Guerra Ucraina, Cina-Russia preparano l'anti SWIFT. Sganciarsi costa più a Xi
Mosca e Pechino investono da tempo su SPFS E CIPS e pensano a un'integrazione dei 2 sistemi anti SWIFT. Anche se Pechino vorrebbe uno sganciamento più graduale
Guerra in Ucraina, Europa divisa sull'esclusione della Russia dallo SWIFT
SWIFT. E' intorno a questo acronimo che sembra girare almeno parte della sorte dell'Ucraina o in generale dei rapporti dell'occidente con la Russia. Il più chiaro è stato il presidente della Repubblica Ceca, Milos Zeman: "O l'Occidente esclude la Russia dal sistema SWIFT oppure osserverà l'occupazione dell'intera Ucraina nel giro di pochi giorni". L'Europa, però, non sembra convinta di usare quella che Bruno Le Maire, ministro delle Finanze francesi, ha definito "arma atomica finanziaria". Un'arma che potrebbe accelerare quel decoupling, cioè quel disaccoppiamento delle economie, di cui si parla da tempo ma che finora era rimasto uno spauracchio da agitare sullo sfondo senza mai concretizzarsi.
Secondo l'ultima bozza del Consiglio europeo le nuove sanzioni dell'Unione europea non dovrebbero includere però la misura di estromissione russa dallo SWIFT. Così come non dovrebbero includere il gas, ma solo il petrolio. L'obiettivo sarebbe quindi colpire la base del sistema industriale russo e la capacità delle imprese russe di finanziarsi sui mercati europei. D'altronde che ci siano delle divisioni sul punto appare palese.
Basti guardare a quanto dicono due diversi ministri del governo tedesco. Il ministro delle Finanze, Christian Lindner, ha detto che per la Germania "tutte le opzioni sono sul tavolo" e che l'esclusione di Mosca è possibile "se tutti i membri dell'Ue sono d'accordo". Peccato che il ministro degli Esteri dello stesso paese, Annalena Baerbock, ha allontanato questa ipotesi perché "colpirebbe la popolazione". "È importante adottare sanzioni che abbiano un effetto mirato sul sistema di potere e non che sembrino solo grandi", ha detto l'esponente dei Verdi.
Sembra dunque che questa "arma atomica", come appunto è stata chiamata da Parigi, non venga ancora utilizzata. Anche se Joe Biden nella conferenza stampa di ieri ha dichiarato che le sanzioni proposte dagli Usa "su tutte le loro banche hanno le stesse conseguenze, forse più conseguenze della misura su SWIFT". Uscita poco convincente, tanto che anche l'Ucraina non sembra pensarla allo stesso modo, visto che il ministro degli Esteri di Kiev ha esortato gli Stati Uniti a "usare tutta la loro influenza su alcuni Paesi europei esitanti a mettere al bando la Russia dallo SWIFT".
Guerra in Ucraina, Cina e Russia accelerano sulla piattaforma anti SWIFT
Mentre l'occidente pesa le sue mosse, Russia e Cina si muovono da tempo per schermarsi dalle sanzioni occidentali. Ne abbiamo parlato su Affaritaliani diverse volte e da diverso tempo, a partire dall'avvio del modello della doppia circolazione da parte di Xi Jinping nell'autunno del 2020. C'è chi sottolinea l'aumento delle importazioni energetiche e di grano di Pechino da Mosca, in grado di sostenere la Russia di fronte all'impatto delle sanzioni, anche se si tratta di accordi presi in precedenza e che rispondono a precise esigenze cinesi che negli scorsi mesi è stata vittima di una grave crisi energetica che la costringe ad aumentare le importazioni.
Dall'altro lato, però, è innegabile che Pechino offra una potenziale sponda a Mosca per attutire gli effetti di una possibile esclusione dallo SWIFT. Non si tratta di una novità assoluta. Come spiegato di recente da Alessandro Vesprini di Geopolitica.info, "la volontà di Cina e Russia di volersi svincolare dall’egemonia finanziaria degli Stati Uniti espressa nell’incontro non rappresenta un unicum delle loro relazioni. Già nel 2010, infatti, i due Paesi si sono assunti l’impegno di rinunciare al dollaro statunitense come moneta principale nelle loro relazioni commerciali e finanziarie bilaterali".
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Guerra in Ucaina, come può funzionare la piattaforma anti SWIFT
Da quell’anno in avanti, quindi, sebbene la valuta emessa dalla Federal Reserve rappresenti tuttora la percentuale più ampia delle transazioni sino-russe, l’utilizzo del renminbi e del rublo all’interno di queste ultime è in forte crescita. A rimarcare l’impegno assunto nel 2010, inoltre, sono stati i 38 accordi siglati tra il premier russo Dmitrij Medvedev e quello cinese Li Keqiang nell’ottobre del 2014; all’interno dei quali ve ne era, in particolare, uno relativo alla creazione di un meccanismo di scambio di valuta (currency swap) renminbi-rublo.
Già da diversi anni Pechino e Mosca hanno avviato la costruzione delle loro piattaforme alternative: il russo System for Transfer of Financial Messages (SPFS) e il cinese Cross-Border Interbank Payment System (CIPS). Di recente, però, i due governi insistono su una possibile maggiore integrazione delle loro piattaforme alternative che potrebbe cambiare in qualche modo i rapporti di forza che per ora pendono ancora nettamente dalla parte dello SWIFT.
Cina, quanto paga il modello della doppia circolazione e dell'autosufficienza
Di certo entrambi i paesi stanno insistendo sul potenziamento di un modello autarchico e di autosufficienza, a partire dall'ambito tecnologico. Il governo cinese, in particolare, deve far fronte a un'economia molto più interconnessa con quella globale rispetto a quella russa. Basti pensare alla definizione, ormai sorpassata, di "fabbrica del mondo" affibbiata alla Cina. Oppure al progetto della Nuova Via della Seta che interconnette una serie di territori sparsi per tutto il mondo e il modello economico, infrastrutturale e politico di Pechino.
Il Partito comunista cinese sta versando miliardi nello sforzo di raggiungere una maggiore autosufficienza in ambito tecnologico, e sta convincendo le aziende cinesi a fare lo stesso. La spesa combinata per la ricerca e lo sviluppo, pubblica e privata, è salita a un record di 2,8 trilioni di yuan (440 miliardi di dollari) nel 2021, nel tentativo di raggiungere i rivali stranieri. Questo equivale al 2,5% del pil, ancora lontano dal 3% circa dell'America, ma in crescita rispetto a poco più del 2% di cinque anni fa (vedi grafico 1). Nei giorni scorsi Smic, il più grande produttore di chip della Cina, ha annunciato che avrebbe investito circa 5 miliardi di dollari nel 2022 in nuove fabbriche di semiconduttori.
E contestualmente cerca di espandere la sua piattaforma anti-SWIFT. Tuttavia, secondo l'Economist rispetto alle dimensioni dell'economia cinese, l'impronta del sistema è ancora irrisoria. Le circa 80 istituzioni collegate del CIPS sono nulla rispetto alle oltre 11.000 di SWIFT. Gran parte della crescita dell'uso transfrontaliero dello yuan è il risultato non della domanda estera della valuta cinese, ma dell'espansione all'estero delle imprese statali cinesi.
Ma tali rallentamenti sembrano solo voler aumentare e rafforzare la volontà di Pechino di sganciarsi dalla dipendenza nei confronti dell'occidente su settori considerati strategici. Uno sganciamento che avrà un costo forte ma che, di fronte al precipitare degli eventi di questi giorni, potrebbe sembrare meno dispendioso affrontare.
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