Gaza, negoziati (quasi) impossibili: per Netanyahu finché c’è guerra c’è speranza. E l'Iran...

Hamas e l'Iran annunciano che non prenderanno parte ai negoziati di pace per la Striscia di Gaza. Scaglione (InsideOver): " Israele ha sempre potuto fare quello che voleva. E in questo momento a Netanyahu la guerra conviene". L'intervista

di Samuel Botti
Tags:
gazairanisraelenegoziatinetanyahu
Esteri

Gaza, negoziati in salita: per Netanyahu finché c’è guerra c’è speranza. E l'Iran...

I negoziati di pace per il cessate il fuoco lungo la Striscia di Gaza sono alle porte. Ma la marcia di avvicinamento è sempre più in salita. Hamas, che ieri ha rivendicato il lancio di due razzi a lunga gittata verso il suolo israeliano, ha annunciato che non siederà sul tavolo delle trattative "al solo scopo di negoziare". Per la leadership di Sinwar "ci deve essere un ritiro totale di Israele dalla Striscia di Gaza". Analogamente, oggi anche l'Iran, secondo quanto riferisce il quotidiano israeliano Haaretz, avrebbe deciso di non inviare propri rappresentanti al summit che inizia il giorno di Ferragosto. Nel frattempo le forze di difesa israeliane hanno chiuso una strada a Rafah, utlizzata per fornire aiuti umanitari ai palestinesi.

Insomma, nonostante l’esito sia difficilmente pronosticabile, le mosse delle parti coinvolte sembrerebbero voler indicare la volontà di proseguire il conflitto. Ne abbiamo parlato con il giornalista Fulvio Scaglione, direttore di InsideOver. "A Netanyahu in questo momento la guerra conviene. L'Iran vorrebbe colpire ma ha molte remore. Sui negoziati non sono ottimista. D'altra parte a Israele è stato concesso di tutto dal 1967. E poi c'è la spada di Damocle delle elezioni negli Usa..." L’intervista.

Scaglione, come vede i negoziati tra Israele e Hamas?

Credo che il tema dei negoziati per la soluzione del problema di Gaza sia fortemente influenzato da due fattori: le elezioni americane e il futuro politico di Netanyahu. Sappiamo bene come le elezioni americane siano una sorta di spada di Damocle su tutta una serie di questioni internazionali importanti. Dall’altra parte, è piuttosto chiaro che a Netanyahu in questo momento la guerra convenga. Per lui, finché c’è guerra c’è speranza. Difficile pensare che investa della buona volontà nella prospettiva dei negoziati, soprattutto perché sa benissimo che al dunque gli Stati Uniti stanno con Israele, a qualsiasi costo. Lo abbiamo visto anche con questa fornitura di armi appena approvata; è vero che non entrerà in funzione subito, però si tratta di cacciabombardieri e missili, armi avanzate che premono sull’autocoscienza degli avversari di Israele. Insomma, io non la vedo bene. Si capisce chiaramente che l'Iran vorrebbe colpire, ma ha molte remore a farlo. Sa bene che poi si troverebbe contro anche gli Stati Uniti. Aggiungendo a questo l’avanzata di Israele, non sono molto ottimista sulla questione dei negoziati, e temo che purtroppo questa situazione andrà ancora avanti.

Rispetto ad altri conflitti, la guerra israelo-palestinese sembra non vedere mai la luce in fondo al tunnel. Quale secondo lei potrebbe essere una soluzione?

È dal 1967 che ad Israele è stato concesso tutto, qualunque cosa, come ad esempio continuare a espropriare le terre dei palestinesi e costruirsi l’arma atomica fuori da qualsiasi controllo internazionale. Non c’è un governo israeliano che dal ’67 ad oggi non abbia accresciuto gli insediamenti illegali. Tutto questo è stato assolutamente accettato e tollerato, e spesso incoraggiato. Ora ci troviamo in questa situazione assolutamente paradossale per cui tutti parlano di questa famosa soluzione “due popoli, due Stati”. Tuttavia, i Paesi che credono che questa sia l’unica via sono gli stessi che hanno concesso a Israele di rendere ciò totalmente impossibile, ovviamente per le ragioni che sono note. Addirittura, il voto del Parlamento israeliano ha escluso per legge questa soluzione dei due Stati. Arrivati a questo punto, perché Netanyahu dovrebbe negoziare? Sicuramente non per convenienza politica. Israele sta massacrando e decimando la popolazione di Gaza e non succede assolutamente niente. Anzi, lo vediamo da come viene gestita l'opinione pubblica: bombardano una scuola ammazzando venti persone, tra cui dieci bambini, e poi dicono che era un covo di terroristi. Tutti ripetono queste cose senza alcuna verifica. Quindi, perché Israele dovrebbe trattare?

Una situazione che ricorda le stragi di civili in Afghanistan?

All'epoca di Obama mandavano i droni che eliminavano il “pericoloso capo terrorista”. Poi, le Ong come Airwars, composta da specialisti, ex militari ed analisti, ci hanno spiegato che per ogni terrorista eliminato morivano 28 civili. Però andava bene così. E tra l'altro il terrorismo non è stato eliminato perché in Afghanistan sono tornati i talebani. Noi viviamo in questa finzione globale totale che continuiamo a raccontarci. E a quanto pare va bene così...

Hamas ha fatto sapere che non parteciperà ai negoziati. Come interpreta questa decisione?

Credo che in questo momento Hamas abbia anche un problema di riorganizzazione interna, dopo l’eliminazione di Haniyeh e la nomina di Sinwar. La differenza tra i due è che Haniyeh era un politico, mentre Sinwar è un militare, uno che ammazza la gente. Ha scalato le posizioni dentro Hamas in virtù del fatto che ha scontato tanti anni di galera e perchè dava la caccia alle spie palestinesi per conto del governo israeliano. Tornando alla riorganizzazione, Sinwar è a Gaza, e non deve essere facile per lui uscire allo scoperto per andare a fare le trattative. Il secondo motivo è che certamente in questo momento Hamas sarà in allerta per vedere quel che succede, come una mossa da parte dell’Iran. Si tira fuori e guarda.