Elezioni Usa, Biden già ko tra inflazione e crisi: così Trump si ricandida
L'eccentrico miliardario scioglie ogni dubbio sulle prossime elezioni: si ricandiderà, convinto di tornare alla Casa Bianca
Usa, corsa alle presidenziali del 2024: Trump si ricandida per vendicare una sconfitta mai accettata
Donald Trump sarà lo sfidante di Joe Biden nelle presidenziali del 2024. Ampiamente preannunciata da Steve Bannon nel corso della sua recente ospitata a “Piazzapulita”, la ricandidatura del tycoon alla Casa Bianca è stata confermata (seppure in modo decisamente ufficioso) dal diretto interessato.
Lo si è capito – oltre ogni ragionevole dubbio – nel corso di un evento dedicato al golf, nel quale Trump è stato accolto con il suo titolo di “45° Presidente degli Stati Uniti”. L’eccentrico miliardario ha voluto precisare “il 45° e il 47°”, spazzando via ogni residuo dubbio non solo sulla sua ricandidatura, ma anche sull’esito vincente. Questo, evidentemente, almeno negli auspici di Trump, convinto come Bannon della possibilità di vincere “a mani basse” contro l’attuale Presidente.
La rivelazione di “the Donald”, al quale certo non difetta l’ottimismo, non è esattamente un fulmine a ciel sereno. Della sua ricandidatura si parla da tempo, anche sulla scia dei sondaggi che vedono Biden sempre più in calo di consensi, a metà di un mandato che ha deluso le aspettative e che quasi certamente passerà per un esito sfavorevole delle elezioni di midterm, in programma a novembre: il dubbio sulla maggioranza ad appannaggio dei Repubblicani è solo sul fatto che sia unicamente alla Camera o anche al Senato.
La crisi di popolarità di Biden e l'effetto-Ucraina
La popolarità di “Sleepy Joe” è un po’ migliorata dopo l’inizio della guerra in Ucraina, anche perché è scattato l’effetto che gli spin doctor chiamano “rally round the flag”: nei momenti di difficoltà, ci si raduna tutti la bandiera, a prescindere dalla stima nei confronti di chi la regge. Si spiegano anche così le illazioni di chi dice che Biden, in fondo, non sia poi così turbato dall’impeto bellico della vecchia controparte russa: tutto sommato, non gli sta facendo male, anche perché la guerra si svolge molto lontano dagli Stati Uniti.
Con l’inflazione all’8,5%, il livello di consenso di Biden non va oltre il 40% e il terremoto politico scoppiato sul tema del diritto all’aborto, spazzato via dalla Corte Suprema, gli è sembrato una buona occasione per scagliarsi contro un nemico ad oggi inesistente: “Così si mettono a rischio anche altri diritti. Come reagiremmo se venissero approvate leggi per vietare agli studenti Lgbtq di stare in classe con gli altri? I sostenitori dell'agenda Make America Great Again di Trump sono l'organizzazione politica più estremista nella storia americana recente”.
Al netto delle considerazioni di merito, sul piano strategico appare chiaro l’intento di soffiare sul fuoco delle paure per mobilitare l’elettorato, magari recuperando anche parte del consenso che a sinistra gli viene eroso da un coprotagonista ingombrante come Bernie Sanders. La sua prospettiva, tuttavia, è proprio il 2024, perché tutti gli advisor di Biden considerano ormai persa la partita delle elezioni di midterm.
Da kingmaker di J.D. Vance, Trump ha conquistato definitivamente il Gop
Trump, al contrario, viaggia col vento in poppa, anche grazie alla vittoria del suo nuovo discepolo, il rampante 37enne J.D. Vance, nelle suppletive per il seggio al senato. Il loro non è stato certo un amore a prima vista, in quanto l’autore di “Elegia americana” in passato ha usato parole durissime contro il miliardario, ma in politica nulla è definitivo e la parabola del neosenatore, oggi più trumpiano di Trump stesso, lo conferma pienamente.
Certo, le vicende ucraine non giocano a favore dell’ex presidente, notoriamente molto vicino a Putin, ma non certo per J.D. Vance, il quale arriva ad affermare: “Di quello che succede a Kiev non mi importa nulla”.
Anch’egli mal sopportato dai vertici del Gop (Great Old Party, come da sempre vengono soprannominati i Repubblicani), J.D. Vance sembra davvero il clone di Trump, anche sul piano di una comunicazione scoppiettante, sarcastica e aggressiva, che viaggia principalmente su Twitter e che non disdegna attacchi feroci ai Democratici, accusati – di nuovo – di aver truccato le elezioni del 2020 e anche ai giornalisti, elegantemente definiti “stronzi”.
Un altro punto di contatto è nella forte avversione nei confronti delle Cina e delle grandi corporation che avrebbero “svenduto” ai cinesi il lavoro, anche per colpa dei politici “idioti” che non hanno saputo difendere adeguatamente gli interessi americani. Insomma: Trump detta la linea anche al partito che non lo ha mai troppo amato, a ulteriore conferma della sua enorme voglia di riscatto per quella sconfitta elettorale mai digerita (i fatti di Capitol Hill lo hanno dimostrato in modo veramente drammatico) e che sogna di vendicare.
Nonostante il flop con il suo social network, Truth, Trump è sempre amatissimo negli Usa: in recente sondaggio di NBC News, il 40% degli intervistati repubblicani o di tendenza repubblicana si è identificato più come sostenitore dell’irascibile Donald che del GOP. Il trend è in crescita, ma c’è un problema non ancora risolto: secondo indiscrezioni riportate dalla CNN, un nuovo dossier sul già citato attacco a Capitol Hill potrebbe causare seri guai a Trump, se non sul piano giudiziario, almeno su quello dell’immagine. Si parla, infatti, di prove delle ingerenze dell’allora presidente per ribaltare l’esito delle urne. Un problema in più in vista della nuova sfida contro Biden, che, ormai è certo, Trump è deciso a portare a termine.