Groenlandia, perchè a Trump non conviene arrivare allo scontro con la Danimarca
Il Paese nord europeo, da sempre allineato a Washington, è strategico nella Nato per il suo ruolo nell'operazione Baltic Sentry a protezione di cavi e infrastrutture sui fondali. Uno strumento di hard power con cui fare pressioni su Putin per chiudere il
Groenlandia, perchè a Trump non conviene arrivare allo scontro con la Danimarca
La Danimarca è oggi il Paese che si trova nella posizione più ambigua all’interno dell’Alleanza Atlantica. Lo Stato nordeuropeo membro fondatore della Nato è infatti impegnato su più fronti ma si trova nella poco invidiabile posizione di subire ambizioni territoriali nei suoi confronti da parte degli Stati Uniti, potenza guida dell’Alleanza. Le mire di Washington sulla Groenlandia, rese palesi dal presidente Donald Trump dal momento del suo insediamento e ritenute funzionali ad estendere verso l’Artico la proiezione geopolitica degli Usa, hanno allarmato il governo di Mette Frederiksen e rischiano di spaccare la Nato.
Groenlandia, la risposta europea alle mire di Trump
Le clamorose parole del governo francese sulla possibilità di schierare truppe in Groenlandia per garantire la sovranità di Copenaghen sull’isola più grande del mondo e l’annuncio di un pacchetto di due miliardi di euro di investimenti da parte della Danimarca per blindare la sicurezza dell’Artico, dalle Isole Faroe alla stessa Groenlandia, sono un monito contro la volontà di The Donald di chiedere all’alleato la vendita o la cessione dell’ambito territorio, per Trump “ “una necessità assoluta” per “la sicurezza nazionale e la libertà in tutto il mondo”.
Ironia della sorte, Trump sta facendo pressione a un Paese apertamente allineato a Washington, attivo in tutte le campagne militari occidentali del XXI secolo, operante con i suoi mezzi militari in Libia nel 2011, nella coalizione contro lo Stato Islamico in Siria e Iraq, da ultimo anche nella missione Prosperity Guardian nel Mar Rosso. Un Paese, la Danimarca, la cui strategia di sicurezza nazionale ha sempre compreso anche l’inclusione della Groenlandia, Paese associato al Regno che delega a Copenaghen sicurezza e difesa, nel perimetro della tutela degli interessi euroatlantici. La Danimarca, del resto, concede agli Usa l’uso della Groenlandia dai tempi della Guerra Fredda, quando qui erano schierati molti radar per il cosiddetto early warning contro possibili attacchi nucleari sovietici. Oggi è operativa sull’isola una base della Space Force statunitense nell’ex hub dell’US Air Force di Thule.
Il ruolo della Danimarca nella protezione di cavi e infrastrutture nel Mar Baltico
Copenaghen è anche centrale in un’altra prospettiva strategica per la Nato, il monitoraggio del Mar Baltico dove negli ultimi mesi il boom di sabotaggi a cavi e altre infrastrutture sui fondali ha aperto il dubbio sulla possibile crescita delle ingerenze russe nella cosiddetta “guerra ibrida” condotta contro l’Occidente. Il 14 gennaio la Nato ha varato l’operazione Baltic Sentry partecipata da tutti i Paesi della regione, e Copenaghen vi ha fermamente aderito. Le navi di classe Diana della Marina danese, i radar costieri, le forze aeree di Copenaghen operano da tempo nella supervisione del Baltico coordinati dal National Maritime Operations Centre di Karup. Ora l’impegno atlantico al fianco di Finlandia, Svezia, Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania con il pesante sostegno della Germania mira a creare un cordone sanitario attorno Mosca e le sue ingerenze.
Nel quadro delle pressioni che Trump intende fare a Vladimir Putin per giungere alla conclusione del conflitto ucraino, alle sanzioni appare decisivo poter aggiungere l’uso di strumenti di hard power per mostrare che Washington e alleati sono pronti a fare sul serio qualora la Russia non chiudesse, dopo tre anni, il conflitto. Oltre alle armi a Kiev la pressione Nato può giocare un ruolo, e Baltic Sentry va proprio in questa direzione. Sacrificare in nome della Groenlandia tale prospettiva sarebbe un autogol strategico per Trump, che da un lato ha già di fronte a sé una Danimarca fedele agli Usa e un cui allontanamento danneggerebbe le prospettive del blocco intero e la sua stessa politica. Ivi compreso il grande progetto della fine del caos ucraino.