha 22 miliardi di barili di riserve di greggio e punta a una produzione di 200.000 barili al giorno, che lo renderebbe uno dei maggiori produttori di petrolio dell'Africa. La tempistica per lo sviluppo dei blocchi non è ancora chiara.
I dubbi sulla guida di Tshisekedi, spesso autoritaria e dalle forti tinte nazionaliste, ha sin qui evitato un grande approfodimento dei legami coi paesi occidentali. Ma, come prevede Reuters, la situazione potrebbe cambiare nei prossimi anni, quando le potenze globali cercheranno di accedere ai minerali necessari per guidare la transizione energetica pulita.
Le risorse del Congo sono davvero cruciali per la produzione di veicoli elettrici e telefoni cellulari. Soprattutto sul primo fronte, i tentennamenti occidentali hanno favorito il dominio cinese di cui si discute tanto ora, soprattutto sul tema delle auto elettriche.
Ma in tanti hanno capito che non possono fare gli "schizzinosi" e gli investimenti in Congo nei prossimi anni sono destinati ad aumentare. Ecco perché il voto del 20 dicembre è importante anche a livello globale, dove si spera che il prossimo presidente sia orientato ad accogliere le imprese straniere. Ma dove soprattutto si spera che il voto si svolga in maniera pacifica e i risultati non scatenino tensioni interne che rischierebbero di pregiudicare la stabilità del Paese e compromettere l'acccesso a risorse cruciali.