Corea, rischio escalation nucleare: salta la strategia asiatica di Biden?
Doppio test missilistico tra Pyongyang e Seul. La sorella di Kim Jong-un minaccia la "completa distruzione" dei rapporti bilaterali
Momento più sbagliato non poteva esserci. Gli Stati Uniti si sono ritirati dall'Afghanistan, rischiando una figuraccia a livello globale, anche per focalizzarsi sulle proprie priorità strategiche: riaffermare la presenza americana in Asia Pacifico e mettere nel mirino l'ascesa della Cina nell'area. Ora, però, Joe Biden rischia di trovarsi tra le mani un "nuovo" dossier alquanto spinoso, potenzialmente in grado di compromettere la strategia asiatica di Washington. Vale a dire una recrudescenza della storica crisi coreana.
Doppio test missilistico nella penisola coreana
La tensione sulla penisola è infatti tornata ad altissimi livelli. Già nel fine settimana il regime di Kim Jong-un ha testato un nuovo tipo di missile da crociera a lungo raggio, a pochi giorni di distanza dalla parata notturna con la quale si era celebrato il 73esimo anniversario della fondazione del Paese. Secondo quanto ha riportato l'agenzia di stampa di Stato della Corea del Nord, la Kcna, i missili hanno viaggiato per poco più di due ore, 7.580 secondi, sopra le acque territoriali, prima di colpire il bersaglio in mare aperto a una distanza di 1500 chilometri. Si trattava del primo lancio dallo scorso marzo, quando però erano stati testate dei missili a corto raggio, dunque molto meno insidiosi di quelli lanciati nei giorni scorsi. Ma Pyongyang non si è fermata. Anche nella giornata di mercoledì 15 settembre sono stati lanciati due missili balistici che hanno compiuto un volo di 800 chilometri raggiungendo un'altezza massima di 60 chilometri prima di finire nel Mare del Giappone.
Contrariamente a quanto accaduto varie volte in passato, significativamente questa volta la Corea del Sud ha reagito. Sempre mercoledì, infatti, Seul ha testato il lancio di missile balistico da sottomarino. Si tratta della prima volta in cui l'esercito sudcoreano sperimentava (con successo) questa tecnologia. Significativamente, il test è avvenuto a poche ore di distanza da quello nordcoreano e soprattutto è stato supervisionato direttamente dal presidente Moon Jae-in. Secondo una nota del palazzo presidenziale, il nuovo missile avrà un "grande ruolo" nello stabilimento della pace nella penisola coreana e rappresenta un "sicuro deterrente alle provocazioni nord-coreane".
Lo stop al dialogo con la Corea del Nord da Trump a Biden
Ma la situazione è tornata a peggiorare. Non da adesso, ma già da oltre un anno. E' dal 2019 che non si fanno passi avanti nel dialogo intracoreano e internazionale con Pyongyang. Dopo l'estemporaneo incontro del 30 giugno 2019 nella zona demilitarizzata fra Kim Jong-un e Donald Trump, non ci sono più stati summit. Anzi, la diplomazia si è quasi completamente azzerata. Tanto che nel maggio 2020 la Corea del Nord ha fatto saltare in aria l'ufficio di collegamento di Kaesong, che fungeva da collante diplomatico con la parte meridionale della penisola. Ora addirittura la sorella di Kim, la potete Kim Yo-jong, ha minacciato la "totale distruzione dei rapporti bilaterali nel caso Moon si unisca alle operazioni di "calunnia" portate avanti dagli Stati Uniti nei confronti di Pyongyang.
Joe Biden non è per ora riuscito a rilanciare i rapporti, anzi proprio su Pyongyang la linea della nuova amministrazione americana è parsa più confusa rispetto alle altre aree dell'Asia Pacifico. E ora Kim ha deciso di presentare il conto. I missili potrebbero essere interpretati come dei segnali di necessità di tornare a un tavolo per trattare. Biden sarebbe anche disponibile, ma la novità è che Seul sembra essere in procinto di adottare una linea più assertiva, anche perché a marzo 2022 ci sono le elezioni presidenziali e il clima da campagna elettorale si avvicina. Stesso discorso in Giappone, altro paese coinvolto direttamente nella possibile escalation. Anche Tokyo si sta preparando alle elezioni interne del Partito liberaldemocratico di maggioranza, che nominerà a breve il nuovo leader in vista delle elezioni generali di ottobre.
Il ruolo della Cina nella crisi coreana
Insomma, nessuno può permettersi una linea troppo morbida di fronte alle nuove azioni di Pyongyang. A cercare di calmare gli animi c'è la Cina. Proprio contestualmente al doppio lancio di missili dalle due parti della penisola, il ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi, si trovava a Seul nell'ennesima missione in territorio sudcoreano degli ultimi mesi. Wang sta infatti lavorando a preparare il terreno per una visita di stato di Xi Jinping a Seul, rinviata più volte prima per la pandemia di Covid-19 e poi per i tentativi di abboccamento di Washington. Pechino vuole rimarcare il suo indispensabile ruolo di intermediario per riavviare il dialogo intracoreano. Cosa che può fare con l'amministrazione Moon, visto che i democratici sono favorevoli alla linea dialogante, mentre sarebbe molto più difficile se dopo le elezioni del 2022 ci fosse un cambio di schieramento alla Casa Blu.
Il rischio è che si possa verificare una escalation, che anche se non dovesse portare a un vero scontro toglierebbe le attenzioni di Washington dalla Cina in una nuova crisi che nessuno si augura.