Guerra in Ucraina o terza guerra mondiale? Chi sta con gli Usa e chi con Putin
La mappa delle alleanze in caso di conflitto globale. La Russia non sarebbe del tutto sola
Guerra in Ucraina, alle porte la terza guerra mondiale? Ecco quali sarebbero gli schieramenti
"La sola idea di un conflitto nucleare è semplicemente inconcepibile" ha detto il portavoce dell'Onu Stephane Dujarric. Ma se questa guerra in Ucraina "ha un nome e cognome: Vladimir Putin", come dice il ministro egli esteri italiano Luigi Di Maio, ebbene quel Vladimir Putin ha ordinato l'allerta del sistema difensivo nucleare russo nell'ambito della crisi con l'Occidente sull'Ucraina. E il rischio di terza guerra mondiale non è mai stato così alto sin dai tempi della crisi di Cuba, risolta all'ultimo momento dagli allora leader John Fitzgerald Kennedy e Nikita Kruscev. Altri leader, però, rispetto al balbettante Joe Biden e al paranoico Putin di oggi. Il che rende la situazione potenzialmente anche più pericolosa.
Eppure, in caso di terza guerra mondiale, la Russia non sarebbe proprio del tutto da sola. Chi sarebbe dalla parte dello zar? La prima risposta riporta alla crisi precedente: Cuba. Molto chiaro quanto detto dal governo dell'isola caraibica, storica spina nel fianco degli Usa, dopo il riconoscimento delle repubbliche separatiste di Donetks e Lugansk da parte della Duma. "La determinazione degli Stati Uniti di imporre la progressiva espansione della NATO verso i confini della Federazione Russa costituisce una minaccia alla sicurezza nazionale di questo paese e alla pace regionale e internazionale", ha detto il ministero degli Esteri cubano in un comunicato. Anche se dopo l'invasione ha un po' abbassato la voce. Ma il legame è fortissimo. Poco dopo la sua prima elezione nel 2000, Vladimir Putin ha chiuso una struttura di sorveglianza militare di origine sovietica a Cuba e ha intensificato i contatti con Cuba negli ultimi anni.
Terza guerra mondiale? Gli alleati della Russia tra Cuba, Venezuela, Bielorussia e...
C'è poi un altro paese dell'America latina, ovviamente il Venezuela. "Che cosa pretende il mondo? Che Putin rimanga a braccia conserte?", ha detto il presidente Maduro dopo l'azione militare di Mosca. Anche qui, i rapporti tra i due sono solidissimi e la stessa sopravvivenza del regime di Caracas si basa sul placet del Cremlino. Nel dicembre 2018 la Russia ha inviato brevemente un paio dei suoi bombardieri Tu-160 con capacità nucleare in Venezuela in una dimostrazione di sostegno al presidente Maduro, ai tempi in cui lui era in difficoltà preso tra maxi proteste e il presidente autodichiarato Guaidò.
C'è poi ovviamente la Bielorussia, che di fatto è già una sorta di protettorato di Mosca. L'architettura neosovietica che Putin vuole ricostruire passa per Minsk, dove la presenza di armi e militari in prossimità del confine ucraino è stata strategica per lanciare l'attacco. Tanto che anzi, la Bielorussia sta operando delle modifiche alla sua costituzione per consentire di ospitare armi nucleari e militari di Mosca a tempo indefinito. Secondo molti analisti, si tratta di fatto di una cessione della sovranità da parte di Minsk. D'altronde si parla da lungo tempo della possibile riunificazione tra le due entità nella Federazione Russa, o meglio dell'assorbimento della Bielorussia.
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Guerra in Ucraina, la Cina prende qualche distanza dalla Russia mentre l'India appare neutrale
La spinta decisiva a questa prospettiva potrebbe darla non solo l'estroversione del Cremlino, ma anche e soprattutto le difficoltà interne vissute da Aleksandr Lukashenko. Dopo le proteste di massa dello scorso anno in seguito alle elezioni presidenziali, il leader di Minsk ha capito che ha bisogno della tutela di Putin per poter sopravvivere.
Altri satelliti del mondo sovietico sono con Putin, in primis la Transnistria che però non è nemmeno un paese riconosciuto dall'Onu visto che fa parte della Moldova. Molto più sfilate le ex repubbliche sovietiche. Persino il Kazakistan, il cui regime di Tokayev è appena stato salvato dall'intervento russo dalle proteste interne, si è rifiutato di sostenere l'invasione e riconoscere le repubbliche secessioniste.
C'è poi un altro alleato, meno noto, il Myanmar. Il sostegno del regime militare birmano a Mosca non è sorprendente, poiché la Russia è un fornitore chiave di hardware militare alla giunta, e i due paesi hanno rafforzato i legami dopo il colpo di stato militare del febbraio 2021. Due settimane prima del colpo di stato, il ministro della difesa russo Sergei Shoigu ha fatto una visita di due giorni a Naypyitaw, impegnandosi a vendere armi per la difesa aerea al Myanmar. Si ritiene che i leader militari di Myanmar abbiano informato le loro controparti russe dell'imminente colpo di stato e abbiano cercato il sostegno della Russia. Meno di due mesi dopo il colpo di stato, mentre la comunità internazionale, compresa la maggior parte delle nazioni occidentali, condannava il regime militare, il vice ministro della difesa russo, il colonnello generale Alexander Vasilyevich Fomin è arrivato a Naypyitaw per partecipare alla 76a Giornata annuale delle forze armate il 27 marzo 2021.
La Cina, che pure aveva sposato la retorica anti Usa e anti Nato di Putin, ha già iniziato a prendere le distanze da Mosca visto che quella che Xi Jinping pensava potesse limitarsi a un'invasione minore del Donbass è diventata una guerra su larga scala che rischia di rompere interconnessioni fondamentali all'economia cinese. Anche l'India, con la sua astensione sulla risoluzione di condanna Onu, si conferma come non allineata nonostante faccia parte del Quad, una sorta di Nato asiatica creata dagli Usa.
Sul fronte occidentale piccola crepa in Ungheria
Molto più compatto il fronte occidentale con l'Europa semmai ancora di più al fianco degli Usa, ma anche Giappone e Australia. Persino la Turchia sembra rientrare in orbita Nato. Intanto, però, in Europa si crea una piccola crepa in un fronte che sembrava unito come non mai. E si tratta dell'Ungheria di Viktor Orban. L'Ungheria vieterà il passaggio sul suo territorio di armi letali dirette in Ucraina. "Il popolo ungherese non vuole la guerra. Vogliamo la pace con i vicini", ha detto il ministro magiaro degli Esteri, Péter Szijjártó citato dal quotidiano 'Magyar Nemzet', in occasione di una vista a Pristina, in Kosovo. L'Ungheria è il paese dell'Ue che finora ha avuto i rapporti più stretti con il Cremlino. Budapest ha approvato tutte le sanzioni Ue e l'uso del Fondo europeo per la pace per mandare armi di difesa in Ucraina. Malgrado ciò, ha spiegato Szijjártó, "oggi abbiamo deciso di non permettere il passaggio di armi letali attraverso l'Ungheria, perché potrebbero essere facilmente obiettivo di attacchi militari".
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